Nel precedente articolo abbiamo parlato della teoria demografica oggi corrente. Una teoria che effettivamente spiega bene alcuni fenomeni, ma non tutti e che deve il suo grande successo in buona parte al fatto che è molto “politicamente corretta”. Oggi parleremo invece di un caso concreto
Uscendo dalla guerra civile, il tasso di natalità era di oltre il 3,5%, nettamente superiore al 1,7, 1,8 % del tasso di mortalità. La flessione della natalità alla metà degli anni ’50 corrisponde alla prima ondata di collettivizzazione forzata delle campagne che fu presa molto male dai contadini. Tuttavia, la mortalità continuò a diminuire per il progressivo riorganizzarsi dello stato, la repressione del brigantaggio e delle ultime sacche di resistenza anti-comunista. Nel 1958 Mao lanciò il “Grande Balzo Avanti” che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto avviare con decisione la Cina sulla via del progresso industriale. Il risultato fu la maggiore carestia del XX secolo (fra i 14 ed i 78 milioni di morti a seconda delle stime), con il picco nel 1960.
Il fatto interessante è che, contemporaneamente, si ebbe un vero crollo della natalità culminato nel 1961. Superata la crisi e migliorate le condizioni della gente, si verificò un autentico “baby boom” con il picco oltre il 4% nel 1963. Fin qui niente di sorprendente, picchi di natalità a seguito di calamità particolarmente impattanti sono un fenomeno frequente. La parte più interessante viene subito dopo.
Dal 1963 al 1977 il tasso di natalità calò rapidamente e vertiginosamente, malgrado le politiche nataliste volute da Mao, e con un PIL procapite molto basso. Insomma qualcosa di simile alla “transizione demografica”, ma prima e non dopo il “miracolo economico”, come invece è avvenuto in Europa e negli USA. Un ruolo importante fu probabilmente giocato dalla “Rivoluzione Culturale” (1966-1976). Una faida interna al Partito Comunista Cinese che coinvolse e sconvolse l’intero paese, creando evidentemente un clima negativo dal punto di vista riproduttivo. Molti fattori vi giocarono contemporaneamente, probabilmente la scolarizzazione massiccia delle bambine e l’inurbamento, ma anche l’incertezza politica e la sistematica demolizione di ogni retaggio culturale, come di ogni struttura sociale tradizionale.
Fu solo dal 1980 (morto Mao e con un Pil procapite di meno di 200 $ annui), che il governo varò la politica del “Figlio Unico”. Ciò nondimeno, per una decina di anni si verificò una sensibile ripresa della natalità, probabilmente dovuta al clima di maggiore ottimismo, di novità e di relativa libertà, oltre che all’impennarsi del tasso di crescita economica. Attualmente il tasso di natalità si è stabilizzato sul livello di 1,2 – 1,3%, comunque più alto del tasso di mortalità, cosicché la popolazione cinese risulta tuttora in aumento, mentre l’età media sale progressivamente.
Il punto qui importante è che la fase galoppante della crescita economica cinese, fra il 1990 circa ed il 2007, è avvenuta mentre i tassi di natalità erano già calati a valori prossimi o inferiori a quelli occidentali del tempo. Nel 2013 la legge sul figlio unico fu modificata, autorizzando le famiglie ad avere due figli, ma per il momento l’incremento di natalità è stato molto modesto. Interessante perché, secondo le autorità cinesi, ciò dipende dal fatto che la maggior parte dei giovani sono preoccupati per il futuro, proprio mentre il loro PIL nazionale e pro capite raggiunge il massimo storico (circa (8’000 $ l’anno). Probabilmente vi giocano diversi fattori fra cui l’evoluzione della cultura e delle strutture sociali, ma penso anche l’effetto deprimente dei livelli pazzeschi di inquinamento e distruzione ambientale raggiunti in Cina ed il brusco rallentamento (forse arresto) della crescita economica dopo il 2008.
In altre parole, la legge del figlio unico stabilizzò una tendenza già in atto, ma soprattutto impedì un probabile secondo baby boom a seguito del decollo economico, contribuendo quindi in modo consistente al fantastico incremento del reddito procapite dei cinesi ed a fare della Cina la potenza coloniale vincente di quest’inizio di XXI secolo. Ora che anch’essa pare ben avviata sulla via della “Stagnazione economica secolare” (come la chiama eufemisticamente il FMI), al contrario della maggior parte degli economisti, ritengo che l’aver evitato un probabile secondo boom di natalità sia uno dei fattori che più stanno giocando e sempre più giocheranno a favore del “dragone”. Sempre che riescano a gestire decentemente i vent’anni in cui i babyboomers saranno vecchi e sempre che altre crisi non peggiorino bruscamente il quadro economico.
La prossima volta parleremo dell’India.