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Non tutte le sfighe vengono per nuocere

I tre quarti degli edifici realizzati negli ultimi anni sono abusivi? 3/3

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A puro titolo esemplificativo: un centro commerciale appena inaugurato, nel 2021. Sul tetto un impianto fotovoltaico di circa 1.5-2 MWp. Come può bastare al 50% del fabbisogno di questo immenso edificio?

Intanto tra i primi due post e questo, sono uscito con un altro articolo su Italia che cambia, che descrive la cosa in modo ” terzo” qui il link.

Una volta buttato il sasso, analizziamo la cosa, come promesso.

Cominciamo dal Decreto Legislativo 28/2011.

Ma è DAVVERO vigente, con la sua carica ” rivoluzionaria”?

Intanto, ecco qui una sentenza, recentissima, della Corte Costituzionale che ne ribadisce non solo la vigenza ma la subordinazione delle leggi regionali a quanto in esso stabilito.

Nella sentenza, proprio sulla base della vigenza del decreto legislativo 28/2011 vengono annullati una serie di articoli di una legge regionale, che ponevano vincoli rigidi alla realizzazione di impianti eolici su crinali della Regione, un tema delicato.

Ma vi sono ovviamente numerosi riferimenti in rete.

QUESTO è ottimo:

Sintesi: per quanto mi risulta ( peraltro sono in ottima compagnia, come ho esemplificato)

E’ VIGENTE !!!!!

Ecco qui a quali edifici, ancora oggi, si applica il decreto:

  • edifici di nuova costruzione, intesi come nuova realizzazione di immobili dotati di impianto di riscaldamento ma anche come ampliamento di edifici la cui nuova porzione climatizzata avrà un volume superiore del 15% della porzione preesistente;
  • edifici sottoposti a ristrutturazione rilevante, intesi come immobili esistenti aventi superficie utile superiore a 1000 metri quadrati, soggetti a ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l’involucro oppure edifici esistenti soggetti a demolizione e ricostruzione anche in manutenzione straordinaria.

Come si vede: la cosa RIGUARDA PRATICAMENTE TUTTI GLI EDIFICI CON SUPERFICIE SUPERIORE A 1000 METRI QUADRI.

Ovvero praticamente tutti i condomini che abbiano più di una quindicina di appartamenti, che stanno usufruendo, hanno usufruito o vorrebbero usufruire dell’ecobonus.

In pratica, escluse le case singole, le casette a schiera e i piccoli condomini, probabilmente oltre i due terzi degli interventi, come importi dei lavori!!

A parte questo, ricordo che il dlgs NON fa differenza tra edifici residenziali ed altri edifici:

Art. 11. Obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti I progetti di edifici di nuova costruzione ed i progetti di ristrutturazioni rilevanti degli edifici esistenti prevedono l’utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento….

Visto? EDIFICI, non edifici residenziali. TUTTI gli edifici, compresi centri commerciali, uffici, industrie…

Ma quanto è grande il problema? Rispondere richiederebbe una analisi complessa che esorbita dalle forze di un blogger, sia pure volenteroso, ma almeno un ordine di grandezza potremmo riuscire ad ottenerlo:

Qui i dati relativi all’edificato in Italia:http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCSC_PERM_RAP1

Limitiamoci al 2019.

12 milioni 566 metri quadri di nuovi edifici non residenziali e

4 milioni 860 metri quadri di edifici residenziali nuovi.

Nel 2019 quanto può valere coprire i fabbisogni energetici indicati dal dlgs 28/2011? Poniamo una classificazione energetica di tipo C, che è CERTAMENTE ottimistica, considerando centri commerciali, capannoni etc etc ed abbiamo i seguenti valori:

Classe energetica c: tra 51 e 70 kWh/Mq/anno.

Prendiamo il valor medio, 60kWh/Mq/anno.

Un impianto fotovoltaico medio, per coprire il 50% di questo fabbisogno ha bisogno di circa 25 Wp, 0,025 kWh installati.

Quindi ci attendiamo, per coprire il 50% dei fabbisogni energetici, che per il residenziale siano stati installati, ALMENO

0,025*4860000= 121,5 MWp.

Per gli altri edifici, per i quali, l’assunzione della classe C è ottimistica, abbiamo 314 MWp.

Il totale che avrebbe dovuto essere obbligatoriamente installato è di 435,5 MWp.

Questi sono quelli che riguardano solo gli edifici NUOVI. Come abbiamo visto, dovremmo includere le ricostruzioni e le ristrutturazioni rilevanti, per cui il valore che ci si dovrebbe attendere è almeno il doppio, se non il triplo, di questo.

Circa un GWp, ad essere ottimisti. MOLTO ottimisti.

Il Dlgs 28/2011, nell’allegato 3 indica come calcolare la potenza da installare per rispettare quanto stabilito nell’articolo 11: va installata una potenza in kWp pari ad 1/50esimo della superficie al piano terreno dell’immobile. Se abbiamo una ristrtturazione rilevante su un edificio di 1000 metri quadri, potenza minima da installare è di 20 kWp. Secondo i miei calcoli, classe C era di 25 kWp, non siamo lontani!!.

In pratica il decreto ha di fatto immaginato che le nuove costruzioni e le ristrutturazioni rilevanti siano ALMENO in classe B.

Ma torniamo a noi.

Andiamo a vedere il consuntivo degli impianti fotovoltaici installati nel 2019 visibile qui:

Fotovoltaico  installato nel 2019: numero impianti, potenza e produzione
Fotovoltaico installato nel 2019: numero impianti, potenza e produzione

impianti da 0 a 3kWp: 44 MWp

da 3 a 20 kWp: 230 MWp

Da 20 a 200 KWp: 159 Mwp

da 200 a 1000 kWp: 91 MWp

da 1000 a 5000 kWp: 19 MWp

sopra i 5000KWp: 216 MWp

Il totale degli impianti installati in Italia nel 2019 è di 857 MWp.

SE tutte le ristrutturazioni e SE tutti gli edifici nuovi ricadono, mediamente, nella classe energetica C ( piuttosto opinabile, anzi: impossibile, considerando i capannoni industriali), come visto, dovremmo aspettarci OTTIMISTICAMENTE circa 1 GWp, 1000 MWp.

OVVIAMENTE non tutti gli impianti sono stati installati su tetti,e/o asserviti ad edifici, ovviamente NON tutti gli impianti sono stati installati su edifici superiori a 1000 Mq che realizzavano un cappotto o su tutti gli edifici di nuova costruzione e/o ricostruzione. Difficile senza una analisi puntuale ed approfondita, poter valutare quale sia la percentuale di impianti riferibili all’applicazione del Dlgs 28/2011, ma diciamo che mi stupirei se fosse superiore al 40% del totale installato.

Ovvero circa 360 MWp, un terzo di quelli attesi.

Se ci restringiamo agli edifici residenziali, per il quale si applica il cosidetto Ecobonus e quindi la questione, specie nelle zone dove esistono vincoli e limitazioni nei regolamenti comunali, è scottante, dobbiamo prendere in considerazione solo gli impianti più piccoli, quelli da 0 a 3 kWp e da 3 a 20 kWp. Questo perchè un impianto da 20 kWp occupa già circa 150 metri quadrati quindi è piuttosto vicino al limite tipicamente installabile sopra un condominio o negli spazi limitrofi.

La somma di questi impianti è di 274 MWp, quindi ragionevolmente superiore alle necessità DEL NUOVO. Se invece consideriamo le ristrutturazioni rilevanti, i cappotti condominiali, le ricostruzioni etc etc, dobbiamo più che raddoppiare il valore calcolato e il nuovo fabbisogno diventa 300 MWp.

OVVIAMENTE; molti impianti sono stati installati in situazioni che NON rientrano nelle fattispecie previste dal dlgs 28/2011, praticamente tutti quelli installati su edifici esistenti di superficie inferiore a 1000 metri quadri, oltre a molti altri installati senza la contemporanea realizzazione di un cappotto, sugli edifici più grandi.

E’ quindi probabile che il valore di 274 MW vada decurtato severamente,

per esempio, ottimisticamente, dimezzandolo.

Ecco che abbiamo un installato che ricade nell’ambito di applicazione del dlgs 28/2011 probabilmente non superiore a 130 MWp.

Rispetto ad esigenze, valutate in modo ottimistico, di almeno 300 MWp, nuovamente quasi il triplo di quanto effettivamente installato.

Complessivamente, se la stima è corretta, probabilmente è errata per difetto, mancano all’appello ALMENO 500 MWp di fotovoltaico, solo, nel 2019.

Secondo i MIEI conti, che cercano di rispettare la sostanza del Dlgs. Rispettando invece quanto indicato nell’allegato 3, considerando quanti sono gli edifci multipiano, probabilmente l’ammanco viene (legalmente ma scorrettamente!!!) decurtato. Forse dimezzato.

Tutti i valori sopra indicati sono ovviamente grossolani, opinabili, provvisori, servono solo ad individuare la dimensione della questione: centinaia di MWp non installati che invece avrebbero dovuto essere installati di legge, solo nel 2019.

Vi sono pochi dubbi che la cosa si sia ripetuta, anno dopo anno, dall’inizio.

Per ogni anno trascorso dal 2011 al 2021.

Si tratta, di GWp non installati, che dovevano ed ancora dovrebbero essere installati, per evitare la diretta conseguenza del mancato rispetto del DLGS 28/2011:

“L’inosservanza dell’obbligo di cui al comma 1 comporta il diniego del rilascio del titolo edilizio.

Ovvero: tutti i titoli rilasciati ad edifici che non ottemperano a quanto previsto dal decreto, SONO NULLI.

Dal 2011 sono state realizzate oltre mezzo milione di nuove abitazioni.

Limitandoci a queste: quante decine o centinaia di migliaia sono, di fatto, abusive?

Quanti edifici di uffici?

Quanti centri commerciali?

Quanti edifici industriali?

E’ una questione enorme, che richiede di essere, dopo opportune verifiche, affrontata immediatamente.

Perchè il super ecobonus, che pure ha svariati commi in contrasto con il dlgs 28/2011 e quindi andrebbe rivisto in accordo, indica chiaramente la necessità di una totale conformità alle normi vigenti degli edifici a cui si intende applicare l’ecobonus o il sismabonus .

Laddove quindi, prevalentemente nel caso di condomini, si superino i 1000 metri quadrati di superficie utile lorda, SE si vuole realizzare gli interventi previsti dal superecobonus, è OBBLIGATORIO raggiungere ALMENO il 50% dei fabbisogni energetici del condominio ed i regolamenti comunali o le leggi regionali nulla possono ai fini del raggiungimento di questo obbiettivo. OVVERO, se vi è contrasto con i regolamenti comunali, questi possono ed anzi DEVONO essere disapplicati.

In pratica, questa è una nuova norma TRAINANTE e come tale DEVE essere indicata nella nuova versione del supercobonus.

E per il pregresso? per le centinaia di migliaia di edifici che di fatto hanno gravi problemi di conformità urbanistica, quando va bene, a causa del mancato rispetto del decreto?

E’ evidente che non ha senso criminalizzare milioni di cittadini e professionisti ed amministratori, spesso inconsapevoli. Sembra più sensato consentire interventi in deroga, con qualche limite nel caso di manifesta impossibilità materiale ( industrie energivore, condomini senza superfici sufficienti etc etc). Anche in questi casi comunque si deve indicare l’obbligo di raggiungere il massimo dell’energia e dell’installato concretamente ottenibile.

Piuttosto che realizzare un nuovo strumento normativo, conviene integrare queste casistiche all’interno del prossimo decreto di revisione del superecobonus, che già prevede eccezioni all’applicazione della regola di attività trainanti e trainate ( per le zone terremotate, ad esempio)

Vogliamo cambiare il mondo? Dimostriamo di voler fare sul serio.

Di fatto, DA SOLA, la necessità di ottemperare al dlgs 28/2011, potrebbe quasi raddoppiare l’installato previsto da qui al 2025 nel PNRR.

Scusate se è poco.

I tre quarti degli edifici realizzati negli ultimi dieci anni sono abusivi? 2/3

una delle vincitrici del concorso cubo d’oro, per le migliori casaclima del 2018. Quante delle nuove realizzazioni del 2019 sono così?

Nella precedente puntata avevamo visto che esiste un negletto articolo di un quasi negletto Decreto legislativo, il dlgs 28/2011, che imporrebbe di ricavare almeno il 50% del fabbisogno energetico di un edifcio di nuova costruzione o soggetto a risttrurazione rilevante da fonti rinnovabili.

Nel 99% dei casi, pannelli fotovoltaici. Di fatto miriadi di norme locali, comunali e regionali confliggono regolarmente con questo articolo rendendolo inoperante.

Per quanto possa sembrare strano che una disposizione di legge cosi importante per il futuro delle rinnovabili sia stata bellamente ignorata o quasi, ho potuto verificare che invece è ancora vigente: l’articolo 11 del dlgs 28/2011 è ancora vivo, operativo, tassativo, come vedremo in seguito, nella terza puntata, dedicata alle verifiche.
Il punto dolente o cogente non sono tanto o solo gli edifici tutelati o in zone vincolate dalle norme di tutela del patrimonio artistico e paesaggistico,  ma la molto piu’ ampia famiglia degli edifici in zone dove i regolamenti urbanistici ed edilizi vietano, di fatto, i pannelli fotovoltaici sul tetto o sul terreno, o pongono norme così stringenti da non renderli concretamente, installabili. Nel caso di Firenze per esempio, questo si verifica in un’ampia zona grossomodo corrispondente alla citta’ antica, ottocentesca e della prima metà’ del novecento, oltre un terzo del territorio edificato comunale, con residui vincoli pesanti anche nella altre zone.

Eco qui cosa si prescrive nel regolamento urbanistico, per tutto il territorio comunale:

Come vedete, è quasi impossibile adempiere a queste norme e contemporaneamente a quanto richiesto dall’Articolo 11 del Dlgs 28/2011

Nelle zone di collina, vigono ulteriori vincoli di tipo paesaggistico, che vietano l’installazione anche su edificato recente. Quindi la responsabilita’ non e’ tanto o solo, della Soprintentendenza, che si occupa dei vincoli, ma dei singoli comuni che avendo 180 giorni nel 2011, dieci anni fa, per adeguarsi non l’hanno fatto o, in non pochi casi, si sono adeguati a…gambero, cioè creando vincoli, prima non esistenti, per l’installazione. Come ho scritto, la battaglia, che sembrerebbe importante ma puramente normativa, diventa mostruosamente vitale, perché’ di fatto il non aver adempiuto al “famigerato” articolo 11 rende all’improvviso illeciti probabilmente decine di migliaia di permessi a costruire in tutto il paese ed il fenomeno potrebbe essere ancora piu’ grave di cosi’ e poi peggiorare ulteriormente, via via che le nuove costruzioni, le ricostruzioni e le ristrutturazioni rilevanti realizzate utilizzando il super ecobonus aumentano.

Infatti il superercobonus prevede una serie di rigorosi adempimenti, asseverazioni, ex ante ed ex post ed ovviamente il credito di imposta viene riconosciuto a condizione di una prefetta conformità dell’immobile interessato. Prima e dopo l’intervento. Ma, abbiamo visto in non pochi casi non è consentito dai regolamenti comunali o dai vincoli paesaggistici o da quelli dei beni culturali, installar epannelli fotovoltaici sul tetto.

In questo caso la conformità ex post non è possibile e quindi i crediti di imposta non sono richiedibili.

Si creano premesse per migliaia di dolorosi contenziosi, e la richiesta, magari dipo anni di restituire i crediti di imposta illecitamente ottenuti, non affrontando questa situazione!

Insomma: si rischia una catastrofe.

Ma, come diceva, il Merovingio in Matrix, dove gli altri vedono rischi, io vedo opportunità o, al massimo, costi.

Intravedo infatti un’opportunità’ importante, proprio con l’ecobonus. 

ECCO LA MIA PROPOSTA
in occasione delle varie norme di revisione e semplificatorie del Superercobonus, ricordata la necessità, per tutti gli attori, del rispetto del dlgs 28, alla lettera, si potrebbe prevedere un particolare capitolo IN SANATORIA. 

In esso, in deroga al concetto di intervento trainante o trainato, si prevede che il fotovoltaico e gli altri interventi necessari a rendere conforme alla norma imposta dal Dlgs 28 2011 un dato edificio, ristrutturato in forma rilevante o costruito o ricostruito successivamente al 2011 e relativi interventi necessari, siano effettuabili anche senza altri interventi trainanti. 

Insomma: il fotovoltaico , SOLO IN QUESTI CASI rigorosamente definiti, sarebbe un “intervento trainante”….per se stesso (gli altri interventi trainati come noto, sono tali perchè devono attendere un intervento trainante ordinario per essere sbloccabili)
I fondi stanziabili ci sono, si tratta “solo” di aggiungere un capitolo di spesa ad un settore che ha gia’ finanziamenti pesanti previsti, confermati e confermandi fino almeno al dicembre 2023.
Esistono gia’ canali privilegiati ed eccezioni previsti dall’attuale  super sismabonus, previsti nelle zone terremotate: Si tratterebbe di inserire, verificata la correttezza di quanto da me qui riportato, anche questa nuova fattisipecie, limitataemnte agli edifici che rientrano nella categoria e, per ora, limitataemtne agli edifici residenziali.

Che, ricordo sono solo una piccola parte di quelli a cui l’articolo 11 si applica, ovvero TUTTI gli edifici dinuova costruzione o rilvante ristrtturazione.

SE avessi ragione, risolveremo un problema potenzialmente ENORME, una bomba in attesa di esplodere, per le amministrazioni e per i cittadini.Il decreto legislativo non lascia in apparenza spazio ad equivoci:

L’inosservanza dell’obbligo di cui al comma 1 comporta il diniego del rilascio del titolo edilizio.

Ne consegue che il rilascio di tali titoli, in inosservanza dell’ obbligo di installazione di impianti fotovoltaici in misura sufficiente, ha valore NULLO ed e’ per lo meno un illecito amministrativo se non qualcosa di piu’ grave.

Ne il cittadino, malcapitato, può scaricare la responsabilità’ sull’amministrazione autorizzante, perché l’obbligo del rispetto di legge cade sulle spalle di ambedue gli attori, in egual misura: ignorantia legis non excusat.

Senza contare naturalmente il progettista dell’opera, che avrebbe la sua quota di responsabilità’…

Insomma, SE solleviamo il can can, e DOBBIAMO farlo, se vogliamo davvero dare un futuro rinnovabile e sotenibile al nostro paese, dobbiamo anche immediatamente sedarlo, dando un termine per la messa in regola ed i finanziamenti per farlo, oltre una diffida urbi et orbi ad adempiere fedelmente, salvo rari e sporadici casi, da dimostrare uno per uno, per le opere future.

Nella prossima ed ultima parte, cercherò di dare una risposta ad un paio di questioni fondamentali, già ricorse tra le righe, in queste due prime parti:

  1. il DLGS 28/2011 e il suo articolo 11, SONO VIGENTI e vincolanti?
  2. Quale è la dimensione del problema?

I tre quarti degli edifici realizzati negli ultimi dieci anni potrebbero abusivi. E questa e’ una buona notizia. 1/3

Il rendering del nostro villino. Ed i pannelli?

Ok: la prendo un poco lunga, ve lo dico subito.

In occasione della presentazione di un progetto di integrale ricostruzione di un villino anni ’70 lesionato, utilizzando sia il cosidetto Supersismabonus che il sempre cosidetto superecobonus, mi sono fatto una certa cultura in merito alle normative locali e nazionali che riguardavano la questione.

Dopo un lavoro di studio e preparazione non breve, siamo riusciti a tirare fuori un progettino che pare rispettare tutte le norme edilizie urbanistiche etc etc etc ed essere anche gradevole nel processo. De gustibus…. ma lo vedete come immagine di questo post.

OVVIAMENTE il nuovo villino verrà realizzato in classe energetica A4: Basterà l’equivalente di un litro e mezzo di petrolio al metro quadro, all’anno, come energia, per le esigenze energetiche della casa. Considerando il seminterrato e la soffitta nel conteggio dei metri quadri, arriviamo a circa 1000kWh come fabbisogno energetico per le esigenze di raffrescamento/riscaldamento/acqua termica sanitaria.

A questi si aggiungono circa altrettanti kWh pecome consumi elettrici per le utenze casalinghe e la cucina ( fuochi ad induzione, ovviamente).

Ovviamente, coibentazione di primo livello, impianti di ultima generazione. OVVIAMENTE fotovoltaico.

Ovviamente?

Forse.

Perchè siamo in zona sottoposta al vincolo paesaggistico.

Perchè il Comune ha stabilito che, comunque, i pannelli dell’impianto fotovoltaico devono essere ad un metro dal colmo, ad un metro dalla linea di gronda, ad un metro dai limiti laterali della falda… Ma noi abbiamo falde di poco più di due metri e quindi i pannelli nello spazio consentito non c’entrano!

In sostanza, a leggere il combinato disposto dei vincoli, delle norme dei regolamenti comunali e confrontarle con le dimensioni dell’edificio, sembrerebbe che non sia possibile installare pannelli fotovoltaici.

Fino a qui sembrerebbe una normale questione di quelle che capitano a tutti. Ma la circostanza di dover giustificare ex lege che avevamo non solo il diritto ma il dovere di installare i suddetti pannelli ( e di metterli praticamente su tutta la falda di sud est, quella che si vede a sinistra nella foto) mi ha portato a riesumare un noto quanto negletto decreto legislativo di dieci anni fa il Decreto legislativo 28/2011 Articolo 11.

Quel che ho letto mi ha fatto scoperchiare un calderone che ho riassunto, come prima parte, in un articolo che trovate pubblicato su ecquologia

Qui sotto lo riporto, rimandando alla seconda puntata per un approfondimento sulla dimensione della cosa.

Dlgs 28 2011, regolamenti comunali e fotovoltaico: assoluta necessità di una conferma

Un importante limite all’effettivo dispiegamento di tutto il potenziale del Superbonus è costituito dai regolamenti Comunali. Parlo per esperienza diretta della citta in cui vivo, Firenze, ma credo che il problema sia MOLTO diffuso. Vi sono intere aree urbane, spesso ben al di là del centro storico, dove di fatto non è consentito il fotovoltaico sui tetti. Questo, ovviamente, comporta e comporterà’ un forte rallentamento nell’installazione.

Molti Comuni, il mio tra i tanti, sono stati ondivaghi negli anni: quando il mio ex Sindaco era giovane e desideroso di raccogliere consensi “alla moda” attuò modifiche che permettevano, di principio, di installare praticamente ovunque, anche sui tetti di edifici a torre medioevali. Cosa successa, sia pure in un limitato numero di casi. “Crescendo” politicamente, diventò ovviamente più attento sia agli interesse delle varie lobbies contrapposte sia, banalmente al disinteresse dell’opinione pubblica, quando non ostilità’, ben fomentata, come sappiamo, da una campagna mediatica ai tempi martellante (2015 e successivi). Molti regolamenti sono figli di quegli anni ed ancora non sono stati adeguati a quello che potremmo chiamare, un rinascimento delle energie rinnovabili, se non fosse parola tragicamente svalorizzata da usi inopportuni, come quello fatto di recente, dal mio sempre troppo citato ex sindaco.

Eppure, almeno per gli edifici di nuova costruzione e per le integrali ricostruzioni, il Decreto Legislativo 28/2011 – Fonti rinnovabili e certificazione energetica parla chiaro e non lascia spazio ad equivoci o successivi decreti attuativi, per la sua implementazione: su questi edifici, nuova costruzione ed integrale ricostruzione, è OBBLIGATORIO, senza eccezioni, raggiungere una quota di almeno il 50 per cento di energia da fonti rinnovabili. I regolamenti comunali qualora non adeguati (nel termine di 180 giorni!) e in conflitto con questa norma sono superati.

Ecco il testo, VIGENTE, articolo 11 del suddetto decreto legislativo 28 2011

I progetti di edifici di nuova costruzione ed i progetti di ristrutturazioni rilevanti degli edifici esistenti prevedono l’utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento secondo i principi minimi di integrazione e le decorrenze di cui all’allegato 3. Nelle zone A del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, le soglie percentuali di cui all’Allegato 3 sono ridotte del 50 per cento. Le leggi regionali possono stabilire incrementi dei valori di cui all’allegato 3. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano agli edifici di cui alla Parte seconda e all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, e a quelli specificamente individuati come tali negli strumenti urbanistici, qualora il progettista evidenzi che il rispetto delle prescrizioni implica un’alterazione incompatibile con il loro carattere o aspetto, con particolare riferimento ai caratteri storici e artistici. L’inosservanza dell’obbligo di cui al comma 1 comporta il diniego del rilascio del titolo edilizio.

Art. 11. Obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti

Come si vede nel sottolineato in neretto, perfino nel caso di ristrutturazioni rilevanti su edifici STORICI e notificati, l’obbligo persiste, l’onere della prova di non realizzabilità ricadendo sul progettista. Non solo, l’ultima riga evidenzia una cosa CLAMOROSA: “L’inosservanza dell’obbligo di cui all’articolo 1 COMPORTA IL DINIEGO DEL RILASCIO DEL TITOLO EDILIZIO”

Sappiamo bene che decine di migliaia di edifici sono stati edificati in questi anni, MOLTE decine di migliaia sono stati integralmente ristrutturati. Ma sappiamo che di questi, per i regolamenti comunali citati, solo una percentuale non particolarmente rilevante ha adempiuto all’obbligo. PURE i titoli edilizi sono stati rilasciati. Titoli, a tutti gli effetti, senza possibilità’ di equivoco, NULLI. Rilasciati ma non rilasciabili.

Questo assume ancora più rilevanza, veniamo al quotidiano, OGGI, in periodo di Superbonus. Infatti molti interventi, eventualmente unenti sismabonus ed ecobonus, ricadenti nelle aree dove non è consentito il fotovoltaico, oppure è consentito con vincoli tali da renderlo non realizzabile (ad esempio distanze dal colmo del tetto , dalla linea di gronda, dai limiti dell’edificio superiori a quelli disponibili per il montaggio dei pannelli) rientrano nella categoria delle “ristrutturazioni rilevanti”.

La tentazione, all’analisi dei regolamenti, di progettista e proprietario sarà come è finora stata, quella di non intentare una guerra solitaria con le normative comunali ma di accettare di adempiere, non installando. Il risultato, come enunciato, è che tutti gli edifici così realizzati o ristrutturati NON sono conformi alla legge ed i titoli rilasciati hanno valore nullo. Questo, di per sé grave, è addirittura esiziale nel caso degli interventi realizzati secondo le regole del superecobonus o sismabonus. In caso di controllo infatti, non essendovi le conformità’ richieste dalla legge al momento della richiesta ed eventuale cessione del credito, il credito viene cancellato, salvo maggiori e più gravi conseguenze legali e penali.

INSOMMA: tra le norme di adeguamento in studio dovrebbe essere inserito un paragrafo che ricorda la rigorosa applicabilità dell’articolo 11 del dlgs 28 2011, a prescindere ed al di sopra delle norme locali, sia per consentire una più rapida ed agevole installazione di impianti fotovoltaici, sia per evitare letali moli di contenzioso ex post, tra un paio di anni quando, ragionevolmente scatteranno i controlli di conformità.

Sembra strano che in un decreto ministeriale o legislativo si debba ricordare l’applicabilità di una legge vigente. Nei fatti, non solo è necessario, ma vitale.

Mi scuso per la lungaggine e, eventualmente, per gli addetti ai lavori, per aver evidenziato qualcosa di ovvio.

Pietro Cambi

Arriva la variante tedesca del Covid? Non fate l’onda

Variante inglese, variante tedesca… Altan le ha dette tutte. E meglio.

“Questa non e’ la fine. Non e’ nemmeno l’inizio della fine. Ma e’ forse la fine dell’inizio.

Questa frase di Winston Churchill, pronunciata in occasione della vittoria di El Alamein, si attaglia bene ai tempi presenti.

Il tam tam mediatico sui vaccini, che spesso trascura e/o minimizza gli effetti collaterali e l’aspetto ancora sperimentale degli stessi, criminalizzando i pochissimi medici che anche solo osano esprimere preferenze o perplessita’ non ci dovrebbe far dimenticare una cosa fondamentale: dati i tempi previsti di distribuzione, Ci vorranno almeno sei mesi perche’ si possa cominciare a vedere una protezione significativa per la popolazione. Tutti quelli che hanno meno di sessanta anni dovranno aspettare fino all’estate o anche dopo, per vedere arrivare il loro turno. fino a quel momento quindi, la pandemia continuera’ a fare il suo corso no particolarmente frenata dai pochissimi vaccinati.

Quale sara’ questo corso?

In molti paesi, grazie a varie e variabili forme di lock down, duro, morbido, duro ma con il cuore tenero, tenerone, molliccio, trasparente, etereo, si e’ assistito, fino a poche settimane fa ad un calo dei casi attestati, con una ripresa dei casi nelle ultime settimane che e’ stata per lo piu’ inizialmente imputata alla transizione a regimi meno severi, via via che l;emergenza scemava e le necessita’ economiche premevano.

Questo fino a poche settimane fa, appunto.

Poi e’ arrivata la notizia di una variante inglese che pare molto piu’ aggressiva dal punto di vista del contagio, con un raddoppio dei casi inglesi ed un progressivo aumento dei morti giornalieri. Analoga ripresa si e’ visto in altri paesi e, con la consapevolezza dei crescenti strappi alla regola, si e’ cercato di porre un freno con le misure natalizie ( lock down con crosta dura ma cuore tenero”all’amatriciana”). Si parla, ormai apertamente e con una certa preoccupazione di terza ondata. Che, sappiamo bene, ci coglierebbe, quando stiamo gia’ nuotando in un bel mare di ca**a. In questo contesto il grido: non fate l’onda ha una valenza che di ironico non ha quasi nulla.

Ma come stanno le cose, DAVVERO?

Guardiamo insieme: ecco l’Inghilterra:

Come vedete, dato il tipico ritardo di circa due settimane tra casi accertati e relativa mortalita’, il recente aumento dei casi giornalieri, da circa 20.000 a circa 40.000 non si e’ ancora tradotto in un analogo aumento dei morti . Purtroppo, tenuto conto che il dimezzamento dei casi tra inizio e fine novembre si e’ tradotto in un calo solo marginale e non proporzionale dei morti, si puo’essere quasi certi che i morti giornalieri aumenteranno rapidamente superando i numeri di Aprile.

Quindi questa variante inglese in cosa sembra essere diversa?

Ne sappiamo poco e i media si limitano a dirci che sembra che sia piu’ contagiosa ma non piu’ letale di quelle precedenti.

Ma e’ proprio cosi’?

Vediamo.

Che i casi stiano aumentando, e’ un dato di fatto.

Che questo aumento sia dovuto non a comportamenti mutati ma a maggiore contagiosita’ e’ certamente possibile.

Ma sulla letalita’, purtroppo ci sono indizi che stia aumentando. Bastera’ vedere il citato periodo tra inizio e fine novembre: casi dimezzati, mortalita’ appena diminuita.

Un fenomeno del genere, che sembra indicare che la mortalita’ stia aumentando e’ visibile in forme piu’ o meno sfumate, in altri paesi, compreso il nostro.

Ma vi sono due paesi, la Germania e l’Austria dove questo improvviso disaccoppiamento tra positivi accertati e conseguente mortalita’ e’ autoevidente.

Sara’ un caso ma praticamente nessuno, per ora, ha evidenziato questa anomalia statistica della situazione tedesca.

Nessuno tranne Crisis, naturalmente…

Ecco la Germania:

Vedete?

Per un mese i casi accertati sono rimasti stabili, ad un livello medio basso rispetto ai vicini. Ma i morti sono continuati ad aumentare rapidamente. Intorno all’ 8 di Dicembre i casi hanno ricominciato ad aumentare e a quel punto la Cancelliera, con la voce rotta dal pianto, ha annunciato un lock down deciso e pesante.

Il risultato del lock down gia’ si vede nel numero dei casi, che sta cominciando a calare. Ovviamente, i morti che gia’ aumentavano quando i casi erano stabili, hanno subito un balzo violento superando, ieri, i 1200 morti. Un valore altissimo, inusitato per un paese che della distinzione tra morti DI e CON covid aveva fatto un elemento di distinzione per evitare eccessi ed allarmismi.

1200 morti, sui circa 25000 casi registrati due settimane fa, sono un valore altissimo in assoluto e forse cinque volte quelli registrati in precedenza, fino a un mese e mezzo fa in Germania.

La Germania e’ passata da essere il paese con meno morti in rapporto ai casi positivi (grazie ad una preposizione semplice al posto di un’altra) alla mortalita’ piu’ elevata, in Europa.

L’Austria?

La situazione e’ ancora piu’ evidente: i casi sono calati di oltre tre quarti mentre le morti si sono mantenute quasi costanti.

Un capovolgimento che ha sicuramente piu’ di una possible spiegazione ma che non puo’ non richiedere, fra le varie, piu’ o meno plausibili, di privilegiare quella meno rassicurante: si sta diffondendo una variante seriamente letale di cui ancora si preferisce non parlare, per ovvi motivi.

Il panico a stento trattenuto dalla Cancelliera, i dati qui sopra mostrati, la clamorosa decisione della Germania di bypassare l’accordo europeo che l’aveva vista massimo sponsor di una distribuzione equa e di accordi comuni con le case farmaceutiche, un voltafaccia che per un paese come la Germania non ha precedenti, indicano una cosa sola: che in quei paesi la situazione e’ grave, gravissima e che questa gravita’, per ora, non ha ricevuto una spiegazione ufficiale.

Il che non vuol dire che le istituzioni di quei paesi non sappiano quale e’ l’origine dell’esplosione della mortalita’.

Vuol solo dire che non ritengono sia il caso, per ora, di divulgarla.

A che serve? Beh, non dovrei ricordarvelo qui: siamo animali adattabili. Dato un tempo sufficiente, siano in grado di digerire notizie che emerse all’ improvviso scatenerebbero il panico. Una due settimane possono permettere di accettare l’inaccettabile. Lo sapremo presto, se mi sono sognato tutto. Quanto presto?

Due tre settimane. Nel frattempo, possiamo sperare che le misure prese permettano di non fare l’onda.

Ma potremmo, piu; saggiamente abituarci al’idea che fino ad ora abbiamo visto solo un lunghissimo prologo… Alcune misure, ad esempio il gia’ annunciato posticipo a Febbraio della riapertura degli impianti sciistici, non torvano fondamento nei numeri attuali. Ne hanno e parecchio, se le previsioni per Gennaio scontano gia’ l’arrivo della terza ondata…

Il Virus, il gregge, l’economia

Hermes, Dio del commercio, Asclepio e le tre figlie Igea, Panacea e Meditrina
Hermes, Dio del commercio, Asclepio e le tre figlie Igea, Panacea e Meditrina

Guardate questo disegno raffigura un antico bassorilievo.

Al centro si impone Asclepio ( Dio della medicina ).

A destra le sue figlie:

  • Igea (della della moderazione e della prevenzione);
  • Panacea (dea dell’uso delle piante magiche e medicamentose);
  • Meditrina (dea preservatrice della salute).

Sulla sinistra si mostrano Ermes e il suo caduceo (verga con serpenti gemelli intrecciati).

Il dio della guarigione guarda con sdegno e disprezzo Ermes, dio dei ladri, dei mercanti e del commercio.

Parliamoci chiaro: il tentativo, fatto da Merkel e Johnson, di ritardare la presa di coscienza nazionale della necessità di andare in lockdown come l’Italia,  non è certo ispirato da Asclepio.

Il punto è che nemmeno Mercurio, dopo tutto, ha motivo di essere contento.

Il motivo,a distanza di alcuni giorni dalle ultime dichiarazioni dei due, ( ci aspettiamo dal 60 al 70% di infettati, preparatevi a perdere un vostro caro, cose così) è chiaro. L’immunità di gregge si ottiene al presso di centinaia di migliaia di morti, in alcuni mesi. Nel frattempo l’economia è comunque congelata, nessuno compra nulla, e le aziende chiudono una dopo l’altra.

C’è stato un momento, una settimana fa,  in cui il mondo ha rischiato di contare, per davvero le decine o centinaia di milioni di morti, sacrificati sull’altare del Dio, in un sacrificio umano collettivo senza eguale nella pur truce storia dei riti del genere. Ma un piccolo paese, noto a tutti, caro a tutti, nonostante tutto, nonostante l’innato masochismo dei suoi cittadini, ha dato un esempio che non poteva essere ignorato: l’economia è importante, ma la vita dei cittadini, la solidarietà nei momenti di sciagura, sono più forti e più importanti.

Ha chiuso tutto, ha fermato tutto.

Ha fatto una scelta, coraggiosa, perché è un paese indebitato, con una economia schiacciata dalla malversazione, dalla scarsa visione strategica dei suoi imprenditori e dei suoi governanti e dagli interessi dei suoi vicini nel tenerlo perennemente sotto schiaffo, mantenendo artificiosamente elevati i tassi dei suoi buoni del tesoro. Quel piccolo paese, dapprima irriso ( si sa i suoi abitanti sono dei mammoni, familisti etc etc) è stato, sotto la spinta popolare mondiale, seguito da tutti gli altri.

Ha vinto Asclepio.

L’immunità di gregge, sarà quella generata dall’effetto gregge politico: una volta che un esempio che difende la vita delle persone rispetto ai conti correnti degli investitori viene reso noto, in un momento di elevatissima sensibilità dell’opinione pubblica, è quasi impossibile ignorarlo, contando con serenità  le centinaia, poi migliaia , pi decine di migliaia di morti.

Il mondo intero ha copiato quel piccolo paese, come un branco di lupi opportunisti, forse, ma di fatto comportandosi come un gregge. Con pochissime eccezioni, che finiranno malissimo, travolte dalla crescita esponenziale dei casi e dalla saturazione del loro sistema sanitario. Le classi politiche che hanno voluto vendere l’anima a Mercurio, dimenticandosi di Asclepio, verranno sacrificate dalle popolazioni inferocite, si spera in modo virtuale ed allegorico.

Asclepio, un dio, con la d, minuscola, dimenticato, ritornerà in auge, eccome.

Ma Mercurio, si sta preparando la rivincita. Saprà, quel piccolo paese, avvantaggiarsi del fatto che uscirà dall’ordalia più rapidamente e con meno vittime e stress sociali e probabilmente economici, dei suoi vicini? Riuscirà a portare Mercurio dalla sua parte? Perché a Mercurio questa cosa somiglia molto ad un precedente, pericoloso, che va adeguatamente punito, per evitare che si ripeta. Non sia mai che si cominci a pensare troppo spesso che le persone sono più importanti degli investimenti, …

Speriamo.

Perché quel piccolo paese è il nostro.

E i suoi fedeli aspettano solo che passi la tempesta.

 

 

Bonds pandemici, ninfee e cavernicoli

Il giardino di Giverny, Monet
Il giardino di Giverny

Le ninfee di Monet, una delle serie di quadri più belle di tutti i tempi, rappresenta benissimo un famoso meme, quello del giardiniere e del laghetto di ninfee che dobbiamo a Jacquard e Latouche.

Passiamo ad un caso esplicativo MOLTO Attuale.

image.png

Questa è la curva di crescita dei casi di coronavirus esclusa la Cina, in scala logaritmica. Sembra una cosa innocua. fino a che non guardate la scala a sinistra.  Volete vederla in modo ordinario? eccola qui:image.png

Da un mese, i casi extra Cina, decuplicano ogni settimana.

E’ il bello della crescita esponenziale, quella nella quale, peraltro, siamo immersi in condizioni normali, dove l’economia, ovvero il consumo del pianeta, cresce ogni anno di un tot. Forse ci voleva una epidemia per capire, cosa stiamo facendo a Gaia e come si sviluppa il nostro impatto.

Epidemia che sarebbe già stata dichiarata pandemia, peraltro, se non fosse per certi bonds, che impongono di ritardare la sua promozione sul campo di qualche settimana.

Non ci credete? Beh, fate male.

Nel frattempo c’è chi si affanna a tracciare scenari economici ai tempi del bau bau. Del resto, gli scenari sono il suo pane.

Ribadisco: le stime di tutti questi grandi istituti di analisi e previsioni sono tendenzialmente ridicole.

1) Abbiamo già mostrato, pallidamente, in centinaia di post, il tasso di errore NORMALE, in condizioni “regolari”, dei grandi istituti di cui sopra. Prossimo al segnale che si vuole rilevare. Se la cavano, benino, sulla scala dei mesi. Ma se solo si provano ad andare a scenari annuali o pluriannuali…beh, capitano cosucce come i mutui subprime, totalmente inaspettate.
2) Questa NON è una situazione normale. L’impatto sull’economia produttiva è triplicato, almeno, al minimo, sulle borse di tutto il mondo e decuplicato, al meno, al minimo, nel rarefatto mondo dei futures, cds, et alia parafernalia.
Insomma: le aspettative di crisi produttiva si riverberano IN ANTICIPO nel mercato finanziario, lo vedete bene sta già succedendo, determinando una crisi di liquidità, che le banche centrali cercheranno di tamponare…la crisi di liquidità crea collasso dei crediti e questi, vitali per le aziende alla canna del gas, determinano fallimenti a catena… no, decisamente lo scenario potenziale NON è , manco per niente, quello tratteggiato.
Ci proveranno a faro rientrare in quei limiti, paracadutando denaro più che nel 2008.
Ma questo potrebbe non bastare, perché, questa volta, la natura esogena, della crisi, ovvero non emendabile, non controllabile, è certa ed evidente.
Ovvero: vi è piena consapevolezza che non è controllabile dal sistema, a nessun livello.
Credo che si possa ridurre lo scenario a quanto previsto, se e solo se si disinnesca il lato psicologico.
Non con motivazioni, cure, contenimenti.
Con il tempo.
L’uomo è animale adattabile. I nostri avi cavernicoli, vivendo una vita quanto mai pericolosa e travagliata, scontavano terribilmente il futuro. In poche parole, la loro pianificazione difficilmente andava molto oltre l’inverno prossimo venturo. Non avendo molte certezze di sopravviverci , all’inverno, pianificare per il dopo aveva poco senso.
Sappiate che questo fenomeno, la sistematica sottostima delle conseguenze future delle nostre azioni immediate, un bias percettivo alla base di molte assurdità del nostro tempo, è stata ampiamente dimostrata e sono stati attribuiti Nobel  a chi l’ha enunciato e descritto meglio.
La vita scorreva, brevemente e terribilmente, regolare, anche nei peggiori lager.
I caffè erano e sono aperti, qualche volta, anche sotto le bombe.
Non escludo che, in qualche settimana, ci si abitui al corona virus. Cosa poco simpatica ma relativamente poco pericolosa.
Brutta storia per il  Sig Lelio, vedovo, tanto caro, ricoverato in tenda con il santino di padre pio, perché il triage ha deciso di ossigenare solo quelli con meno di 40 anni e con prole a carico ma, eh, capita…
Vorrei chiarire: NON è cinismo. io non mi abituo. Mai. Credo sia un difetto.
E’ semplice realistica osservazione del pregresso e di quel che avviene oggi nel mondo.
Ci si abitua e quindi il Corona virus viene fattorizzato nel sistema, in qualche modo, cinico e funzionale, anche se non dichiarato e la macchina riparte.
La crescita mondiale dei casi è nitidamente esponenziale da oltre un mese con tendenza a diventare iper esponenziale.
Continuando così avremo 100.000 casi nel mondo( escluso la cina) tra una settimana. Un milione tra due. Dieci milioni tra tre. Cento milioni tra quattro. Un miliardo tra cinque… E’ evidente che, contenimento o meno, tempo due mesi, o sarà stato contenuto o avrà contagiato tutti quelli che doveva/poteva e sarà in calo.
In ogni caso questo è lo scenario di contenimento.
Non del virus. Del panico. Del collasso sistemico.
Di riffa o di raffa, devono tenere in piedi la baracca per questi due mesi. Siamo solo agli inizi, direi.
Viviamo in un tempo interessante. Nel senso dell’antico viatico cinese.
Siamo umani. Adattiamoci! Evolviamo. Non sarà facile, ma ci farà bene e faremo bene al pianeta.

Yo, yo, 36 miliardi…ed una bottiglia di rhum

esplosione razzo antaresI crack delle varie banche succedutesi negli ultimi tre o quattro anni in quello che, a dispetto di tutto e di tutti e sopratutto del ridicolo, si continua a dichiarare un sistema bancario solido hanno generato miliardi di perdite. Miliardi di NPL, Non Performing Loans, ovvero prestiti ed affidi vari in sofferenza profonda. 36 miliardi di perdite. PER ORA.

Queste perdite sono state coperte, finora, dal fondo di garanzia interbancario, dal altri istituti di credito, dai soci ( rifinanziando gli istituti), e, sopratutto dallo Stato cioè da tutti noi.

Da banca Etruria a Carige, poche migliaia di prestiti ultramilionari hanno messo in crisi istituti  con storie secolari e i risparmi di milioni di Italiani, impoverendo intere province, da Siena ad Arezzo, da Vicenza a Genova a Parma…

A me questa sigla ricorda da vicino, nel suo “understatement” di stampo anglosassone,  il cosidetto RUD, Rapid Unscheduled Disassembly, ovvero questo genere di fenomeni qui.

In pratica: sono soldi persi. Tanti soldi persi. Sufficienti a portare al collasso gli istituti.

Ovviamente sono soldi persi per le banca ed i suoi correntisti ma non per chi li ha ricevuti… ovviamente risulta che i due terzi di questi crediti in sofferenza sono riferibili ad imprese ed ovvimente si tratta per la maggior parte di affidi multimilionari.

Se ci pensate, un mondo alla rovescia. In teoria infatti, ad affidi più corposi e proporzionalmente rischiosi si dovrebbe ottemperare con garanzie e tutele maggiori.  Nel mondo normale di noi comuni mortali, le cose vanno così. Ma nel mondo felpato dell’alta finanza, nel mondo dorato delle grandi opere e dei grandi investimenti, i rendimenti previsti sono mirabolanti, le garanzie non sono patrimoniali ma “personali” etc etc. in sostanza: ci si basa sui consueti rapporti personali tra “stakeoholders” e dirigenze bancarie, e su convenienze che spesso vanno al di la del visibile e dicibile.

Il punto è che queste cifre NON SONO NIENTE. Che queste banche sono solo il canarino nella miniera.

Il totale dei crediti deteriorati, in sofferenza, inadempienti, scaduti in Italia è di ALMENO 349 miliardi, certifica la Banca d’Italia. nel 2017.

Nel 2019 è salito a 379 miliardi.

Una cifra enorme. Al di la delle generiche rassicurazioni della banca d’Italia, resta il fatto che oltre la metà dei crediti deteriorati non verranno restituiti, la banca d’Italia stima il 52%, con % di insolvenza crescenti per le altre categorie.

Ma quanto vale in rapporto al totale dei depositi, ovvero al totale della liquidità presente nel nostro paese non circolante, ovvero, ancora più in pratica, dei risparmi degli italiani?

Questo articolo stimava a fine Agosto  2019 1560 miliardi di euro di raccolta. Cioè di risparmi detenuti dalle banche.

Di cui un quarto, a quanto pare, sono stati affidati incautamente.

Se tenete conto che le banche prestano per guadagnare e far funzionare la baracca ( notevole quanto necessaria semplificazione, vi sono altre forme di investimento, ovviamente i buoni del tesoro le partecipazioni azionarie…) e se tenete conto del tasso medio di interesse a cui prestano, capite che anche solo pochi per cento di crediti deteriorati può mandare in crisi qualunque istituto.

Teniamo conto che i crediti deteriorarti vengono venduti in perdita ad istituti specializzati nella loro restituzione ( con le cattive, solitamente).

Teniamo conto che lo Stato è intervenuto ed interverrà per sostenere le situazioni più critiche. resta il fatto che almeno metà di questi crediti a rischio non verrà mai restituito.  Centinaia di miliardi di euro di piccoli e grandi risparmiatori devoluti sull’altare della crescita ad ogni costo, delle speculazioni sempre più forzate, di indicibili convenienze e convivenze personali.

In pochi anni si è volatilizzato dal 25 al 15% dei risparmi degli italiani, senza particolari benefici per l’economia. Anzi.

Come sapete esiste il fondo interbancario di garanzia, che garantisce i conti correnti dei risparmiatori.

Come NON sapete, questo fondo bancario ha in cassa pochi miliardi, quando va bene ed è a malapena in grado di salvare i conti correnti di UNA banca in crisi. Non troppo grossa.

La contribuzione Obbligatoria ( per le banche,  banco posta non ha aderito) è dello 0.8 per cento all’anno rispetto alla cifra massima garantita per conto ( circa 100.000 euro). Quindi DOVREBBE essere una dozzina di miliardi all’anno, ma, di fatto è molto meno. Attualmente c’era circa un miliardo e mezzo, secondo l’ultimo rapporto disponibile, fine 2018.

Visto la necessità di coprire i guai ed i default del 2019, è probabile che si stia raschiando il fondo.

In sostanza, anche in caso del fallimento di UNA banca, ci si fa poco.

Come disse il suo Presidente in occasione del crack di Banca Etruria, non bastano neanche in quel caso.

Certo, il sistema bancario mondiale, a guardarlo dal pianeta accanto, è messo ancora peggio di quello italiano.

Vi sono vari istituti ENORMI che potrebbero naufragare da un momento all’altro. Ragionevolmente qualcuno lo farà e, ricordiamoci della crisi dei mutui subprime, non conosciamo la risposta sistemica a questi crack. una cosa però dovremmo capire: che, via via che le prospettive di una crescita infinita evaporano, evaporano anche le possibilità di ripagare i debiti.

Solo la crescita consentirebbe di tenere su lo schema Ponzi a a scala planetaria. E solo per pochi anni, fino a che esisteranno beni da porre a garanzia di nuovi debiti che non siano già impegnati in quelli precedenti.

Ricordiamoci che dall’esistenza di crediti e di debiti dipende l’esistenza del denaro.

Solo una bottiglia di rhum, scolata in un fiato, potrebbe convincerci che il gioco può continuare per molto.

 

 

 

Io e Greta

Traghetto elettrico a Stoccolma

Nota: Questo post è stato pubblicato su Ecquologia esattamente 15 giorni fa.

Era un radioso giorno di Agosto a Stoccolma.

Con la mia compagna eravamo arrivati qualche giorno prima, avendo deciso di sfruttare un volo last second e di approfittare della più calda estate della storia della Svezia per una breve vacanza.

Come al solito, come in OGNUNO dei voli che raramente faccio, mi  mi sentivo vagamente e, questa volta, doppiamente, in colpa.

Per il volo stesso, con i suoi circa 300 kg di C02 emessi per portarmi a destinazione ( l’equivalente di circa 100 litri di carburante) e per aver sfruttato a fini “turistici” quella che, a tutti gli effetti era una vera emergenza climatica. Tre mesi di siccità a Stoccolma ed in buona parte della Svezia avevano provocato un disastro. Nessun problema. Il purgatorio si sconta sulla Terra, come diceva una mia vecchia e saggia zia. Al nostro arrivo, c’erano FORSE sei gradi ed una non esattamente piacevole pioggerella, orizzontale a causa del vento gelido da nord. In un cielo plumbeo si rincorrevano confuse nuvolaglie Ottobrine. Nonostante il clima, tipicamente svedese, anche sotto la pioggia battente, i segni della siccità c’erano e spaventosi, Oltre la metà degli alberi sembravano morti o sofferenti. Stoccolma, come  buona parte della Svezia, è cresciuta su rocce granitiche, lisciate dai ghiacciai, con solo un sottile velo di suolo che le ricopre. Gli alberi hanno radici superficiali, che comunque, visto il clima, normalmente sono ampiamente sufficienti.

Normalmente, appunto, Ma non c’era niente di normale in quello che vedevo.

Buona parte degli abeti, metà delle betulle erano ingialliti. Qualcuno era morto. L’erba era bruciata come nelle rotonde alla francese del bel paese, a Ferragosto. Ovviamente, gli incendi avevano divorato migliaia di ettari di bosco.

un campo svedese, Agosto 2018

Parlare di siccità e di riscaldamento globale con dieci gradi ad agosto, sotto una pioggerella gelida, sembrerebbe ironico ed in effetti la mia compagna mi prende non poco in giro, tra uno starnuto ed un batter di denti, mentre zaino in spalla ci dirigiamo verso il più bel ostello del mondo, una vecchia nave scuola a vela della Marina svedese, ormeggiata davanti al centro storico di Stoccolma.

Nei giorni successivi, tornato il sole, in un paesaggio che appare curiosamente per metà autunnale (alberi, ingialliti) e per metà estivo (l’erba recupera in fretta) facciamo i turisti: Gamla Stan, la Wasa, il villaggio storico il palazzo etc etc.

Da turisti,non possiamo non notare che il paese si da, in apparenza, da fare, per dimostrare che l’ambiente è importante, che la sostenibilità è necessaria, che gli orti in permacoltura sono fighi, che i veicoli elettrici sono cool. Traghetti elettrici, (sarebbe tempo di istituirli  anche noi, almeno su tratte brevi o brevissime, come lo stretto di Messina) taxi boat elettriche, molte auto elettriche naturalmente(a Stoccolma vi sono facilitazioni pesanti per i veicoli a zero emissioni) perfino distributori biglietti per parcheggi e tourist spots solari (in Svezia!!) e macchine operatrici edili elettriche.

Certo: il fatto stesso che spicchino, tra i membri delle rispettive categorie, dimostra che ANCORA sono mosche bianche. Sempre meglio che non avere nemmeno quelle, comunque, sempre precursori e pionieri di un mondo migliore, no?.

In Svezia sono in piena campagna elettorale, in quei giorni. Tra un appello ai valori tradizionali della famiglia  e della società svedese e sorridenti inviti a votare questo o quella candidata sorridente, la parola “klimatet”, facilmente comprensibile anche per un turista, fa capolino in almeno metà dei cartelloni e dei manifesti. L’estate più torrida e siccitosa della storia svedese ha chiaramente lasciato il segno.

L’ultimo giorno a Stoccolma, decidiamo di tornare a Gamla Stan (il piccolo centro storico della città, che sorge su una isoletta), per visitare il palazzo reale. Ci allunghiamo un attimo in una strada commerciale per comprare un magnete di Pippi calzelunghe per il frigorifero e facciamo una strada diversa dal solito. Come ho scritto all’inizio di questo post è un radioso giorno di fine estate.

In una piazzetta appena prima del ponte che porta all’isoletta su cui sorge il parlamento, da lì, con un altro ponte, si arriva a Gamla Stan, c’è un gran viavai di giornalisti, telecamere, auto blindate, energumeni con improbabili occhiali a specchio, auricolare all’orecchio, strizzati in giacche che contengono a mala pena i possenti bicipiti. Chiaramente è in corso qualche evento politico associato alle elezioni. Attraversiamo il ponte, fra turisti e svedesi indaffarati e passiamo sotto l’arco che segna l’ingresso all’isola. Mi attardo a guardare un messaggio sul cellulare. La mia compagna va avanti. Mentre mi affretto a raggiungerla, noto una ragazzina con un cartello, tutta sola, a sinistra dell’arco, seduta sotto una finestra del palazzo, con un cartello, qualcuno dei passanti legge e sorride. Lei non sorride a nessuno. È seria, silenziosa.

Mi avvicino per leggere il suo cartello. “Skol strejk fur klimatet”.

Non conosco lo svedese, ma mastico abbastanza inglese da capire cosa vuol dire. Sorrido, non posso farne a meno. Penso ai sorridenti politici che a pochi metri da lì straparlano di crescita occupazione clima futuro famiglia (ed immigrazione, tutto il mondo è paese) all’immagine stereotipata della Svezia come la punta di diamante della politica ambientale mondiale. Guardò Greta e capisco, tutto insieme, che non bastano le parole, due pannelli fotovoltaici, gli orti sinergici e un paio di barche elettriche per salvare il mondo. E che una ragazzina con le treccine e l’aria arrabbiata ci ricorda che bisogna, decisamente, essere più convincenti. Se è così arrabbiata, penso, da fare sciopero, vuol dire che anche in Svezia non si è fatto abbastanza. Che anche in Svezia sono stufi dell’ambientalismo “decorativo”. Insomma: non la bevono.

La mia compagna è lontana, corro a raggiungerla, mormoro in fretta due parole a Greta Thunberg, non ricordo esattamente quali: forse un “brava, you are right! Keep on fighting” o qualcosa del genere. Non so se Greta sente. Resta seria, assorta. Nessuna telecamera in vista. Nessun giornalista. Solo qualche persona che, come me, si volta, legge il cartello, sorride. È il suo primo giorno di sciopero, scoprirò, pochi giorni dopo. Non c’è il babbo, non c’è la mamma, non ci sono membri di qualche oscura associazione, solo una ragazzina, con le treccine, l’aria arrabbiata.

Greta, il suo primo giorno di sciopero

Passiamo qualche giorno nella Svezia profonda, dove a Vadstena, quasi 58 gradi di latitudine nord, fotografo un piccolo vigneto, quasi mille km più a nord delle dolci colline dello Champagne. Una cosa impensabile, anche solo dieci anni fa. torniamo verso Stoccolma. Sulla via del ritorno leggo un lancio di agenzia: Greta è già diventata un caso internazionale e si accinge a diventare un simbolo, una icona e, per quelli della mia generazione, uno sprone.

Ad essere più incisivi. A passare dalle spiegazioni, studi e presentazioni, all’azione.

Greta è arrabbiata. Ed ha ragione.

Dice che alla sua età non dovrebbe occuparsi di clima ma studiare, solo che è inutile studiare se alla sua generazione viene negato i, futuro. Ed ha ragione.

Dice che tocca alla nostra generazione salvare il mondo oppure distruggerlo, ed ha ragione.

Dice che dobbiamo cambiare tutto, perché cambierà tutto comunque, ma in peggio.

Dice che sappiamo cosa dovremmo fare, ed ha ragione.

Dice che non c’è tempo, ed ha maledettamente ragione.

Non lo dice ma in fondo, pur criticandoci, spera che riusciremo a crescere abbastanza da smetterla con i nostri tragici e stupidi giochi di potere, soldi e parole, guardare in faccia il mostro che abbiamo generato  e metterci una pezza.

Ecco, su questo, basterà leggere l’infame titolo di un quotidiano, il sedicente “libero”, temo che possa avere torto. La crescita infinita, che è sulle agende politiche di tutto il mondo, che sta fallendo, che è sempre più appesa ad arte e speranze di ulteriori aumenti dei consumi, ovvero della velocità di distruzione del pianeta, non è quella che dovrebbe, non è quella che vorresti, Greta.

Peccato, perché è l’unica che potremmo davvero raggiungere.

 

 

Quando gli animali avevano il radiatore

Edaphosaurus, In una delle possibili ricostruzioni. Vi è chi ritiene che le “spine” perpendicolari alla cresta principale supportassero un tessuto adiposo simile alla gobba di un dromedario.

Alcuni anni fa, per essere esatti circa 252 milioni di anni fa, alla fine del Permiano, la Terra era un poco diversa da oggi. Un mondo desertico, arroventato, polveroso. In pratica un immenso Sahara.

Tipico affioramento della fine del Permiano. Sabbie desertiche.
Tipico affioramento della fine del Permiano. Sabbie desertiche.

Tra il Permiano ed il Trias, gola del Bletterbach vicino a Redagno, Alto Adige. Da bambino andavo a caccia di fossili in questa gola.

Le medie ed alte latitudini, corrispondenti alla Scandinavia, Siberia e Canada attuali ( e  le equivalenti zone della Patagonia e dell’Antartide, a sud) avevano un clima “decente” e gli animali “superiori” potevano “prosperare”. Le virgolette non sono casuali: era un mondo difficilissimo ed ostile alla vita. Se è vero che intorno ai poli c’erano acque abbastanza calde da consentire la vita ai coccodrilli, restava il fatto che le condizioni di insolazione restavano quelle proprie di un pianeta il cui asse è inclinato rispetto all’eclittica: MOLTO variabili.

In poche parole, notti o giorni interminabili, a seconda delle stagioni, che imponevano strategie di conservazione o dissipazione del calore, in animali che ancora no avevano sviluppato un metabolismo in grado di regolare la temperatura interna del corpo. La soluzione che questi animali trovarono fu quella…del radiatore, soluzione che fu applicata da varie specie anche non strettamente imparentate tra di loro, per evidenti e convergenti necessità evolutive.

Grazie al loro sistema questi animali potevano scaldarsi rapidamente, alla fine delle lunghe notti boreali, così essendo più attivi e veloci delle loro prede/predatori ( alcune erano carnivori, altri erbivori). Analogamente, quando le giornate erano lunghe, potevano disporsi “di taglio” rispetto alla luce del sole e dissipare efficacemente, proprio come un radiatore, il calore corporeo in eccesso.

Se pensate che non fosse una cosa poi così vitale, siete in buona compagnia, dato che molti paleontologi ritengono che in realtà queste “vele” avevano piuttosto o prevalentemente un ruolo rituale, venendo impiegate nel corteggiamento e/O nelle lotte territoriali.

A me pare poco probabile, dal momento che non si sono trovate, finora, prove di un dimorfismo sessuale ( la differenziazione tra maschi e femmine, tipica, ad esempio, degli ultimi dinosauri esistenti, gli uccelli) nelle specie interessate.

Disgraziatamente, questi adattamenti a condizioni tanto estreme ( si calcola che la temperatura media ai poli fosse allora più alta di quella attuale in Italia, ma con oscillazioni forti tra giorno e notte e, sopratutto, stagionalmente) non bastarono. Le cose peggiorano, all’improvviso.  Alla fine del Permiano, in un parossistico riscaldamento globale si estinsero. Insieme a circa il 90% delle specie esistenti.

Si calcola che ai Poli la temperatura arrivasse, nelle lunghe giornate estive , oltre i 30 gradi. Le acque delle zone tropicali avevano temperature comprese tra i 40 e 50 gradi ed erano estremamente acide e prive di ossigeno. In pratica, letali per qualunque essere vivente evoluto. E’ difficile calcolare le temperature delle terre emerse ma, se dobbiamo prendere a riferimento le aree equatoriali attuali, si può valutare che vi fossero temperature intorno ai 50- 60 gradi con massime oltre i 70, nelle aree interne. Per alcuni milioni di anni la Terra fu un posto apparentemente quasi disabitato, con funghi, alghe, qualche lichene. E lui:

 

Unico vertebrato evoluto,  il Listrosauro, una specie di incrocio tra un maiale ed un coccodrillo, che, a partire dalle aree polari, occupò, in beata solitudine, tutte le terre emerse ( così dimostrando una volta per tutte la teoria della migrazione dei continenti).

La specie più di successo nella Storia del pianeta.

Perché ci interessa? Perché è quel che ci potrebbe succedere, se non ci diamo una mossa.

Per rimanere a tempi vicini ecco un quadro:

Andamento della temperatura media del pianeta negli ultimi ventimila anni e previsioni per il 2100.

Saprete che lo scenario MIGLIORE, quello dell’accordo di Parigi, che sappiamo già essere irraggiungibile e troppo, troppo troppo ottimistico, prevede di impegnarsi per un aumento massimo della temperatura globale di due gradi.

Due gradi. Visto che, se va benissimo, la temperatura media mondiale aumenterà di due gradi, se va così così di 3 e se va come andrà di 5 o 6, ecco di cosa stiamo parlando. Due gradi in meno e ci ritroviamo con due km di spessore di ghiaccio al posto del lago di Garda. L’ultima era glaciale.

Due gradi in più e ci troviamo in una situazione mai esistita da quando esiste l’uomo ( si veda il grafico, per limitarsi agli ultimi ventimila anni).

Quattro gradi in più e ci troviamo nel periodo più caldo degli ultimi cinquanta milioni di anni. Cinque gradi in più e ci ritroviamo, appunto, alla fine del Permiano, prima dei dinosauri. Quando si superò una soglia critica e, nel giro di poche migliaia di anni la temperatura del globo aumentò di altri 5 gradi, quasi certamente a causa del rilascio improvviso di quantità enormi di metano da clatrati oceanici. Un periodo in cui al POLO nord c’erano forse 35 gradi d’estate. Della situazione all’equatore, abbiamo detto.

Da notare che le stime della temperatura all’equatore dei tempi sono rese difficili dalla mancanza di fossili. Gli unici presenti in buona quantità sono i conodonti, apparati boccali di enigmatici organismi, simili a lamprede primitive, che nuotavano male e venivano trasportati dalle correnti nelle zone equatoriali dove morivano a tonnellate, più o meno bolliti, visto che le temperature calcolate per le acque dove vivevano,  erano comprese tra 40 e 50 gradi.

Se è vero che noi potremmo anche organizzarci per resistere a tale situazione, è anche vero che potremmo avere qualche problemino per convincere le piante che ci mantengono in vita. Certo: funghi ed alghe, la forma di vita prevalente nei milioni di anni successivi all’evento di estinzione tra Permiano e Trassico, potremmo averne in abbondanza, ma non credo che una insalatina in salsa thai possa bastarci.

PILLOLE DEMOGRAFICHE – Russia

di Jacopo Simonetta

Riprendiamo la nostra carrellata con un altro dei paesi più importanti: la Russia.  Per le pillole precedenti si veda (qui, quiqui e qui).

Se osserviamo la tendenza di lungo periodo, vediamo che la popolazione russa è cresciuta in modo esponenziale a partire dal 1500 circa, invadendo e colonizzando gradualmente l’Asia centrale e Parte dell’Europa orientale.   Un processo che raggiunse il culmine durante il XIX secolo, per poi rallentare anche a causa delle due guerre mondiali.  Parimenti disastrose sul piano demografico, ancorché di segno opposto su quello geopolitico.   La prima segnò infatti la fine dell’Impero Russo, la seconda la nascita di quello Sovietico.

Per quanto riguarda il secondo dopoguerra, il tasso di accrescimento della popolazione calò rapidamente, a fronte di un tasso di mortalità che è calato fino alla metà degli anni ’60, per poi tornare a crescere leggermente. Il netto rallentamento della crescita demografica fu dunque dovuto soprattutto ad un forte calo della natalità e, secondariamente, ad un modesto aumento della mortalità.  La cosa qui interessante è che ciò è avvenuto durante il periodo di massima espansione economica e politica dell’URSS.
Già questa una situazione che non coincide con la teoria, secondo cui la crescita economica dovrebbe causare prima un aumento e poi una stabilizzazione della popolazione.

Dal nostro punto di vista, è però ancora più interessante ciò che è accaduto dopo.
Il collasso dello stato sovietico, con la gravissima crisi economica che lo accompagnò, iniziò infatti alla metà degli anni ’80. Puntualmente segnato non solo da un balzo della mortalità (come c’era da aspettarsi), ma soprattutto con un ulteriore sdrucciolone della natalità, che raggiunse il minimo storico durante il decennio 1995-2005.  Per poi riprendersi, ma solo in parte, a fronte di una migliorata situazione economica e di una maggiore stabilità politica.  Un fatto questo molto importante perché diametralmente opposto alle previsioni fatte in base alla teoria.  Ed un fatto ulteriormente confermato negli ultimi anni.  Ma vediamo meglio che cosa è successo.

“A stato Putina”


Invece no.   Il periodo nerissimo dell’economia russa corrisponde, approssimativamente, alla presidenza di Boris Yelstin.  Ma la brusca ripresa della crescita economica avvenne fra il 1998 ed il 1999; cioè mentre Yelstin era ancora presidente e Putin era capo dell’ FSB (ex KGB) .  Dunque le politiche economiche non erano di sua competenza.  In effetti, le cause del rimbalzo siano state indipendenti dall’operato di Putin.  Tuttavia è probabile che, come capo dei servizi segreti, abbia avuto modo di ostacolare il saccheggio allora in corso da parte delle imprese occidentali, appoggiate dalla mafia locale.  Si occupò infatti di riportare sotto il controllo del governo le principali cosche mafiose, cosa che gli detto anche  modo di avviare la costruzione di quella rete di oligarchi miliardari che a tutt’oggi costituisce l’ossatura della politica russa.   Nel 1999, Putin (diventato nel frattempo primo ministro) fu anche colui che decise di invadere la Cecenia (allora semi-indipendente) e chiudere così la partita con il terrorismo islamista che, dallo staterello caucasico cominciava ad estendersi in altre regioni (la seconda guerra cecana fece tra i 25.000 ed il 50.000 morti secondo le stime).
Comunque, diventato presidente nel 2000, Putin stabilizzò per alcuni anni il tasso di crescita economica e ricostruì un apparato statale funzionante, ma con due problemi strutturali molto profondi.  Il primo è che l’economia russa post crisi dipende totalmente dalle esportazioni di gas e di petrolio.  Il picco del primo è alle spalle da un pezzo (fine anni ’80) e quello del secondo è probabilmente circa adesso (ma è troppo presto per esserne certi).

Il secondo problema è strettamente correlato col primo ed è l’estrema concentrazione della ricchezza in pochissime mani; un dato in tendenza con il resto del mondo, compresi UE e USA, ma molto più elevato.  Entrambi questi fattori hanno giocato un ruolo determinate nello sviluppo della crisi, prima economica e poi politica, in cui anche la Russia si dibatte dal 2007.


Dal punto di vista demografico, il risultato è che durante il primo decennio circa dell’ “era Putin” la natalità è tornata a salire e la mortalità a scendere.  Mentre da quando l’economia ha ricominciato ad andare male, la natalità ha fluttuato a cavallo della parità con la mortalità.
Certo altri fattori influenzeranno la demografia russa, primo fra tutti l’immigrazione da alcune delle repubbliche ex sovietiche;  consistente soprattutto negli anni di relativa crescita economica.
Ciò nondimeno, a Mosca sono molto preoccupati, tant’è vero che da alcuni anni il governo sta portando avanti politiche decisamente nataliste sempre più martellanti, appoggiandosi sui sentimenti patriottici e religiosi della maggioranza dei russi, ma pare che per ora i risultati siano scarsi.

Nella prossima puntata parleremo dell’Italia.

 

Per chi vuole saperne di più sul “quadro d’unione” fra i vari termini della crisi sistemica in corso:
https://luce-edizioni.it/prodotto/picco-capre-libro-crisi-collasso-simonetta-pardi-vassallo/