La Bomba Demografica, prima di essere un modo di dire, fu il titolo di un best-seller dell’ambientalismo prima maniera. Uscito nel 1968, cominciava con questa frase: “La battaglia per nutrire l’intera umanità è persa. Durante gli anni ’70 centinaia di milioni di persone moriranno di fame, qualunque drastico programma venga messo in atto adesso”. E continuava sullo stesso tono.
Fra l’altro, ispirò un famosissimo film di fantascienza: “Soylent Green”, uscito in Italia col titolo “2022: i sopravvissuti”
Il film era bello, ma il pronostico sbagliato. Gli anni ‘70 segnarono anzi la fine delle grandi carestie post-belliche che avevano ucciso non centinaia, ma decine di milioni di persone. Di carestie ce ne furono anche dopo, beninteso, ma assai meno gravi e dovute assai più a questioni politiche ed economiche che ad un’insufficiente produzione agricola mondiale.
Ma Paul Ehrlich, autore del libro, continuò a gufare e nel 1980 si scontrò con Julian L. Simon. Un economista che diceva cose tipo: “Le condizioni di vita umane miglioreranno sempre in tutti campi materiali. Qualunque sia il tasso di crescita della popolazione,
storicamente, la disponibilità di cibo è cresciuta alla stessa velocità, se non di più”.
Ehrlich scommise che fra il 1980 ed il 1990 il prezzo di cromo, rame, nickel, stagno e tungsteno sarebbe aumentato in conseguenza della crescita demografica e, quindi, dei consumi.
Perse. Malgrado l’aumento di quasi 1 miliardo di persone in un solo decennio, il tasso di crescita produttiva fu ancora superiore ed il prezzo delle materie prime (e del cibo) diminuì. Simon vinse la scommessa.
Grande festa e definitiva archiviazione della questione “sovrappopolazione” che, nel frattempo, era diventata molto “politicamente scorretta”. Gli ambientalisti ripiegarono sulla trincea “Il problema sono i consumi e non le persone” e lo spettro del reverendo Malthus fu per l’ennesima volta esorcizzato.
Ma ci sono spettri che hanno la capacità di risaltare fuori ogni volta che si pensa di essersene sbarazzati.
Del resto, nel 1798 il reverendo aveva osservato alcuni semplici dati di fatto.
Il primo era che i poveri avevano l’abitudine di fare più figli di quelli che potevano mantenere. Ne dedusse che, se non si riusciva ad insegnare alla gente a controllare la propria riproduzione, non sarebbe stato possibile sconfiggere la povertà.
Il secondo era che la disponibilità di cibo cresceva più lentamente della popolazione. Ciò creava una situazione da cui si poteva uscire in solo due modi: o una carestia, o un’emigrazione di massa che avrebbe spazzato via i “selvaggi delle Americhe”.
Entrambe le cose accaddero puntualmente e di più ancora. Infatti, la strabordante popolazione europea sommerse non solo gli amerindi, ma travolse anche gli australiani e parecchi popoli dell’Asia centrale, come i Circassi.
Fra un bagno di sangue ed uno di folla, comunque la crisi globale su superata. Nel senso che dopo ci furono un sacco di carestie gravissime, ma nessuna tale da avere conseguenze globali.
Del resto, da sempre la carestie locali hanno rappresentato uno dei metodi più efficaci per superare le crisi di sovrappopolazione. A ben vedere, il fatto che gli europei, invece di crepare a casa propria, abbiano invaso il modo è una parziale anomalia, legata al fatto che hanno avuto i mezzi tecnici per farlo (navi a vapore e armi da fuoco moderne). Prima di noi lo avevano già fatto altri, ad esempio gli Unni, a più riprese. Del resto, anche le migrazioni da massa attuali si verificano perché i paesi-obbiettivo o lo consentono (almeno in parte), o non hanno i mezzi per impedirlo.
Comunque sia, negli anni ’60 il problema si ripropose e stavolta non c’erano continenti vuoti o vuotabili in cui sfogare il surplus di gente. Ehrlich e molti altri ne conclusero che una morìa generale era inevitabile.
Dove hanno sbagliato? Semplice: avevano sottovalutato le potenzialità del petrolio. La “Rivoluzione Verde” consistette infatti nella capillare diffusione di una serie di tecnologie che, in termini energetici, misero gli umani in grado di mangiare petrolio e secondariamente metano. Brutto? Si, ma certamente meno che morire di fame.
Il guaio fu che, non solo accadde esattamente il contrario di quello che aveva detto Ehrlich. Accadde anche esattamente quello che aveva previsto Norman Borlaug che era stato esplicito.
La rivoluzione verde, aveva detto, regalava all’umanità il tempo di una generazione. Se questo tempo non fosse stato impiegato per stabilizzare la popolazione, sarebbe stato un disastro senza precedenti. Ed il tasso di crescita demografica aumentò vertiginosamente, per arrivare probabilmente al picco proprio in questi anni.
Dunque eccoci di nuovo a fare i conti con il fastidioso fantasma del reverendo.
Per ora non sta mancando cibo a livello globale. Anche se il numero di persone denutrite sta aumentando rapidamente, è vero che se ci fossero meno sprechi ed un più efficiente sistema di distribuzione, oltre che meno guerre e disparità, da mangiare per tutti ce ne sarebbe. Ed è anche vero che il tasso di natalità sta declinando dappertutto, lasciando intravedere la possibilità di una stabilizzazione spontanea fra i 9 e i 10 miliardi di persone, verso la metà di questo secolo.
Ma allora perché preoccuparsi?
Per una semplicissima ragione: la popolazione attuale supera già la capacità di carico del pianeta PERLOMENO del 50%, probabilmente molto di più.
Ne è una prova definitiva il fatto che stiamo assistendo ad un’accelerazione vertiginosa di tutti i processi di degrado dell’ecosistema globale. Che vuole anche dire: processi di riduzione della capacità di carico.
Per essere chiari, per vivere stiamo distruggendo molto rapidamente non solo i fondamentali di qualunque possibile economia, ma anche i presupposti per l’esistenza di una vita biologica sulla Terra. Chiaro il concetto?
Per di più, il nostro alimento principale, il petrolio, comincia ad avere dei costi energetici rapidamente crescenti. Cioè ci vuole sempre più petrolio per estrarre e raffinare il petrolio. Il rischio che cominci a scarseggiare di qui a poco è quindi concreto.
Allora la bomba demografica scoppia?
Dipende. Molto, molto indicativamente direi che sono possibili tre scenari-base.
Scenario 1 – Le tendenze attuali in termini di crescita della produttività, crescita demografica e distruzione della Biosfera rimangono sostanzialmente inalterate. I 4 cavalieri non ce li toglie di dosso nessuno. Non sappiamo quando e come, ma arrivano di sicuro.
Scenario 2 – Si trova il sistema di aumentare vertiginosamente la produttività agricola e industriale, pur riducendo drasticamente tutte le forme di inquinamento e, contemporaneamente, si stabilizza la popolazione umana. Insomma quello che avremmo dovuto fare 50 anni fa. Molti dicono che è possibile, ma io sono scettico. Nessuna delle tante tecnologie attualmente in concorso per il salvifico ruolo ha le potenzialità produttive che aveva a suo tempo il petrolio. Non in tempi così brevi, perlomeno. Inoltre rimarrebbero aperte le questioni demografiche e della distruzione della Biosfera che nessuno ci sta spiegando come si pensa di sistemare.
Scenario 3 – Tutte le risorse disponibili vengono investite nella conservazione/recupero delle tre “conditio sine qua non” per l’esistenza di una qualunque civiltà: Fertilità, Acqua e Biodiversità. Si lascia che il tasso di mortalità aumenti in modo non drammatico e, nel frattempo, si spinge il rallentamento della natalità in quelle zone dove è ancora molto alta. Con molta fortuna, prima della metà del secolo la popolazione mondiale potrebbe cominciare a declinare in maniera abbastanza rapida, ma quieta. Senza catastrofi apocalittiche. Se nel frattempo fossimo riusciti a conservare una quota sufficiente di biosfera, gli ecosistemi potrebbero lentamente recuperare, almeno in parte, tendendo ad un qualche tipo di parziale equilibrio. Questo significherebbe la possibilità per i nostri discendenti di costruire nuove civiltà. Senza petrolio è possibile, senza acqua, terra e biodiversità invece no.
Si tratta di una possibilità piuttosto remota, ma a mio giudizio già molto più probabile dello scenario 2, anche se molto meno seducente.
Comunque, secondo voi, a quale di questi tre scenari stanno lavorando i governi e quasi tutte le istituzioni del mondo?
Articolo molto interessante come lo sono sempre i tuoi, Jacopo. Non so quale sia lo scenario più probabile, ma ritengo che dall’analisi manchi uno degli impatti più potenti dell’uso dei combustibili fossili, cioè il cambiamento climatico. Che, a sua volta, è alimentato da una popolazione in crescita, sia in numero che in consumi. Per cui non si tratta soltanto di darci una calmata e di permettere alla biosfera di riprendersi, attraverso una stabilizzazione—>riduzione del nostro numero, purtroppo abbiamo cambiato le condizioni in cui questa biosfera si è formata e non sappiamo se si potrà ristabilire o in che modo questo avverrà. Spero di sbagliarmi, ma temo che il problema della riduzione del nostro numero sia molto più urgente e che si debba intervenire con decisione da subito, prima che il clima impazzisca, che le risorse si esauriscano e che la biosfera non abbia più la capacità di riprendersi (perlomeno nei termini che servono a noi per sopravvivere come specie).
Sono d’accordo con te, ma un’azione efficace sul piano demografico allo stato attuale non potrebbe essere limitata al controllo delle nasc ita (che già viene ostacolato). Dovrebbe agire soprattutto sulla riduzione dell’età media e sulla limitazione dei flussi migratori, due cose che non si possono neppure sussurrare, pena beccarsi del nazista.
Spero nelllo scenario 2 grazie all’eolico di alta quota ossia il progetto dell’ingegnere Massimo Ippolito, il Kitegen, KiteStem, anche se sta tardando.
Abbinato ad una enorme dose di fortuna (quella di un calmarsi spontaneo della esplosione demografica ) potrebbe evitare il crollo generale della civilta’.
Una riduzione non organizzata dell’esplosione demografica potrebbe sperabilmente prodursi a causa delle difficolta’ nel tirare su figli in ambiente urbanizzato per le classi medie e basse, anche in mancanza di campagne di limitazione nascite organizzate.
Probabilita’ secondo me: 25 %
Purtroppo non credo nello scenario nr 3 che presume razionalita’ dell’umanita’ e sforzi ragionevoli e cordinati.
Probabilita’ secondo me: 5 %
Infine, lo scenario piu’ probabile senza le due fortune contemporanee del Kitegen e di una riduzione dell’esplosione demografica grazie all’inurbamento mondiale, sciaguratamente resta il collasso.
Probabilita’ secondo me: 70%
Quel progetto, il kitegen, ammesso che domani sia realizzato il primo prototipo realmente operativo ( qualcosa che produca la potenza massima nominale per un tempo equivalente di almeno 2500-3500 ore/anno) parlo con cognizione di causa)in modo pubblico visibile è verificabile, ha almeno 10-20 anni prima di diventare significativo. Idem per altri ugualmente innovativi. Esiste qui ed ora il fotovoltaico che produce energia ad un costo di circa 2-3centesimi a kWh. Si può costruire su quello integrare al livello intercontinentale, aumentare gli stoccaggi e le tecnologie connesse, il risparmio energetico etc etc. A quel punto avremo coperto il più urgente dei problemi di esaurì,enti ma ne resteranno di fondamentali, ad esempio suolo, acqua, altre materie prime. E, ovvia,ente sovrappopolazione. Ma il vero elefante nella stanza è il collasso finanziario che, precedenti i limiti dello sviluppo, arriverà inesorabile. Il denaro, dopotutto è interamente basato su una scommessa per il futuro. Basata su premesse di crescita infinita. Niente crescita niente denaro ( almeno nella accezione moderna).