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Geologo, Ingegnere ambientale, ho introdotto per primo in italia il concetto di retrofit elettrico dei veicoli esistenti. Parlo troppo, troppo veloce di troppe cose. Non-mi-si-regge. Il mondo è complicato, connesso, fuso, pieno di sentieri e strade che si incontrano, si intrecciano. Mi piace esplorare quelle piu' strambe.

Altra tegola per il fotovoltaico: vietato migliorare gli impianti

i nostri pannelli danneggiati dal fortunale del 6 marzo 2015
i nostri pannelli danneggiati dal fortunale del 6 marzo 2015

Ho appena scoperto una nuova tegola che è caduta o sta per cadere su decine di migliaia di piccoli e grandi produttori che hanno deciso, tapini, di migliorare l’efficienza dei propri impianti, a parità di potenza installata.

Infatti, dopo i primi anni di funzionamento degli impianti, vuoi per il miglioramento considerevole nell’efficienza degli inverters e dei sistemi di gestione e controllo, vuoi perché in alcuni casi sono stati installati pannelli rivelatisi difettosi e sottoperformanti, si sta rendendo consigliabile quando non indispensabile la sostituzione parziale o totale dei pannelli e/o degli inverters e/o dei trasformatori e/o di altre parti dell’impianto, oppure l’installazione di sistemi di monitoraggio e gestione avanzati.

Questi interventi possono portare aumenti considerevoli della producibilità per kWp installato, anche superiore al 10-15%.

Nel recente documento “regole per gli incentivi del conto energia”,  il GSE sferra un ennesimo immotivato e del tutto illogico attacco ai produttori fotovoltaici che volessero cercare di migliorare l’efficienza dei proprio impianti o che, semplicemente, si trovassero nella necessità di recuperare l’efficienza di un impianto degradato per motivi atmosferici o per difettosità dei materiali.

Infatti si legge, a pagina 11, punto 1.5 la seguente:

1.5 Interventi di modifica della configurazione elettrica

Sono ammessi gli interventi che comportano l’inserimento di nuovi componenti o l’eliminazione di componenti esistenti laddove ciò sia necessario al fine di adeguare l’impianto all’evoluzione della normativa tecnica relativa al collegamento alla rete e all’esercizio in sicurezza.

Sono inoltre consentiti gli interventi volti a mantenere in efficienza l’impianto o a garantirne un corretto rendimento, quali, ad esempio, l’installazione di dispositivi (cosiddetti “ottimizzatori ?) che permettono di ridurre perdite di produzione dovute al non uniforme ombreggiamento dei moduli o alla diversità delle caratteristiche elettriche dei moduli.

Considerato che la realizzazione dell’intervento comporta un incremento della producibilità dell’impianto, il GSE, come già precisato in Premessa, erogherà gli incentivi spettanti nei limiti della soglia massima di energia incentivabile, calcolata come rappresentato nell’ Appendice A del presente DTR.

La modifica della configurazione elettrica non potrà comportare, in nessun caso, un incremento dei benefici economici riconosciuti, se non previsto dalla normativa di riferimento.

Già questo è un obbrobrio!! Infatti ALCUN limite è mai stato posto in tutta le legislazione dedicata, alla producibilità degli impianti: La regola era ed è: ogni kWh prodotto ( a norma, ovviamente) viene incentivato secondo la tariffa incentivante vigente al momento dell’allaccio.

Il GSE NON PUO’SOSTITUIRSI ALLO STATO NELLO STABILIRE COSA VIENE INCENTIVATO E COSA NO!!!

Ma il peggio arriva con la lettura dell’Appendice A!!!!

…..In considerazione del limite previsto dei 6,7 miliardi di euro annui, per gli interventi sugli impianti incentivati in Conto Energia che comportano incrementi della producibilità oltre la soglia massima descritta nel seguito, si provvederà alla valorizzazione:

• di tutta l’energia elettrica immessa in rete, nella disponibilità del produttore, attraverso il Ritiro Dedicato, lo Scambio Sul Posto o la vendita al mercato libero;

• dell’energia elettrica eccedente la soglia*, nei casi di incentivazione tramite tariffa onnicomprensiva, alle condizioni previste dalla deliberazione 343/2012/R/efr per l’energia elettrica non incentivata.

Ora: stabilire una SOGLIA di incentivazione, laddove i contratti siglati al omento dell’allacciamento degli impianti non ne stabilivano alcuna, è OVVIAMENTE una modifica unilaterale dell’accordo, facilmente impugnabile con i consueti danni per la collettività quando il giudice darà torto al GSE ( esodati anyone?).

Inoltre il riferimento alla deliberazione 342/2012 sembra del tutto capzioso.

Infatti in quella delibera si fa riferimento agli impianti POTENZIATI,

che è cosa del tutto diversa da impianti rinnovati!!

il tocco finale è dato dal calcolo di questo valore soglia!!!

 *Il valore di soglia è calcolato come segue:

• nel caso di impianti con decorrenza dell’ incentivo di almeno tre anni solari (1° gennaio – 31 dicembre), è pari al valore massimo di energia prodotta, su base annua, negli ultimi di tre anni solari di decorrenza dell’incentivo antecedenti alla realizzazione dell’intervento di modifica, incrementato del 2% .

 • nel caso di impianti con decorrenza dell’incentivo inferiore a tre anni solari, è pari al valore di producibilità determinato a partire dalla stima delle ore di produzione regionali di cui alla Tabella 1 (“Stima regionale ?”) del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, 16 ottobre 2014. La Tabella 1 viene aggiornata e pubblicata dal GSE sul proprio sito internet entro il 31 luglio di ogni anno N, utilizzando le ore medie di produzione degli impianti fotovoltaici incentivati, differenziate in funzione della Regione italiana di localizzazione e calcolate sulla base delle misure valide dell’anno N-1, disponibili al 30 giugno dell’anno N. Per i soli impianti fotovoltaici a inseguimento, si considera il valore di producibilità attesa utilizzato per il calcolo del costo indicativo cumulato annuo degli incentivi in conto energia”

E’ chiaro che, per impianti che hanno avuto una difettosità

dall’origine, il valore soglia verrà ad essere calcolato su una

produzione falsata al ribasso!!!

Non si creda che sia raro: , MOLTO spesso e comunque MOLTO più

spesso di quanto si creda, un impianto fotovoltaico installato 3 o 4

anni fa non raggiunge che lo 80-85% della producibilità possibile

utilizzando lo stato dell’arte della componentistica attuale.

Questo per il combinato disposto di realizzazioni approssimative, pannelli di dubbia qualità, inverters starati, cablaggi sottodimensionati, dispersioni, rotture, etc etc etc.

Buona parte degli ex-installatori che ancora operano nel settore riescono a farlo proprio lavorando all’ efficientamento degli impianti installati. Una cosa, non c’e’ bisogno che lo ricordi, che va OVVIAMENTE nella direzione del superiore interesse collettivo.

In poche parole: il GSE si è arrogato il diritto di decidere LUI, cosa e quanto incentivare. Una cosa che è intollerabile e, peggio ancora, espone il paese ad un flusso di cause e ricorsi che hanno ottime possibilità di spuntare notevoli risarcimenti, con costi diretti per il sistema paese e per la collettività.

In ogni caso, a parte le OVVIE considerazioni in termini di Diritto, questa delibera sembra concepita per scoraggiare ogni adeguamento degli impianti dal momento che ridurrebbe i vantaggi ad un precostituito 3% per gli impianti già allacciati da almeno 3 anni o, addirittura, ad una tabella che riporta producibilità RIDICOLE rispetto all’attuale stato dell’arte.

Ad esempio , caso personale: per la Toscana è riportata, in tab 1, poco più di 1100 ore equivalenti annue, quando, è ben noto agli operatori, i rendimenti reali ed attuali sono almeno di un 20% più

alti. I nostri impianti, che sono appunto bisognosi di una sostituzione

dei pannelli che hanno una performance ridotta a poco più dell85% di quella nominale, hanno non di meno prodotto oltre 1250 kWh/kWp in questi ultimi tre anni. I nostri vicini stanno oltre i 1350 kWh/kWp.

Quelli che hanno installato gli impianti da meno di tre anni non hanno alcuna convenienza ma anzi solo un danno in caso di modifiche migliorative agli impianti.

E’ UNA VERGOGNA DA DENUNCIARE SUBITO!!!

Una bella interrogazione parlamentare?

Invitare per chiarimenti in commissione bilancio il Presidente e l’Amministratore delegato del GSE?

Anyone, anyhow, anywhere?

E’ nata libertilandia ed è off grid

benvenuti a libertilandia, da facebook
benvenuti a libertilandia, da facebook

Benvenuti a Libertilandia

Per quanto possa sembrare incredibile, nel cuore dell’Europa, dopo secoli, è nato un piccolo stato ( ma più grande di Città del Vaticano o di Montecarlo) E’ nato pochi giorni fa ed ha voglia di esistere. E di dimostrare la possibilità di un nuovo paradigma sociale ed economico. Ed energetico. Visto che non c’e’ rete elettrica e, pare un solo edificio, piuttosto malconcio. L’idea è quella di una totale autosufficienza energetica basata sulla rinnovabilità. Più in generale di una U-topia, di una nowhere land. Vit Jedlicka, che è il provvisorio Presidente de Facto del non -stato e dei 4 gatti che hanno squattato questo pezzo di mondo, membro del partito dei cittadini liberi,  è piuttosto folcloristico, ma ha idee ovviamente grandiose, qui la sua pagina facebook.

Non è improbabile, anzi: è quasi certo, che si tratti di un avventuriero o di un sognatore.

Ma , per ora, la cosa è divertente.

Fino a che, ovviamente, qualcuno si stufa e decide di andare a riprendersi questo piccolo pezzo di paradiso fluviale.

 

 

Un titanic di immigrati. E la CEE decide di investire meno che nel 2011

infografica immigrati morti 2015
tratto da tgcom24

Dall’inizio di quest’anno sono morti 1754 migranti mentre tentavano di raggiungere le coste dell’Europa felix.

Sul Titanic morirono 1518 passeggeri.

Dopo le tragedie di questi ultimi giorni dove sono morte almeno 900 persone si è riunito in sessione straordinaria il Consiglio Europeo, per fare il punto sulla strage in corso e per prendere provvedimenti.

I Media tradizionali hanno dato ampio spazio alle promesse di aumentare l’impegno raddoppiare frontex etc etc etc.

Ma come stanno le cose, in realtà?

Cosa hanno deciso, nel concreto ed al di la dei proclami a favor di telecamera i capi di stato europei?

Niente, sostanzialmente. Il titanic di migranti si è schiantato ancora una volta contro un iceberg di indifferenza.

Lo potete vedere da soli

in sintesi, ecco cosa è stato deciso al vertice:

  • Saranno compiute azioni per individuare e distruggere le imbarcazioni dei trafficanti prima che siano usate. Queste azioni saranno in linea con il diritto internazionale e il rispetto dei diritti umani. Si porterà avanti una cooperazione contro le reti dei trafficanti attraverso l’Europol e schierando funzionari per l’immigrazione in paesi terzi.
  • Saranno triplicati i finanziamenti alla missione di sorveglianza e salvataggio Triton. Il mandato di Triton non sarà modificato e continuerà a rispondere alle chiamate di soccorso dove necessario.
  • Sarà limitato il flusso dell’immigrazione irregolare e si eviterà che le persone mettano a rischio le loro vite attraverso la collaborazione con i paesi di origine e di transito, sopratutto i paesi attorno alla Libia.
  • Sarà rafforzata la protezione dei rifugiati. L’Unione europea aiuterà i paesi di arrivo dei migranti e organizzerà la ricollocazione dei migranti negli altri paesi membri su base volontaria. Chi non otterrà lo status di rifugiato sarà rimpatriato.

In conclusione, i due rappresentanti hanno specificato che la questione resta una priorità dell’Unione europea e i paesi membri ne riparleranno a giugno.

Tradotto in soldoni: faranno ( ma non dicono come, è semplicemente una dichiarazione di intenti, tipo: combattere la fame nel mondo) quel che avrebbero dovuto fare da tempo e triplicheranno l’investimento in triton il programma di soccorsi succeduto a frontex. L’Europa consentirà l’immigrazione in altri paesi che non siano quelli frontalieri solo su base volontaria e solo di quelli che verranno riconosciuti come rifugiati politici.

Quanto ci costa Frontex? circa 6 milioni di euro al mese, nel 2014 89 milioni di euro.

Il punto è che di questi  IL 40%  , 32 milioni , SONO SPESE AMMINISTRATIVE.

Restano quindi meno di 5 milioni al mese per far fronte alle emergenze.

E’ una cifra RIDICOLA se rapportata al budget europeo.

Siamo oltre 500 milioni di cittadini.

5 milioni al mese sono UN CENTESIMO PROCAPITE AL MESE.

Grazie alle nuove proposte arriveremo a spendere, se gli impegni verranno mantenuti,  Solo un poco di più di quello che spendevamo con Frontex.

Perchè la missione Triton costava circa 3 milioni al mese contro i circa 7 di frontex. SE passeremo a 9 milioni al mese, per un budget quindi di 108 milioni di euro, l’impegno per la CEE sarà INFERIORE a quello del 2011 di Frontex, che era di 115 milioni di euro.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il fracking è una boiata pazzesca. Lo dice la Cee

fracking infografic
fracking infografic

Avrete certamente sentito parlare del fracking, il nuovo distruttivo metodo per estrarre il petrolio da rocce che non lo consentirebbero, in questi ultimi mesi. Se non altro perché si era pensato di consentirlo anche dalle nostre parti, per aumentare la nostra produzione petrolifera.

Che sia una boiata pazzesca e una micidiale bolla finanziaria, anzi: un bubbone, che aspetta solo di esplodere con una virulenza superiore a quella della famosa crisi dei muti subprime lo diciamo da anni ed ultimamente lo dicono un poco tutti. Il punto è che in questi giorni, mentre si discute e si contesta il TTIP, il trattato che dovrebbe aprire le porte dell’Europa ai prodotti americani, anche quelli precedentemente non ammessi in Europa, si cerca di indorare la pillola facendo presente che tra questi arriverà un fiume di petrolio e di gas a buon mercato , direttamente convogliati dagli immensi giacimenti che il fracking ha reso disponibili.

Le cose stanno così? No, manco per niente. L’Europa, anche grazie alla traduzione in Italiano realizzata dallo staff di Dario Tamburrano, l’ha scritto chiaramente.

Ricordatevene quando sentirete parlare di questi argomenti dai nostri politici, che OVVIAMENTE ignorano questo documento.

E’ semplice e convincente.

Come lo è spesso la verità.

In Siberia si incendia il permafrost. Ed è strage.

 

villaggio russo devastato dal fuoco
villaggio russo devastato dal fuoco

incendio del permafrost visto dalla camera car: road to hell

“Il fuoco ha cominciato a comparire tra le case. Non so da dove venisse”

Sono anni che i climatologi, sempre più spaventati ce lo dicono. Sono anni che gli scienziati che misurano le emissioni spontanee nell’Oceano artico ce lo spiegano. Sono anni che i segnali si moltiplicano.

Sono anni che, nel nostro piccolo, cerchiamo di farlo sapere. Ma, ovviamente, quando, con due mesi di anticipo comincia la stagione degli incendi (  è diventata molto rapidamente una tradizione, da qualche anno a questa parte) in Siberia si da la colpa ai contadini o al vento forte.

Guardate da soli ad esempio, cosa riporta il “mainstream” mediatico italiano. E’ FALSO ed è VERGOGNOSO.

Non si tratta di qualche contadino sbadato o di vento forte. Le temperature eccezionalmente miti fanno sciogliere il permafrost ( il terreno ghiacciato tutto l’anno) e così dal terreno ricchissimo di materiale organico in lenta decomposizione, si liberano quantità inimmaginabili di metano. Che ovviamente, alla prima occasione, magari, certo anche un fuoco di contadini, prendono fuoco. Ed occupano rapidamente, MIGLIAIA DI KM QUADRATI DI TERRITORIO.

Quest’anno mentre vi scrivo il bilancio ovviamente del tutto provvisorio è di decine di città e villaggi interessati su un’area enorme della Siberia con almeno 33 morti accertati. I fuochi interessano  ALMENO 105.000 ettari. oltre 1000 km quadrati.

Si INCENDIA IL TERRENO per km e km , interessando tutto quello che vi si trova sopra, foreste, erba case, strade, fabbriche depositi… le aree urbanizzate, per la temperatura maggiore e la presenza di fiamme libere e fili elettrici, magari fatiscenti sono più a rischio di quelle desolate. Ecco perché, probabilmente, il fuoco comincia proprio tra le case dei villaggi e vicino alle strade ed alle altre aree urbanizzate.

Quando si parla di riscaldamento globale si legge che le zone artiche saranno le prime a subire gli effetti e lo subiranno in modo assai più sensibile. Quel che no si capisce è che la non linearità è un modo molto soft, forse un poco TROPPO soft, di definire un fenomeno che si sviluppa come una esplosione. Il metano che si libera e gli incendi riscaldano il terreno ancora di più e questo rilascia ancora più metano.. ovviamente il metano è un gas serra molte volte più potente della CO2 e quindi la cosa ha conseguenze importanti anche per il pianeta nel suo complesso. ANZI: c’e’ chi dice che l’estinzione del Permiano/trias, la peggiore di tutta la storia del pianeta, con il 90% delle specie che si estinsero, potrebbe essere provocata proprio da un fenomeno di rilascio catastrofico di metano in atmosfera dovuto al riscaldamento globale in corso in quel’epoca. Quando tutto finì il pianeta era un deserto riarso ( ad onor del vero non era molto meglio nemmeno nel periodo precedente) fino alle latitudini temperate e tale rimase per decine di milioni di anni.

Il ricordo di quei tempi terribili lo possiamo vedere alla base delle splendide scogliere dolomitiche delle nostre alpi:

W=trias B= permiano

In ogni caso  l’incendio del permafrost è un simbolo, spaventoso, del drago che abbiamo ridestato e che, non c’e’ bisogno di dirlo, non possiamo controllare. Dimostra, inoltre che non dobbiamo illuderci di avere decenni di tempo davanti prima di dover prendere una decisione. Siamo NOI e non solo  i nostri figli e nipoti, che dovremo sopportare le conseguenze del nostro comportamento dissennato.
Pensate a questo, quando qualcuno affermerà con certezza, in qualche talk show, che la Terra è stata anche più calda nel passato, che non abbiamo prove scientifiche, che le energie rinnovabili sono costose ed una illusione…

 

La privatizzazione inside. A margine del ddl Renzi sulla Scuola

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Con il permesso dell’autore, riporto un articolo che mi ha colpito.

Riformare tutta la struttura pubblica in senso dirigistico sembra ormai una costante del Renzipensiero.  Ma cosa resta della libertà di insegnamento?

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La nuova riforma, l’ennesima, della scuola. E di nuovo al centro la valutazione del merito e il potere dei dirigenti – chi assumere, quale offerta esibire sul mercato dell’educazione, chi premiare fra i docenti. Chi dirige decide perché conosce e giudica. Conosce?

Quando mi domandano gli amici com’è la mia scuola, se la consiglio per i loro figli, non so mai bene come rispondere. Dipende molto dagli insegnanti e cosa so esattamente dei miei colleghi? Le relazioni con gli adolescenti non sono la stessa cosa di un discorso in consiglio o in collegio. Nemmeno conta solo quanto sai delle tue discipline, conta quanto ami quello che sai, e sai farlo amare. Quanto ti piace tutta la situazione, il set della classe. E non è che le storie siano tutte uguali e piane. Sono storie, appunto.

Io entro in quinta sereno. Li conosco da cinque anni. Si scherza, qualche battuta mentre il tablet ci mette una vita a registrare i presenti. Tra i messaggi di saluto degli studenti anni fa uno mi fece molto piacere. Diceva io la ringrazio per quanto mi ha fatto ridere. È un po’ stupido, ma mi sono sentito così orgoglioso. Chissà se lo posso mettere nel curriculum.

Adesso siamo ad aprile, l’esame si avvicina, cresce l’ansia eppure anche una certa sensazione di libertà dalle scadenze ravvicinate. Conta come ci si presenta a giugno, in fondo. E comunque si sta bene. Loro seguono, domandano. Mi sembra che siamo complici di qualcosa di bello ed è come se fossimo già un po’ fuori dell’istituzione scolastica. Nella vita, diciamo, anche se asimmetricamente: io con molta roba alle spalle, loro davanti. Una mi fa leggere la poesia che le ha scritto un ragazzo, mi chiede che vuol dire: mi ama o no. Dice che ha scoperto Baudelaire, la foresta di simboli, le si è aperto un mondo, ma complicato.

Quando si fa storia e letteratura ci sono domande e prendono appunti – probabilmente pensano di sostituirli allo studio del manuale. Ma in ogni caso mi sembra che le cose vadano bene. Ci fosse qualcuno a vedere – immagino ogni tanto – sarei tranquillo. Mi farebbe quasi piacere.

In prima ce l’ho qualcuno che vede: c’è l’insegnante di sostegno. E non mi fa piacere. Mi sembra di essere un disastro. Quando entro c’è di tutto per terra e già mi girano. Tutte le volte faccio pulire e mi accorgo che a loro va benissimo: perdono un sacco di tempo con la scopa e la cassetta. Si respira nell’aria un misto pessimo di apatia e arroganza. Le cose da scrivere non sono state scritte, l’ascolto di quello che dico è una richiesta pressoché assurda – il braccio sdraiato sul banco, la testa appoggiata mollemente. Il gruppetto cinese vive a parte, con i suoi cellulari. Non sono stato capace di inventarmi nulla per farli partecipare a qualcosa. Dopo anni in Italia, non parlano, quando scrivono usano il traduttore di Google e non si capisce niente – però arrivano parole raffinatissime. Mi sento in colpa e questo non aiuta, anzi aggrava il mio giramento. Degli altri, c’è chi ha dimenticato il quaderno, chi ha il quaderno ma alcuni testi “mancano�? (non si sa come mai, destino), uno ha scritto sul foglio protocollo e adesso non ce l’ha perché Lei ha detto di portare i quaderni, profe. Chi ha sbagliato materia, chi ha sbagliato giorno, chi ha sbagliato scuola. Città, mondo. Chi ha un conflitto permanente con gli adulti e forse la vita stessa.

Qualche volta riesco a mantenere la pazienza e sono capace di spostarmi da quella situazione. Il più delle volte cado nel conflitto rabbioso e faccio banalmente parte della scena. Muro contro muro. Loro mi restituiscono il peggio di se stessi, io pure do il peggio di me. Tipo pagherete caro pagherete tutto. La collega che mi guarda mi mette ancora più in crisi.

Racconto questi disastri al consiglio e alla preside, la conosco da una vita e non ci sono problemi. Ma la valutazione qui è un racconto. Una cosa narrativa. Si può stilare una classifica delle storie, una classificazione del mio lavoro, già incasinato di suo, e una graduatoria fra le storie degli insegnanti? Per di più al fine di mettere qualcuno sul podio e qualcun altro nella polvere…

La lettura del disegno di legge Renzi sulla scuola mi ha lasciato di stucco.

La prosa de La Buona Scuola era in puro format seduttivo renziano. Anglicismi vari, promozione del prodotto, made in Italy, appello all’entusiasmo giovanile da conquistare all’azienda 2.0. Qui si torna alla prosa ministeriale. Si sarebbe tentati si dire di classica buropedagogia, ma in realtà di pedagogia c’è poco. C’è organizzazione. Certo, una riforma questo deve fare, occuparsi del contenitore. Ma per creare le condizioni di, predisporre gli strumenti per. La qualità di processi che sono viventi, non meccanici e burocratici. E dunque occorrerebbe avere un’idea della scuola da organizzare. Un’idea del sapere, del modo e dello spazio in cui si costruisce. Delle relazioni che lo attraversano e della cura che richiedono.

Un formatore aziendale una volta ha spiegato che si dovrebbe insegnare a pensare con la propria testa, e farne venire il desiderio. Qualcosa del genere farebbe bene a tutta la scuola: essere davvero autonoma, pensarsi e riconoscersi come luogo di ricerca e libertà. Ma bisogna dare voce e spazio, ricostruire un po’ di fiducia, un po’ di desiderio.

E invece non pare proprio.

Piano triennale di offerta formativa dai dirigenti delle scuole autonome. Albo regionale degli insegnanti neo assunti o in mobilità. Chiamata diretta del dirigente sui posti triennali. Premio di merito agli insegnanti migliori. Un mare di scuola-lavoro nei trienni.

Naturalmente finanziamento delle scuole paritarie, visto che la qualità pubblica dello spazio in cui si apprende non si vede proprio. Solo strutture para-aziendali che si misurano sui risultati raggiunti . Con la chiamata diretta tutti i docenti diventano fiduciari del preside in un rapporto di lavoro non dipendente, subordinato. Sono la squadra del capo. Così anche la libertà di insegnamento scompare. Alla fine si ricostruisce l’unità del mondo del lavoro, dalle fabbriche alle scuole, ma nella cancellazione della democrazia, dei diritti e della dignità personale.

Tutto il potere al dirigente e al suo cerchio magico. Si dice, è un sistema per sveltire le decisioni. Non perdere tempo in oziose discussioni.

Mi sa che è una vera ossessione di Renzi. Il capo che decide. Che non permette di perdersi in tanti discorsi. Perché la collegialità, i collegi docenti – così come i parlamenti – sono inconcludenti e noiosi con i loro conflitti. La democrazia, che palle.

Ma è buffa questa storia dei collegi docenti che discutono all’infinito.

Perché che non decidono gran che è vero, dato che le decisioni significative non passano proprio dagli organi collegiali. Arrivano. Cominci a parlarne e ci sono già, definitive. Nei collegi, immersi in una depressione alimentata di rabbia impotente, la grande paura è che una discussione si apra. Che inizi qualcosa che può ritardare la chiusura, la liberazione. C’è una bizzarra democrazia del voto, modello parlamento renziano: tu parli e dopo poco qualcuno alza la mano per dire, Si vota? Quando si vota? Non la tiriamo per le lunghe, l’importante è finire… Come se per degli insegnanti fossero solo una perdita di tempo le parole. Come se una comunità intellettuale, e anche affettiva, non crescesse anche nello stile con cui si confronta, si racconta, argomenta. Va be’, non sono più i tempi.

E tuttavia la cosa più sorprendente del DDL è la storia della mobilità. Della ex mobilità. Forse troppo stupida per essere vera. Chiaro che per gli insegnanti neoassunti non c’è più il posto fisso a tempo indeterminato. Che pretendono, entrano in ruolo, faranno quello che gli dicono di fare. Per quelli più vecchi, privilegiati, sembra di capire che il posto resta a condizione che non ti azzardi a chiedere trasferimenti, perché allora entri nel calderone dal quale chiamano i capi. Ti danno l’incarico per tre anni, chissà dove, poi devi rinnovare il contratto o farti richiedere da qualche altra squadra del campionato regionale. A regime tutte e tutti saranno nelle condizioni di una garantita precarietà. In certe parti d’Italia verranno fuori scelte un po’ strane, che qualche intellettuale chiamerà clientelari o familistiche, ma tutto sommato avranno una qualche legittimità: se devi scegliere e assumerne la responsabilità che fai, ti fidi di quello che c’è nel curriculum o di una/o che conosci personalmente? Ma mi domando che succede a quelli che non vengono chiamati, quelli non di prima scelta. Mica tornano a casa mogi, anche oggi non si lavora. Andranno nelle scuole più sfigate probabilmente. Cioè dove ci sarebbe bisogno dei docenti bravi, più motivati eccetera.

Sembra quando si giocava a calcio al campetto, da ragazzi. Si faceva pari o dispari e poi i due capi squadra sceglievano. Prima i più forti, poi alla fine i ciccioni e gli imbranati. Adesso quali saranno i dirigenti che scelgono per primi non lo so. Né che succede se tutti vogliono il campione. Comunque la partita finiva ogni tanto quando il proprietario del pallone decideva di andare via. Ma non mi pare dicesse sempre, Tanto ho vinto io, fatevene una ragione. Erano altri tempi.

 

ndrea bagni

Picco del petrolio e picco dell’oro: tempo di ammissioni

ziopaperone dollari

Se leggete un articolo qualunque da una fonte qualunque sul tema: oil shale, fracking, tight oil&compagnia cantante, una delle prime cose che vi dira è che il crollo dei prezzi attuali è dovuto alla sovrapproduzione, causata dalla massiccia ondata di petrolio in arrivo dallo sforellamento compulsivo chiamato fracking. Non è che non sia, strettamente parlando, vero: l’economia mondiale ha rallentato, le energie rinnovabili cominciano a produrre quote crescenti di energia elettrica e, in buona sostanza, la domanda di petrolio è aumentata ma non quanto l’offerta. Che il petrolio sia estremamente reattivo alle oscillazioni domanda/offerta, è cosa nota. I prezzi sono decisi dall’ultimo barile venduto e l’ultimo barile venduto è anche quello più caro. Bastano piccole oscillazioni nella domanda per provocare grandi oscillazioni nei prezzi. In sostanza oltre i due terzi della produzione derivano da pozzi a costi di estrazione relativamente bassi, per lo più in giacimenti noti e sfruttati da decenni. I pozzi di nuova realizzazione, e fra questi, ovviamente, quelli che utilizzano il fracking, vanno a coprire solo gli ultimi % della domanda e possono funzionare solo a prezzi del petrolio oltre i 60-80 dollari. Fin qui tutto chiaro. Ora viene però la parte interessante: come saprete, se no non sareste lettori di crisis , sono dieci anni che aspo ed un po tutti noi conduciamo una (quasi) solitaria battaglia per vedere riconosciuto in primo luogo il concetto stesso di peak oil ( battaglia quasi vinta, ad onor del vero) in secondo luogo il fatto che il peak oil è prossimo e produrrà effetti imponenti sulle economie di tutto il mondo, costituendo un vero e proprio spartiacque nella storia economica e sociale dell’umanità.

Ecco: questa seconda parte, visto quel che implica a livello di scenari, è quella che i media main stream si rifiutano di avvallare ed anzi irridono, minimizzano, combattono confutano, dispregiano etc etc. Si direbbe che l’attuale crollo dei prezzi renda ancora più difficile il compito di aspo e più ardua la battaglia per far valere i suoi dati, scenari e proiezioni. Ed in effetti MOLTI, come vedete dai links, hanno scritto della fine del peak oil.

Il punto è che non solo le cose non stanno cosi ma presto, MOLTO PRESTO, gli stessi produttori dovranno, ripeto DOVRANNO ammettere ed anzi far proprio il concetto di peak oil. Perchè? per gli stessi motivi per cui lo stanno facendo i produttori d’oro! A causa dell’analogo crollo deli prezzi, ridotti a poco più della metà di qualche anno fa, l’oro è estratto in perdita o con guadagni estremamente marginali in buona parte delle miniere mondiali. Chiudere una miniera è una operazione estremamente gravosa che si preferisce non fare in quanto i capitali necessari alla sua riapertura sono ingenti e possono superare quelli dell’apertura di una miniera nuova. Quindi si preferisce, per ora, produrre in perdita o quasi, pur di mantenere la capacità estrattiva, contando su un aumento della domanda; o meglio: si ASSICURA che la domanda risalirà. Perchè? Perchè l’oro è una risorsa finita e nel 2014 o 2015 dovremmo raggiungere il picco della produzione!!. 

Chi l’ha detto? un poco tutti gli analisti ed operatori in ordine sparso  ma eccone uno per tutti il CEO della piu’ grande società mineraria del settore sul Wall street journal, credo che basti. La cosa è clamorosa, converrete: il peak gold diventa la chiave di volta della strategia di sopravvivenza dei produttori: niente peak gold, niente rifinanziamento da parte degli azionisti, niente Società minerarie del settore. Per sopravvivere devono non solo ammettere ma PUNTARE sul peak gold!

La stessa storia si ripeterà, si DEVE ripetere PRESTO e su scala MOLTO più grande, nel settore petrolifero: l capitali a rischio default, investiti nel fracking, ammontano a trilioni di dollari, un multiplo di quelli messi a rischio dalla famosa crisi dei mutui subprime. SE davvero il picco del petrolio non fosse prossimo, se davvero i “cornupiani” avessero ragione, l’intero settore negli USa sarebbe spacciato. Con lui il sistema bancario americano etc etc etc ( senza contare le centinaia di migliaai di posti di lavoro creati nel settore). QUINDI? Quindi per evitare il panico e/o ottenere finanziamenti da parte della fed, con qualche creativa forma di quantitative easing esiste solo una strada: garantire che i capitali investiti torneranno e on alle calende greche ( i pozzi hano durate limitate, ne caso dle fracking). C’e’ un solo modo, ammettere, prima a denti stretti poi a a voce alta, poi urlandolo a squarciagola che…che che… IL PEAK OIL E’ UNA REALTA’!!

 

Genova: NATURALMENTE la situazione di rischio era stata prevista

Ecco qui, nero su bianco una previsione di esattamente 24 ore prima e non è l’unica. “Domani, infatti, già dal mattino, è forte la probabilità di avere fenomeni intensi e persistenti, anche se molto localizzati, soprattutto nella provincia di Genova.

Chiaro?!!!!

Non vi basta? Volete ulteriori prove della terribile sottovalutazione della situazione?

Eccole!!

 

Genova 2011 Genova 2014 dodici piccole differenze: determinare quali

fermo immagine alluvione 2014 torrente ferreggiano

video ferreggiano 2014 video ferreggiano 2011

Salve a tutti. come avrete notato , è tanto che non scrivo. La dico in breve: ho da fare!!! Detto questo: Su Genova e l’ennesima alluvione ci sarebbero da scrivere decine di post. Peraltro è stato scritto tutto quel che c’era di scrivere in merito in occasione degli eventi  degli ultimi anni. OGNI SINGOLA VOLTA le amministrazioni hanno giurato e spergiurato che sarebbe stata l’ultima, perché il sistema di monitoraggio, l’allerta meteo, la sistemazione idraulica del territorio, il nowcasting, il post processing, il downsizing, la rete dei volontari, la macchina dei soccorsi… Bla bla bla ed ancora bla. E’ arrivato il clima cuberpunk cari miei ed ora ce lo sciroppiamo. Il punto è che questa volta è andata PEGGIO del solito. La nuova amministrazione, che era stata , che che se ne dica preallertata, tanto è vero che si trovano ancora i bollettini di allerta meteo, oltre a molti allarmi ed allerte sui principali siti meteo italici e sopratutto che già dal primo pomeriggio diciamo intorno alle 16, sapeva che la situazione era critica in molti corsi d’acqua, NON HA FATTO,  UNA BEATA MAZZA!! O quasi. Come del resto in tutto il tempo passato dai tragici giorni del 2011.Uh, beh è una affermazione audace, perfino diffamatoria, vero? Diciamo che è una affermazione straordinaria che richiede prove straordinarie. Bene , come ho detto, ho poco tempo e voi, lo bene, meno di me. QUINDI vi do UNA prova straordinaria e ve la dovrete far bastare. Si tratta di due video dell’esondazione del torrente Fereggiano, uno della notte di ieri, 9 ottobre 2014, uno del pomeriggio del 2011. Nel 2011 ci furono PROPRIO LI, sei morti, povere persone travolte dalla piena. PROPRIO LI, quindi, si concentrarono le lacrime ex post a favore di telecamera dei politici locali e nazionali. Risultato? PROPRIO LI, è esondato, DI NUOVO e in modo praticamente identico, il dannato torrentaccio. La cosa straordinaria, direi quasi unica è che i filmati sono presi praticamente dallo stesso punto di vista, quindi il raffronto è facile ed immediato per tutti. ve lo dimostro:

confronto genova 2014 genova 2011

Ho evidenziato, in rosso, gli stessi tre caratteristici androni.

Ora: guardate le foto e, sopratutto, i filmati e rispondete: Riuscite a vedere qualche differenza? Riuscite a vedere qualche sicurezza aggiuntiva messa li dove il torrente, a causa di una curva violenta, non riesce a stare nell’alveo ed esonda, con furia devastante, nella strada che gli passa accanto? COSA è stato fatto proprio LI, dove sono morte sei persone, in questi tre anni? risposta: ci sono IN EFFETTI alcune piccole differenze. Ad esempio è stato fatto, sicuramente dopo una verifica idraulica, un muretto di circa un metro un metro e mezzo, che probabilmente, secondo la verifica, basata su dati statistici, avrebbe potuto contenere una piena con tempi di ritorno cento anni. O magari duecento. Essendo quella del 2011, cosi si pensava, una piena con tempi di ritorno plurisecolari. Ma, uh uh guarda un poco, tale piena invece non è PIU’ così straordinaria. I tempi sono cambiati e magari tale tipo di eventi ha un tempo di ritorno inferiore a dieci anni. Praticamente va messo in conto che sia una evenienza addirittura probabile, in un autunno tipico. La cosa è diffusa, ormai è evidente, un poco in tutta Italia. Perfino progettare le opere rispetto ad eventi con tempi di ritorno millenari potrebbe non essere più sufficiente. E’ chiaro che non possiamo buttare giù interi quartieri, ma certamente non basterà rialzare il muro, poniamo di un altro metro. E? evidente proprio dai filmati: è troppo grande la differenza tra la portata delle acque e quella che può essere contenuta dall’alveo. L’unica, veramente l’unica cosa fattibile è un sistema di allarme VERO che impedisca FISICAMENTE l’accesso a questa strada in certe situazioni. Dovremo piangere qualche altro morto? Certamente, si. Magari, tra questi, il folle automobilista che, al minuto 4.20 del filmato NON si ferma da vanti all’acqua e viene travolto ( al contrario del più prudente automobilista subito dietro di lui). Il suo disperato suonare il clacson mentre l’acqua lo porta via, è agghiacciante.

Il vero costo dell’energia rinnovabile

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aggiornamento maggio 2016

Quante volte vi hanno parlato dei miliardi e miliardi che vi costa il conto energia che premia i biechi speculatori del fotovoltaico e dell’eolico?

la verità è un’altra: il fotovoltaico e l’eolico dalla loro introduzione hanno contribuire a calmierare il costo dell’energia elettrica per una utenza domestica media. Ecco qui l’andamento negli ultimi anni. Come vedete, si tratta della parte in violetto, i vari contributi A3, A2, etc etc sono aumentati di circa 2 centesimi. Ma l’energia elettrica immessa dal fotovoltaico ha contribuito a diminuire, specialmente negli ultimi otto nove mesi, di quasi altrettanto il prezzo del kWh sul mercato elettrico. Il risultato è che l’aggravio è stato quasi interamente recuperato e in realtà non fosse stato per il contributo dell’energia rinnovabile i costi netti, causa aumento del costo del gas del carbone e del petrolio, sarebbero già risaliti  ben oltre i livelli del 2009-2010. Invece  AL NETTO DI TUTTO,  l’aumento è stato modesto. In realtà nel corso del 2014, i costi sono ancora sensibilmente diminuiti sul mercato elettrico, sempre grazie al fotovoltaico ed all’eolico (che vendono anche a meno di 3 centesimi al kWh), di oltre due centesimi, ma gli utenti finali non se ne sono accorti perché il calo è stato interamente assorbito dai gestori della rete. Si parla, su base annua di quasi 10 miliardi di euro che sono andati a finire in….dividendi.  Curioso che QUESTA non venga vista come una bieca speculazione…