Equità e sostenibilità sono sinergiche?

Equità e sostenibilitàUna maggiore equità nella distribuzione dei redditi viene sempre più spesso invocata dai piani basali ed intermedi della piramide sociale.   Con ottime ragioni.   Un simile livello di disparità non si era mai visto nella storia, probabilmente neppure all’epoca dell’impero Han o di quello romano.   Certamente Carlo Magno era un poveraccio rispetto ai fratelli Koch.
Fin qui credo che ci sia poco da aggiungere e, a scanso di equivoci, preciso subito che sono d’accordissimo che sia uno schifo che deve finire.   Il punto che vorrei discutere è però un altro: alcuni (fra cui nientemeno che il papa) sostengono che migliorare l’ equità sociale migliorerebbe anche la situazione ambientale.   Siamo sicuri che sia così?

Redditi e consumi

Il punto principale di chi sostiene la sinergia fra aumento dell’equità e riduzione degli impatti è il fatto (verissimo) che i ricchi consumano molto di più dei poveri.

Dunque, tanto per farsi un’idea di come potrebbe funzionare, immaginiamo di distribuire la metà dei patrimoni dei 50 uomini (e donne) più ricchi del mondo  (1.250 miliardi secondo Forbes) fra il miliardo di persone più povere della Terra.   Farebbero circa 600 dollari a testa, cioè circa il doppio di quello che attualmente guadagnano in un anno intero.   Cosa farebbero?   Ovviamente li spenderebbero per togliersi la fame, curare i malati, vestirsi decentemente, riparare la baracca dove vivono, magari mandare i bambini a scuola.
Tutte cose sacrosante che raddoppierebbero secco il loro impatto ambientale ed imprimerebbero una brusca accelerazione alla crescita demografica.
Viceversa, quando Carlos Slim, che già aveva 69 miliardi, nel 2012 ne ha intascati 4 netti non ha aumentato i suoi consumi e le sue emissioni, semplicemente perché aveva già tutto ciò che è possibile avere e consumava già tutto ciò che si può umanamente consumare.

Per dirla in termini scientifici, la correlazione fra aumento del reddito ed aumento dei consumi non è lineare.   E l’aumento dei consumi è tanto maggiore, quanto più basso è il reddito di partenza.
Ne consegue che aumentare la quota di PIL nei piani bassi favorisce la crescita economica e demografica assai più che non la crescita nei piani alti.    Anzi, si potrebbe addirittura considerare il meccanismo perverso di concentrazione in corso una sorta di reazione immunitaria del sistema “Umanità” alla propria ipertrofia: più la ricchezza si concentra nei piani alti, più l’economia reale affanna e con essa rallentano sia la crescita dei consumi, sia quella demografica.

Equità e sostenibilità nei modelli

limiti dello sviluppo scenario 8Molti non troveranno convincente  il ragionamento, quindi vediamo cosa ci dicono i modelli disponibili che, in qualche misura, prendono in considerazione l’ipotesi di una ridistribuzione dei redditi.
Ad oggi, il più affidabile continua ad essere l’autorevolissimo Word3 che, nell’edizione del 2004 (Limits to Growth: The 30-Year Update) propone, fra gli altri, un scenario in cui si ipotizza che dal 2002 la natalità globale si si stabilizzi sulla media di due figli per coppia e che venga praticata una distribuzione dei prodotti industriali uguale per tutti ad un livello del 10% superiore rispetto alla media globale del 2.000.   Vale a dire molto meno per i ricchi e molto di più per i poveri.
Sorvolando sui dettagli,  è interessante che queste condizioni allungano la fase di picco delle curve di produzione e della popolazione, prolungando il periodo di benessere per una ventina d’anni rispetto a scenari meno egualitari (e più realistici).   Dopodiché avviene comunque un collasso sistemico analogo a quello dello scenario BAU.
Si badi bene che la maggior parte di coloro che reclamano una maggiore equità si guardano bene dal parlare di limitare la popolazione.   Nel libro non viene illustrato lo scenario con ridistribuzione dei beni senza controllo della natalità, ma non ci vuole molto a capire che la popolazione crescerebbe molto rapidamente, mandando in collasso il sistema in quattro e quattr’otto.

Il secondo modello che in qualche modo prende in conto il livello di equità sociale è il popolarissimo HANDY,  il cui successo di pubblico dipende largamente dal fatto che dice cose che fa piacere sentire.
Purtroppo però, sotto il profilo scientifico il modello ha parecchi e vertiginosi buchi.   A cominciare dal fatto che è eccessivamente semplificato, così da delineare scenari del tutto impossibili, come quello in cui i predatori (l’élite) crescono anche dopo che hanno fatto estinguere le prede (la gente comune).   Oppure, ancora più grave, considera la capacità di carico una costante, indipendente dalle altre variabili.  O ancora non considera le fondamentali retroazioni fra sviluppo delle élite, la specializzazione del lavoro, l’aumento della complessità dei sistemi economici, la capacità dei sistemi di dissipare energia, eccetera.
Tuttavia, a parte queste ed altre gravi lacune, il modello ha l’indubbio pregio di inserire l’elemento sociale in questo tipo di modelli.   In attesa di meglio, possiamo penso prendere per buona l’indicazione di larga massima secondo cui livelli moderati di disuguaglianza tendono a rendere più stabili e resilienti le società.   A braccio, direi che un’occhiata alla storia conferma l’ipotesi, a condizione di prendere il termine “moderata disuguaglianza” in senso molto relativo.

Conclusioni.

In sintesi, una parziale ridistribuzione dei redditi avvantaggerebbe primi fra tutti i ricchi, consolidandone il potere.   Le élite del passato che sono rimaste in sella a lungo lo sapevano bene, come lo sapevano Karl Marx e gli anarchici dell’800.
In secondo luogo, favorirebbe i poveri la cui vita migliorerebbe non solo sul piano materiale, ma anche per il ridursi della snervante sensazione di essere quotidianamente defraudati ed ingannati.
Tuttavia sarebbe un miglioramento molto temporaneo.   La crescita dei consumi globali e la crescita demografica che ne deriverebbe si rimangerebbero il vantaggio nel giro al massimo di un paio di decenni, per poi precipitare tutti in un baratro ancora peggiore.  Amen.

A dire il vero una scappatoia ci sarebbe.   Si ridurrebbero sia l’iniquità che gli impatti se si abbassassero i redditi dei ricchi, senza incrementare quelli dei poveri e, contemporaneamente, adottando drastici sistemi di controllo demografico.    Ma questa è l’unica opzione su cui tutti sono d’accordo per essere contro.

4 commenti su “Equità e sostenibilità sono sinergiche?”

  1. Se si abbandonasse la causa diretta della disuguaglianza, ossia l’uso del denaro e si optasse per un’economia basata sulle risorse che includa un rigido controllo delle nascite, vi sarebbe più equità e al tempo stesso meno consumo (mooolto meno) . Nel considerare questi modelli, infatti, è facile scordarsi che gran parte dei consumi, nell’attuale sistema economico, non sono affatto dovuti al soddisfacimento di bisogni reali, tanto meno a quello di necessità fisiologiche. Certo, aumentare il reddito dei più poveri per permettere loro di accedere al consumo delle cosiddette “auto private” sarebbe un disastro, ma nulla vieta, ad esempio, a ricchi e poveri di spostarsi in bici e a piedi o con efficientissime metropolitane di superficie. se l’aumento di reddito servisse a far accedere ai poveri al mercato della carne bovina sono sicuro sarebbe un disastro, ma nulla vieta a ricchi e poveri di fare una dieta più vegetariana e di limitare l’assunzione di carne a quella di insetti d’allevamento. Nulla vieta poi di eliminare fenomeni come l’obsolescenza programmata, il packaging e la propagazione incontrollata di bisogni indotti ed i relativi sovra-consumi indotti. Cioè nulla tranne l’uso del denaro. Se si sostituisse l’uso del denaro con la collaborazione massiva ecco allora che tutto tornerebbe a suo posto e più equità coinciderebbe con più sostenibilità. Difficile ed improbabile? Sì. Impossibile? No di certo. Impossibile è pretendere, sperare e rincorrere una crescita economica infinita con risorse finite. Quello sì è impossibile indipendentemente dal grado di equità sociale con cui lo si tenti di fare! Se però i ragionamenti partissero direttamente dalle risorse anziché dal denaro tutto sarebbe enormemente più semplice e razionale.

  2. Probabilmente ha ragione Alessandro. Come ho detto nelle conclusioni, anche io penso che si possano conciliare equità e sostenibilità, ma a tre condizioni: livellare al ribasso, ridurre/mantenere la natalità a seconda dei paesi, investire sui giovani e sulla Biosfera anziché sui vecchi. Tre cose che nessuno vuole fare: ricchi, poveri e così così. Quello che mi interessava è far vedere che certe dichiarazioni buoniste non solo non portano da nessuna parte, ma meno male! Se fossero realizzate produrrebbero disastri ancora peggiori.

  3. Tema cruciale che meriterebbe ulteriori approfondimenti, soprattutto sul piano concettuale. La società dei consumi sta consumando il mondo, ma i sottoprodotti di questa distruzione sono considerati altamente desiderabili, per quanto effimeri. Stiamo vivendo un’ubriacatura di ricchezza da almeno due secoli, e chi si beccherà i postumi della sbornia saranno le generazioni future. Probabilmente molta dell’enfasi che mettiamo sull’idea di crescita infinita è in gran parte un esorcismo psicologico per evitare di affrontare l’abisso che ci attende.

    1. “Probabilmente molta dell’enfasi che mettiamo sull’idea di crescita infinita è in gran parte un esorcismo psicologico per evitare di affrontare l’abisso che ci attende.”
      Acuta osservazione, concordo pienamente.

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