Niente basta a chi non basta quanto è sufficiente/6

Ippocastano, Glamis Castle, Scozia

Torniamo ora ad un altro aspetto essenziale: la mobilità.

Che il futuro della mobilità, pubblica e privata, sia dei veicoli elettrici, non se lo nasconde nessuno. 

La situazione dell’inquinamento nelle nostre città, di cui eravamo consapevoli sia per esperienza personale, sia per banche dati nazionali di ottimo livello, come quella di ISPRA, è diventata evidente quando, all’improvviso, in un giorno di Marzo, ci siamo fermati. Tutti.

Per due mesi, nei nostri cieli sono tornate le stelle. per due mesi ci siamo ricordati del colore che dovrebbe avere il cielo, in condizioni normali.

Veicoli elettrici quindi.

Naturalmente, ci sono cose da considerare.

Risolti o in via di risoluzione i problemi di capacità delle batterie, velocità di ricarica, tecnologia, costi di realizzazione, i veicoli elettrici, intrinsecamente più affidabili, duraturi, semplici ed economici da realizzare, hanno comunque anch’essi un impatto ambientale, per la loro realizzazione e per il trattamento dei materiali a fine vita.

Un altro aspetto, frequentemente trattato, relativo alle modalità di produzione dell’energia elettrica necessaria per ricaricarli trova sempre meno motivo di essere, via via che la produzione di energia avviene da fonti sempre meno inquinanti e, in prospettiva, interamente da fonti rinnovabili.

Anche il recupero delle batterie a fine vita ( non già lo smaltimento come troppo spesso si legge) è un processo già messo a punto da vari consorzi, anche in Italia e costituisce non tanto un problema quanto una opportunità di lavoro e di ritorni economici, tanto più in un paese che, attualmente acquista la quasi totalità delle batterie al litio all’estero.

Ma il passaggio ai veicoli elettrici senza un cambio, importante, nella mentalità delle persone non basta.

I nostri veicoli attuali ed anche gli attuali veicoli elettrici soffrono di bulimia. Non è concepibile spostare due tonnellate di veicolo per trasferire 80 kg di essere umano.

Le tecnologie attuali ci permetterebbero di realizzare veicoli sicuri e leggeri. Se non lo facciamo è perché ci siamo abituati a decine di servomeccanismi ed altre ipercomodità che pesano kg e, nel complesso quintali.

Quintali risparmiabili che pesano sul pianeta. Una soluzione esiste ed alcuni paesi l’hanno già adottata: una imposta al KG per i veicoli privati non commerciali ( i veicoli commerciali continuano ad essere piuttosto spartani). Questa imposta proporzionale al peso andrebbe possibilmente modulata per i veicoli meno inquinanti, ma comunque essere presente. Anche i veicoli elettrici, infatti soffrono di obesità e pesano come corazzate, complice il peso delle batterie.

L’incentivo a scegliere versioni più leggere con motori più piccoli, meno cianfrusaglie, tra l’altro prone alla rottura e quasi sempre di obbligatoria sostituzione, non essendo generalmente fatti per la riparazione, deve essere deciso, importante. 

Va dato un segnale chiaro che leggero è bello, leggero è giusto. 

A parte lo sviluppo crescente, del carsharing e car pooling, con lo sviluppo dei sistemi di guida autonoma si dovrebbe riprendere in considerazione i modulor, veicoli con moduli di trasporto personali autoassemblabili ed a guida autonoma, in grado di condurre ogni persona a destinazione, ma uniti insieme per le tratte a comune, per ridurre la congestione del traffico, a formare un unico veicolo da cui, all’occorrenza, si staccano. Avevo scritto per Legambiente, oltre dieci anni fa, un articolo sulla Terra nel 2108, che introduceva questo concetto.

Peraltro gli sviluppi rapidissimi della guida autonoma lo rendono già attuabile senza aspettare ancora 78 anni.

Ovviamente va convertito e riqualificato il trasporto pubblico. 

Anche perché un autobus non recente spesso inquina come cento auto, di fatto vanificando il teorico vantaggio ambientale del trasporto pubblico. 

La soluzione attualmente prediletta da molte amministrazioni è quella di nuove linee tramviarie moderne. Queste, se hanno grandi vantaggi in termini di persone trasportate all’ora, hanno l’inconveniente di essere tremendamente costose ed assorbono la quasi totalità delle risorse delle municipalizzate, non consentendo con le risorse disponibili di immaginare una conversione completa del parco veicoli circolante in termini ragionevoli. Esiste una soluzione intermedia all’acquisto di assai costosi bus elettrici ed è il cosiddetto retrofit elettrico. 

Il sottoscritto , insieme ad alcuni amici, ha fondato nell’ormai remoto 2007, una associazione che si proponeva sia di promuovere la riconversione elettrica dei veicoli esistenti, sia l’abbattimento degli ostacoli legali a queste conversioni. Grazie a due successivi decreti, scaturiti dalla nostra iniziativa ed altre simili nel tempo sviluppatesi, attualmente esiste un quadro normativo che consente queste conversioni. 

In breve: molti autobus che non possono più circolare a causa dei limiti stringenti attuali, potrebbero avere ancora una lunga vita utile, una volta convertiti in veicoli elettrici.

Un veicolo elettrico così convertito costa meno della metà di un veicolo elettrico nuovo e spesso perfino meno di un veicolo tradizionale con motore endotermico, consentendo, di fatto, con i risparmi conseguiti nell’operatività, circa 40.000-60.000 euro/anno complessivi,di convertire intere flotte senza extracosti rispetto alla situazione esistente, ben riassunta da questo documento, tra i tanti. 

Manca ancora la consapevolezza di questa possibilità da parte delle amministrazioni, senza contare che vi sarebbero fondi per una prima implementazione sperimentale di autobus urbani convertiti. In un paese dove non si producono autobus urbani elettrici sembra una opportunità da esplorare, senza contare, naturalmente, i consueti risvolti positivi in termini ambientali della mancata rottamazione di un veicolo che può ancora circolare.

Naturalmente, anzi: NATURALMENTE piste ciclabili, relativa segnaletica, incentivi all’uso della bicicletta, etc devono essere implementati in modo determinante e determinato. Facciamo troppo poco moto, tutti quanti.  La bicicletta ci fa risparmiare tempo, fa bene all’ambiente e fa bene anche a noi.

Pur tuttavia resta la questione del traffico privato. Per quanto ridotto, per quanto sostituito, per quanto contingentato, è una questione principale, che coinvolge praticamente ogni famiglia italiana. L’attuale politica di rottamazione forzata è totalmente sbagliata per diversi motivi. Il primo, ovvio è che non tutti possono permettersi un’auto nuova. Con il risultato che si puniscono proprio le fasce meno abbienti della popolazione, che sono spesso anche quelle che hanno più bisogno di spostarsi su percorsi non ben serviti per recarsi al lavoro. 

La seconda è che attualmente la quasi totalità dei veicoli nuovi sono veicoli endotermici, a benzina o Diesel.

Poiché i diesel hanno avuto e stanno avendo ( cfr il cosiddetto scandalo Dieselgate ed altri simili) discrete difficoltà a rispettare le normative Euro 6 e poiché i blocchi del traffico comportano fermi sempre più frequenti anche per veicoli ancora efficienti e funzionanti, come gli euro 3 e 4, pare opportuno rivalutare la conversione a Gpl e metano dei veicoli esistenti come decisamente conveniente per il sistema paese e per l’ambiente. Rispetto all’acquisto di veicoli nuovi, si ottengono quattro importanti vantaggi:

  1. riduzione delle emissioni inquinanti
  2. riduzione dei costi per l’utente
  3. mancata demolizione di veicoli efficienti e conseguenti vantaggi per l’ambiente, visto che un’auto nuova è ancora oggi fatta quasi interamente da materie prime “vergini” non di recupero e, solo per l’aspetto energetico, la sua produzione comporta un consumo di energia all’incirca pari a quella che il veicolo consumerà in 100.000 km)
  4. Creazione di posti di lavoro e know how nel nostro paese , in un momento dove i due terzi dei veicoli nuovi sono di produzione estera ed anche il costruttore unico nazionale ha sede fiscale all’estero).

A questi vantaggi “pratici” ne va aggiunto uno più sottile, di tipo psicologico: rendere “normale” il recupero, il riuso, il ripristino, rispetto alla compulsiva sostituzione del “vecchio”, anche se ancora valido, per un nuovo le cui qualità ed i cui vantaggi, rispetto al vecchio, sono spesso più di apparenza che di sostanza ( ultimamente le pubblicità delle auto vertono più sulle loro caratteristiche di connettività, una cosa che costa poche decine di euro, se la si vuole implementare in un veicolo più datato,  che su quelle di consumo, emissioni etc).

La conversione dei veicoli a benzina è ben nota ed attuata, purtroppo su scala minoritaria, da decenni, con le aziende italiane che sono leader mondiali del settore. 

Molto meno conosciuta è la possibilità delle conversione dei diesel, anche se qui avremmo il maggiore beneficio, visto i milioni di veicoli diesel euro 3 e 4 prossimi alla rottamazione.

Non da moltissimi anni il nostro codice della strada ammette le auto con alimentazione dual fuel, ovvero che utilizzano CONTEMPORANEAMENTE due diversi carburanti.

Grazie a queste nuove norme esiste la possibilità di convertire un’auto diesel in auto ad alimentazione mista, gasolio/metano o gasolio/gpl. Nell’uso normale i due carburanti vengono utilizzati insieme. Grazie alla minore quantità di gasolio ed alla combustione più pulita del metano e del gpl, gli inquinanti emessi, pm10, CO2, CO, NOx, specie per i veicoli dotati di common rail e centraline evolute, precipitano drasticamente, di fatto trasformando, in termini di emissioni, un euro 3 in un euro5. Anche il consumo complessivo diminuisce leggermente. Il risparmio in termini monetari è di circa il 25%, così consentendo il recupero dei costi di installazione in circa 40-50.000 km, senza incentivi.L’installazione costa leggermente di più di quella tradizionale perché si devono aggiungere sensori che sulle auto diesel non sono presenti. Il motore, grazie alla differente combustione , dura di più ed è soggetto a minori inconvenienti ( qualcuno ha mai sentito parlare del debimetro, è un sensore che è soggetto a frequenti e costosi malfunzionamenti sui veicoli diesel) E’ evidente che incentivi anche consistenti, ad esempio tramite sgravi fiscali del 50 o 65% piuttosto che cifre fisse verrebbero immediatamente recuperati dallo Stato, dato che l’acquisto di veicoli nuovi prodotti all’estero è, per ogni veicolo, un danno misurabile di gran lunga superiore. 

Tutto questo, naturalmente, senza contare i posti di lavoro creati, diffusi sul territorio, la possibilità di vendere sistemi all’estero, la filiera che si crea etc etc.

Il futuro della mobilità è elettrico.

Il presente, lo vediamo bene, no. 

Siamo ancora lontani dal raggiungere il 5% di veicoli elettrici sul totale delle immatricolazioni del nuovo. Anche se i numeri stanno crescendo, ci vorranno ancora almeno dieci quindici anni, prima che i veicoli elettrici siano la maggioranza degli acquisti di veicoli nuovi. 

Noi vogliamo migliorare il presente e preparare il futuro, senza fare più danni del necessario. In questo senso è una buona idea risparmiare la produzione di milioni di inutili auto nuove non elettriche.

Ovviamente anzi: OVVIAMENTE resta la possibilità di conversione elettrica anche dei veicoli privati. una cosa, però, che può avere una convenienza economica solo in particolari casi di nicchia.

Ad esempio il mitico cinquino…..

Altrettanto ovviamente esistono altre categorie di mezzi minori, Scooters, ciclomotori, quadricicli leggeri e pesanti etc etc che possono essere convertiti, qualche volta andando a coprire esigenze altrimenti non facilmente soddisfabili.

Dovrebbe preso uscire un decreto attuativo che lo renderà possibile, al quale abbiamo collaborato direttamente.

La democrazia diretta esiste. Basta volerlo!

(continua)

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