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Le conseguenze della corruzione

Quando leggiamo le statistiche della corruzione, che ci vedono ultimi in Europa e al 67° posto assoluto tra i paesi del mondo, la maggior parte di noi pensa semplicemente al politico truffaldino che intasca la fatidica mazzetta, personaggio iconico che la fantasia popolare percepisce ormai circonfuso da un’aura di simpatica ribalderia.

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In realtà le ricadute negative della corruzione sono ben più numerose, estese e gravi di quanto ci si renda normalmente conto. Christopher Groskopf ha recentemente pubblicato un post intitolato: “i cattivi guidatori sono un buon indicatore di un governo corrotto”, che a sua volta rimanda ad un precedente articolo di James O’Malley dal taglio più tecnico: “Le strade di Bucarest: come il comportamento stradale è correlato alla fiducia nel governo”. La tesi esposta in questi due lavori è che l’onda lunga della corruzione dilagante arrivi a produrre effetti nefasti in ambiti molto estesi e solo apparentemente non correlati.

In un sistema a corruzione endemica lo scambio di mazzette è solo la punta dell’iceberg. Una classe politica diffusamente delinquenziale deve attivamente alimentare un contesto sociale disfunzionale se vuole che il fenomeno corruttivo operi in maniera efficace. Il terreno fertile per la corruzione è caratterizzato da istituzioni inefficienti, norme procedurali farraginose ed incoerenti che offrano ampio margine alla discrezionalità, corpi di pubblica sicurezza sotto organico e con risorse limitate, clientelismo diffuso, percorsi processuali lunghi ed incerti (con tempi di prescrizione irragionevolmente brevi) e, quel che è peggio, da un’opinione pubblica ignorante, distratta e politicamente poco reattiva.

Cominciamo dall’inefficienza della macchina pubblica. Drenare risorse da un sistema funzionale non è semplice, dal momento che in un simile contesto le imprese lavorano e vengono pagate, le opere realizzate e la popolazione è soddisfatta. Innescare un meccanismo di favoreggiamento all’interno di un tale processo richiede di farsi parte attiva nell’estorsione e rischiare di incontrare, dall’altra parte, cittadini ligi alle regole e pronti a denunciare. Al contrario, con una macchina pubblica elefantiaca ed immobile si creano le condizioni ottimali perché qualsiasi intervento ‘facilitatore’ diventi indispensabile, e conseguentemente ‘retribuito’. Il punto, se ancora non è chiaro, non è tanto la singola mazzetta o la quantità di denaro sottratto, quanto la distruzione dell’efficienza della macchina pubblica indispensabile per dar vita ad un efficace sistema tangentizio.

Distruzione che ha, essa stessa, molte facce. Sul piano legislativo le leggi devono essere confuse e di difficoltosa applicazione, in modo da lasciare il massimo spazio da un lato all’inefficienza, dall’altro alla discrezionalità. In seconda battuta va coltivata una classe di burocrati e tecnici conniventi, che non pretenda, e men che meno ottenga, di rimettere in discussione i protocolli attuativi disfunzionali rendendoli efficaci. Una classe politica corrotta non promuoverà i funzionari in base al merito o alla competenza, bensì in base alla disponibilità ad assecondarne le scelte.

Una volta messo a regime il sistema estorsivo occorre, parallelamente, depotenziare l’azione delle forze dell’ordine per ostacolare l’individuazione e la persecuzione dei comportamenti illegali. Ciò si realizza da un lato agevolando le carriere di funzionari conniventi col detto sistema, dall’altro riducendo progressivamente le capacità operative ed investigative. Se questo vi fa tornare in mente le polemiche sulle volanti della Polizia ferme perché prive di carburante, o sulla sproporzione tra dipendenti negli uffici e personale realmente operativo, la cosa non può sorprendere.

Il clientelismo, o voto di scambio, è solo un’ennesima testa dell’idra. Politici corrotti presidiano la macchina pubblica assumendo amici e parenti che, riconoscenti, garantiscono ossequio alle direttive ed un serbatoio di voti certi alle successive elezioni. Questo sistema consente di saccheggiare direttamente le imprese pubbliche con false fatturazioni senza nemmeno passare per la rischiosa richiesta di tangenti. Un esempio particolarmente plateale è lo scandalo dell’emissione di biglietti falsi in ATAC, l’azienda di trasporto pubblico romano, venduti ai cittadini a pari prezzo di quelli legali mentre il ricavato finiva, anziché all’azienda in deficit, nelle tasche dei dipendenti e dei politici che avevano messo in piedi la truffa.

Un simile sistema basato su irregolarità, inefficienze ed arbitrio finisce col trasformare l’organizzazione della macchina pubblica nell’equivalente di una guerra tra bande criminali, dove ogni funzionario, dipartimento o gruppo di potere, risponde alle pressioni di realtà analoghe, ivi inclusi i poteri economici esterni all’amministrazione. I dipartimenti, invece di collaborare, si ostacolano l’un l’altro, ognuno cercando di sfruttare al massimo le proprie leve di potere. Essendo infiltrata a qualsiasi livello, al pari della Mafia in Sicilia, la corruzione diventa immenzionabile. O, per meglio dire, la corruzione non esiste.

Questo non richiede che tutti i politici, o tutti i funzionari, siano indiscriminatamente criminali. La politica è l’arte della manipolazione, e i manipolatori più abili occupano generalmente le posizioni apicali. Nei livelli intermedi troviamo spesso persone oneste e capaci, che provano a migliorare le cose, intrappolati come tutti gli altri nella tela del ragno. Queste persone garantiscono al sistema criminale un’immagine di presentabilità nei confronti dell’elettorato, ma al contempo ogni iniziativa che propongono viene sabotata da parte della macchina amministrativa, o direttamente dai vertici del partito, vanificandone gli sforzi.

Analogamente l’attivismo dei cittadini viene sistematicamente ostacolato, in particolar modo quando cerca di promuovere valori positivi, salvo occasionalmente strumentalizzarne l’operato nel momento in cui si è in cerca di consenso elettorale. All’interno della macchina istituzionale, i pochi risultati positivi prodotti da un comparto eventualmente meno corrotto vengono sistematicamente boicottati e demoliti dagli altri, spesso per pura necessità di affermazione di potere.

In questo quadro complessivo emerge una evidente risonanza tra poteri economici speculativi e corruzione politica, entità diverse che operano scientemente ai danni sia dei cittadini che di una macchina pubblica efficiente, perennemente sospesi sul sottile crinale rappresentato dal dover realizzare l’opposto di quanto promesso senza che l’opinione pubblica se ne accorga, e camuffando le volontà speculative nella narrazione di problemi, ritardi ed inefficienze burocratiche.

Ma l’ultimo e probabilmente più disastroso effetto consiste nella lenta e progressiva distruzione dell’intelligenza e della capacità di attenzione dell’opinione pubblica, all’interno di un meccanismo che si autoalimenta. Meno la ‘governance’ funziona, più il cittadino si trova a dimenarsi all’interno di un sistema caotico ed incapace di fornire risposte efficaci alle sue necessità, e più attenzione dovrà dirottare sulle proprie esigenze minime di sopravvivenza. Guidare in un traffico sregolato che divora energie ed ore di vita, rimbalzare da un ufficio all’altro, da una complicazione alla successiva, nell’incertezza di tutto, produce un consumo di risorse intellettive tale da rendere lontana, confusa e sfumata la percezione della devastazione sistemica complessiva.

Completa tale disastroso scenario l’asservimento dei mass media. Giornali e televisioni diffondono un’informazione grossolana e manipolata, priva di memoria storica e lontana anni luce dalla pratica anglosassone del ‘fact-checking’, sovente ridotta al puro ruolo di grancassa delle esternazioni del politico di turno, diffusa in maniera totalmente acritica. Trasferiti al livello nazionale questi meccanismi perversi generano un progressivo smantellamento del sistema scolastico, con peggioramento della qualità dell’istruzione, blocco del cosiddetto ‘ascensore sociale’ e fuga dei cervelli all’estero.

Ben lungi dal rappresentare una serie occasionale di singoli casi in cui il politico di turno ottiene la tradizionale ‘mazzetta’, il fenomeno corruttivo affligge l’intera organizzazione pubblica e statale in forme diverse, e si riflette in una varietà e vastità di ambiti tra loro apparentemente non correlati.  In questo scenario il termine ‘corruzione’ assurge al suo significato originario: la decomposizione di un organismo un tempo vivo (lo stato) le cui carni putrefatte esalano gas dagli odori nauseabondi mentre vengono divorate da vermi famelici.

Ciclo di retroazione della corruzioneP.s.: so già che molti staranno elaborando quest’analisi come una ennesima riproposizione di una qualche ‘teoria del complotto’. Purtroppo l’avvento di un’organizzazione sociale basata sulla corruzione diffusa non ha necessità di alcuna pianificazione (anche se il Piano di Rinascita Nazionale di Licio Gelli ci assomigliava molto), ma solo di una concordanza di intenti da parte di un numero sufficiente di soggetti criminali, oltre ad alcune condizioni di contorno. L’affermarsi della corruzione può essere descritta nei termini di un Comportamento Emergente della società italiana nel suo complesso. Questo concetto mi riservo di illustrarlo meglio in un prossimo post.

(gli argomenti illustrati in questo post sono stati ulteriormente integrati da Jacopo Simonetta)