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La cause della corruzione

La corruzione ha certamente molto a che fare con l’ingloriosa fine delle società.  La corruzione é un fenomeno che alimenta se stesso riducendo l’efficienza dell’amministrazione, cosa che favorisce la corruzione e via di seguito, come ben illustrato in un recente post da Pierfranceschi.

Come sempre quando si ha a che fare con dei fenomeni complessi, la domanda se è nato prima l’uovo oppure la gallina rischia di non avere senso.  Tuttavia, ci sono degli elementi che più di altri possono dare l’avvio a siffatti circoli viziosi (alias retroazioni positive e forzanti in termini scientifici).

Le diverse dimensioni della corruzione.

La corruzione in senso stretto è la classica “bustarella”, ma ne esistono altre forme, meno violente, ma anche molto più diffuse.

Intanto abbiamo spesso il caso di funzionari ed impiegati che fanno, o non fanno, determinate cose non in cambio di soldi sonanti, ma per procacciarsi utili benevolenze.   Ad esempio, il dirigente che insabbia una pratica non gradita ad uno che può influenzare la sua carriera, o viceversa.

Un’altra forma molto diffusa è favorire amici e parenti, variante chiamata “nepotismo”.   Ma in effetti questa forma non sempre è nefasta.  E’ infatti abbastanza naturale preferire di lavorare con chi si conosce e si sa come lavora.    Mettiamoci poi nei panni di qualcuno che, per esempio, ha lavorato per anni a gratis con tale professore e poi, quando finalmente si libera un posto, gli passa davanti un altro che, semplicemente, ha avuto un colpo di fortuna al concorso.
Il problema si pone quindi soprattutto quando questa radicata abitudine viene gestita per piazzare degli incapaci in posti di responsabilità.   Semplicemente perché fanno comodo a chi comanda più di loro.    Diciamo che è un’arma a doppio taglio i cui effetti dipendono da come la si adopera.

Ma la forma di corruzione più diffusa e nefasta e quella che è anche perfettamente legale e che, con termine tecnico, è chiamata “paraculismo”.   Vale a dire, usare il potere conferito dal proprio incarico non per far funzionare qualcosa, bensì per tenere bene al calduccio le natiche del soggetto.   Come se lo stipendio fosse qualcosa di dovuto e non qualcosa che deve essere guadagnato.    E’ particolarmente nefasta perché generalizzata, ma anche perché costituisce la matrice in cui facilmente si sviluppano forme più perverse di corruzione.

Prima di tutto una questione di legittimità

In una società funzionale, la classe dirigente comanda perché un vasto numero di persone si riconoscono in dovere di ubbidirgli.   È quello che si chiama legittimità.   Può avere fondamento in un’infinità di narrative diverse, ma alla fine funziona finché la gente pensa che i loro capi abbiano a cuore l’interesse comune.   Che magari sacrifichino i loro gregari, ma non per disinteresse, ma perché è necessario per un bene ancor superiore.

Si vede bene in condizioni di stress estremo, come in combattimento.   I soldati si fidano dei loro ufficiali fino a farsi uccidere.   Ma se pensano che i loro superiori si disinteressino di loro e del loro sacrificio, cessano immediatamente di fidarsene e di ubbidire.   Smettono di pensare a combattere e cominciano a pensare a cavarsela.   Se possono disertano.   Non a caso, la prima cosa che si insegna ad un ufficiale è come guadagnare e mantenere la fiducia della truppa.   Cose semplici, ma essenziali come preoccuparsi delle loro necessità spicciole più che delle proprie e dimostrare di essere disposti a correre rischi superiori a quelli richiesti.    Non a caso, in ogni guerra, la mortalità degli ufficiali è percentualmente più alta di quella dei soldati.
Nella vita civile tutto è più mitigato ed ovattato, ma fondamentalmente funziona allo stesso modo.   Un impiegato che si sente apprezzato dal suo dirigente non esita a fare straordinari non pagati, pur di portare a buon fine un progetto importante.   Lo stesso individuo, se pensa che il principale tiri l’acqua a l suo mulino e basta, farà tutto il possibile per imboscarsi, dimenticando che il suo stipendio non lo paga il dirigente, bensì il contribuente.

E il fenomeno che una volta si definiva con l’adagio:  “Il pesce puzza dalla testa”.

Si badi bene che non è affatto detto che una classe dirigente altamente legittimata faccia davvero il bene della sua gente.   Semplicemente, la legittimità conferisce efficienza operativa.   Si pensi alla Germania nazista, per farsi un’idea degli effetti perversi che la legittimità può avere.
Comunque, l’egoismo e/o l’incapacità cronica erodono la legittimità.   In questo caso rimangono in piedi due opzioni per mantenere in moto la macchina pubblica: il tornaconto personale e la paura.    Le due cose possono anche in parte coesistere, ma di solito il primo prevale nelle prime fasi di disintegrazione di una società; la seconda nelle ultime.   Il difetto è che entrambe aumentano i costi e riducono l’efficienza.

Nel caso del tornaconto personale, è infatti necessario  che ogni funzionario od impiegato trovi il proprio vantaggio ad ogni passaggio.   Non necessariamente una bustarella od un buon posto.   Magari solo una seccatura in meno o fregare qualche minuto sull’orario che, moltiplicato per decine di migliaia di persone, rendono il meccanismo sempre più impastato.   Né nuove regole e controlli possono risolvere la situazione, se coloro che le dovranno applicare saranno ancora guidati dall’interesse personale, anziché de quello collettivo.    Direi che noi oggi siamo un fulgido esempio in questo campo.

La paura comporta la messa in opera di sistemi di controllo e repressione che a loro volta dovranno essere controllati e così via.   Il modo con cui si sono avvitati su sé stessi i regimi del “socialismo reale” è abbastanza emblematico da questo punto di vista.

Anche noi abbiamo perso la guerra fredda?

La corruzione (in senso lato) c’è sempre stata in tutte le società, ma non nella stessa misura.   In Europa, ha avuto un forte impulso a partire dagli anni ‘90.    Le forzanti che hanno contribuito ad accelerare il fenomeno sono parecchie.   A me ne vengono in mente due: la scomparsa di un pericolo comune e la scomparsa di un limite preciso fra affare e malaffare.

Il primo punto è raramente citato, ma fondamentale.   Se temere la propria classe dirigente di solito ha un effetto deprimente sulle società (con buona pace di Machiavelli), è però vero che la paura di un nemico esterno ha di solito l’effetto contrario.    Una minaccia esterna ha di solito il potere di aggregare la gente e di far passare il bene comune (reale o presunto che sia) davanti al proprio.   Non a caso i governi in difficoltà spesso virano verso un nazionalismo tanto più esacerbato, quanto maggiore è il loro bisogno di rinverdire la propria legittimità.   Talvolta non si esita neppure a creare degli incidenti ad hoc più o meno gravi.   Più spesso si sfruttano le occasioni offerte dall’imbecillità altrui, come attacchi terroristici, incidenti diplomatici ed altro.    Naturalmente, la cosa può funzionare o meno, ma il principio resta valido.
Per  40 anni l’unico pericolo che la maggioranza degli occidentali ha temuto è stata l’Unione Sovietica.   Pericolo reale e consistente che la propaganda ha poi saputo gestire molto bene.   Ma soprattutto un pericolo in grado di imporre dei limiti perfino all’avidità ed all’egoismo della classe dirigente economica.   Del resto, oltre cortina, il pericolo di un’invasione della NATO era parimenti il collante che contribuiva a tenere insieme una società sempre più disfunzionale, sia pure con uno stile diverso.   Quando è venuto meno, neppure la Stasi ed il KGB sono più bastate ad evitare la disintegrazione dell’impero.

Cessato il pericolo, il sistema sovietico si è infatti disintegrato e per una decina di anni la nicchia ecologica lasciata libera dallo stato è sta riempita da una miriade di organizzazioni mafiose o semi-mafiose.   Perlopiù nate da pezzi della macchina sovietica che si sono messi a lavorare in proprio.   E, privi oramai di ogni remora, hanno perlopiù trovato utile svendere l’eredità sovietica a imprenditori e faccendieri occidentali che non hanno esitato a fare man bassa.    Al di là dell’errore geo-strategico irreparabile, questo ha creato una contiguità assoluta fra affaristi delle due ex-sponde, finalmente affratellati dalla possibilità di saccheggiare impunemente intere nazioni.
Una situazione cui si è potuto mettere solo un parziale e tardivo rimedio e che, fra le altre conseguenze, ha contribuito non poco a rendere molto evanescente la linea di demarcazione tra affari leciti ed illeciti.   Tanto ad est, quanto ad ovest.

Il cane e le zecche.

Un cane in buona salute che vive in campagna ha sempre qualche pulce e di tanto in tanto una zecca.   Gli danno fastidio, ma non più di questo.   Ma se un cane si ammala, facilmente verrà attaccato dai parassiti in modo tanto più massiccio, quanto più grave è la sua malattia.   Ed il gran numero di succhiasangue lo debiliteranno, così da farlo aggravare, fino a morire.   In altre parole, come ogni buon contadino sa, i parassiti hanno una funzione ecologica precisa: finire i soggetti debilitati.    Togliere i pidocchi ad una pianta o le zecche ad un cane gli fa certo bene, ma se non lo si guarisce dalla sua malattia profonda, torneranno e lo finiranno.

Qualcosa del genere , credo, succeda alle società umane.

Le conseguenze della corruzione

Quando leggiamo le statistiche della corruzione, che ci vedono ultimi in Europa e al 67° posto assoluto tra i paesi del mondo, la maggior parte di noi pensa semplicemente al politico truffaldino che intasca la fatidica mazzetta, personaggio iconico che la fantasia popolare percepisce ormai circonfuso da un’aura di simpatica ribalderia.

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In realtà le ricadute negative della corruzione sono ben più numerose, estese e gravi di quanto ci si renda normalmente conto. Christopher Groskopf ha recentemente pubblicato un post intitolato: “i cattivi guidatori sono un buon indicatore di un governo corrotto”, che a sua volta rimanda ad un precedente articolo di James O’Malley dal taglio più tecnico: “Le strade di Bucarest: come il comportamento stradale è correlato alla fiducia nel governo”. La tesi esposta in questi due lavori è che l’onda lunga della corruzione dilagante arrivi a produrre effetti nefasti in ambiti molto estesi e solo apparentemente non correlati.

In un sistema a corruzione endemica lo scambio di mazzette è solo la punta dell’iceberg. Una classe politica diffusamente delinquenziale deve attivamente alimentare un contesto sociale disfunzionale se vuole che il fenomeno corruttivo operi in maniera efficace. Il terreno fertile per la corruzione è caratterizzato da istituzioni inefficienti, norme procedurali farraginose ed incoerenti che offrano ampio margine alla discrezionalità, corpi di pubblica sicurezza sotto organico e con risorse limitate, clientelismo diffuso, percorsi processuali lunghi ed incerti (con tempi di prescrizione irragionevolmente brevi) e, quel che è peggio, da un’opinione pubblica ignorante, distratta e politicamente poco reattiva.

Cominciamo dall’inefficienza della macchina pubblica. Drenare risorse da un sistema funzionale non è semplice, dal momento che in un simile contesto le imprese lavorano e vengono pagate, le opere realizzate e la popolazione è soddisfatta. Innescare un meccanismo di favoreggiamento all’interno di un tale processo richiede di farsi parte attiva nell’estorsione e rischiare di incontrare, dall’altra parte, cittadini ligi alle regole e pronti a denunciare. Al contrario, con una macchina pubblica elefantiaca ed immobile si creano le condizioni ottimali perché qualsiasi intervento ‘facilitatore’ diventi indispensabile, e conseguentemente ‘retribuito’. Il punto, se ancora non è chiaro, non è tanto la singola mazzetta o la quantità di denaro sottratto, quanto la distruzione dell’efficienza della macchina pubblica indispensabile per dar vita ad un efficace sistema tangentizio.

Distruzione che ha, essa stessa, molte facce. Sul piano legislativo le leggi devono essere confuse e di difficoltosa applicazione, in modo da lasciare il massimo spazio da un lato all’inefficienza, dall’altro alla discrezionalità. In seconda battuta va coltivata una classe di burocrati e tecnici conniventi, che non pretenda, e men che meno ottenga, di rimettere in discussione i protocolli attuativi disfunzionali rendendoli efficaci. Una classe politica corrotta non promuoverà i funzionari in base al merito o alla competenza, bensì in base alla disponibilità ad assecondarne le scelte.

Una volta messo a regime il sistema estorsivo occorre, parallelamente, depotenziare l’azione delle forze dell’ordine per ostacolare l’individuazione e la persecuzione dei comportamenti illegali. Ciò si realizza da un lato agevolando le carriere di funzionari conniventi col detto sistema, dall’altro riducendo progressivamente le capacità operative ed investigative. Se questo vi fa tornare in mente le polemiche sulle volanti della Polizia ferme perché prive di carburante, o sulla sproporzione tra dipendenti negli uffici e personale realmente operativo, la cosa non può sorprendere.

Il clientelismo, o voto di scambio, è solo un’ennesima testa dell’idra. Politici corrotti presidiano la macchina pubblica assumendo amici e parenti che, riconoscenti, garantiscono ossequio alle direttive ed un serbatoio di voti certi alle successive elezioni. Questo sistema consente di saccheggiare direttamente le imprese pubbliche con false fatturazioni senza nemmeno passare per la rischiosa richiesta di tangenti. Un esempio particolarmente plateale è lo scandalo dell’emissione di biglietti falsi in ATAC, l’azienda di trasporto pubblico romano, venduti ai cittadini a pari prezzo di quelli legali mentre il ricavato finiva, anziché all’azienda in deficit, nelle tasche dei dipendenti e dei politici che avevano messo in piedi la truffa.

Un simile sistema basato su irregolarità, inefficienze ed arbitrio finisce col trasformare l’organizzazione della macchina pubblica nell’equivalente di una guerra tra bande criminali, dove ogni funzionario, dipartimento o gruppo di potere, risponde alle pressioni di realtà analoghe, ivi inclusi i poteri economici esterni all’amministrazione. I dipartimenti, invece di collaborare, si ostacolano l’un l’altro, ognuno cercando di sfruttare al massimo le proprie leve di potere. Essendo infiltrata a qualsiasi livello, al pari della Mafia in Sicilia, la corruzione diventa immenzionabile. O, per meglio dire, la corruzione non esiste.

Questo non richiede che tutti i politici, o tutti i funzionari, siano indiscriminatamente criminali. La politica è l’arte della manipolazione, e i manipolatori più abili occupano generalmente le posizioni apicali. Nei livelli intermedi troviamo spesso persone oneste e capaci, che provano a migliorare le cose, intrappolati come tutti gli altri nella tela del ragno. Queste persone garantiscono al sistema criminale un’immagine di presentabilità nei confronti dell’elettorato, ma al contempo ogni iniziativa che propongono viene sabotata da parte della macchina amministrativa, o direttamente dai vertici del partito, vanificandone gli sforzi.

Analogamente l’attivismo dei cittadini viene sistematicamente ostacolato, in particolar modo quando cerca di promuovere valori positivi, salvo occasionalmente strumentalizzarne l’operato nel momento in cui si è in cerca di consenso elettorale. All’interno della macchina istituzionale, i pochi risultati positivi prodotti da un comparto eventualmente meno corrotto vengono sistematicamente boicottati e demoliti dagli altri, spesso per pura necessità di affermazione di potere.

In questo quadro complessivo emerge una evidente risonanza tra poteri economici speculativi e corruzione politica, entità diverse che operano scientemente ai danni sia dei cittadini che di una macchina pubblica efficiente, perennemente sospesi sul sottile crinale rappresentato dal dover realizzare l’opposto di quanto promesso senza che l’opinione pubblica se ne accorga, e camuffando le volontà speculative nella narrazione di problemi, ritardi ed inefficienze burocratiche.

Ma l’ultimo e probabilmente più disastroso effetto consiste nella lenta e progressiva distruzione dell’intelligenza e della capacità di attenzione dell’opinione pubblica, all’interno di un meccanismo che si autoalimenta. Meno la ‘governance’ funziona, più il cittadino si trova a dimenarsi all’interno di un sistema caotico ed incapace di fornire risposte efficaci alle sue necessità, e più attenzione dovrà dirottare sulle proprie esigenze minime di sopravvivenza. Guidare in un traffico sregolato che divora energie ed ore di vita, rimbalzare da un ufficio all’altro, da una complicazione alla successiva, nell’incertezza di tutto, produce un consumo di risorse intellettive tale da rendere lontana, confusa e sfumata la percezione della devastazione sistemica complessiva.

Completa tale disastroso scenario l’asservimento dei mass media. Giornali e televisioni diffondono un’informazione grossolana e manipolata, priva di memoria storica e lontana anni luce dalla pratica anglosassone del ‘fact-checking’, sovente ridotta al puro ruolo di grancassa delle esternazioni del politico di turno, diffusa in maniera totalmente acritica. Trasferiti al livello nazionale questi meccanismi perversi generano un progressivo smantellamento del sistema scolastico, con peggioramento della qualità dell’istruzione, blocco del cosiddetto ‘ascensore sociale’ e fuga dei cervelli all’estero.

Ben lungi dal rappresentare una serie occasionale di singoli casi in cui il politico di turno ottiene la tradizionale ‘mazzetta’, il fenomeno corruttivo affligge l’intera organizzazione pubblica e statale in forme diverse, e si riflette in una varietà e vastità di ambiti tra loro apparentemente non correlati.  In questo scenario il termine ‘corruzione’ assurge al suo significato originario: la decomposizione di un organismo un tempo vivo (lo stato) le cui carni putrefatte esalano gas dagli odori nauseabondi mentre vengono divorate da vermi famelici.

Ciclo di retroazione della corruzioneP.s.: so già che molti staranno elaborando quest’analisi come una ennesima riproposizione di una qualche ‘teoria del complotto’. Purtroppo l’avvento di un’organizzazione sociale basata sulla corruzione diffusa non ha necessità di alcuna pianificazione (anche se il Piano di Rinascita Nazionale di Licio Gelli ci assomigliava molto), ma solo di una concordanza di intenti da parte di un numero sufficiente di soggetti criminali, oltre ad alcune condizioni di contorno. L’affermarsi della corruzione può essere descritta nei termini di un Comportamento Emergente della società italiana nel suo complesso. Questo concetto mi riservo di illustrarlo meglio in un prossimo post.

(gli argomenti illustrati in questo post sono stati ulteriormente integrati da Jacopo Simonetta)

Estrema destra ancora vittoriosa! Domande?

MerkelDomenica scorsa il partito austriaco di estrema destra è diventato il primo del Paese.   Socialisti e democristiani, tradizionali partiti di riferimento, sono praticamente scomparsi.   Ci sono domande?    Penso parecchie.
La cavalcata dell’ estrema destra non solo europea, ma anche americana, cominciò in sordina negli anni ’90.   Considerato allora un fenomeno marginale, oggi sta riempiendo le agende delle think tank e degli analisti; turbando i sonni di un sacco di gente.   Non tenterò qui un riassunto di una tale mole di analisi su di un soggetto così complesso.    Semplicemente vorrei proporre qualche considerazione personale che spero possa contribuire, sia pure minimamente, ad arginare il fenomeno.

destra franceseLa prima è questa: di turno elettorale in turno elettorale l’ estrema destra avanza.  Possibile che tanta gente che votava socialista o democristiano (intesi in senso europeo, molto lato) si stia svegliando nazista o fascista?   Personalmente penso che sia poco probabile.   L’ estrema destra ha sempre avuto una sua nicchia, ma marginale era e penso che marginale rimanga.   La massa di voti che raccoglie ha tutta l’aria di essere un voto di protesta e/o di paura.   Niente di particolarmente nuovo, dunque, ma che rischia di generare degli effetti a medio termine perversi.

destra austriacaSospinti dal voto di protesta, i leader dell’ estrema destra andranno probabilmente al potere, dove potrebbero fare dei danni irreparabili.   Specialmente se i governi moderati in carica continueranno a preparare loro in terreno.
Dunque la prima cosa da fare sarebbe capire quali sono i principali argomenti che suscitano nella cittadinanza questo tipo di rischiosa protesta.   Per farsene un’idea, il modo più semplice è osservare quali sono i pochi punti che accomunano la maggior parte dei partiti e dei movimenti di maggior successo, peraltro assai eterogenei.   Direi che i principali sono i seguenti: la recessione con annessi e connessi, la corruzione, l’immigrazione, la sicurezza, il nazionalismo.   Non necessariamente in quest’ordine.

Dunque vediamoli brevemente uno alla volta per vedere se sono possibile delle parate, almeno parziali.

Recessione.

recessioneQuesta è la “madre di tutte le grane”.   Abbiamo costruito il nostro sistema politico basandoci sul presupposto che la crescita economica sarebbe durata per sempre e che, gradualmente, avrebbe coinvolto tutti.   50 anni fa già si sapeva benissimo che si tratta di una favola, ma nessun politico importante ha avuto il coraggio di spiegarlo ai suoi elettori.   E nessun corpo elettorale era ed è disposto a sentirselo dire.   Ne consegue questo sempre più frenetico arrampicarsi sugli specchi che inganna sempre meno gente, offrendo buon gioco a chi propone ricette tanto semplici quanto improbabili (ad es. usciamo dall’Euro).   Paradossalmente, proprio perché semplici ed improbabili, simili proposte fanno presa su chi, giustamente, sente di essere stato pesantemente preso per il culo.   Di qui l’inevitabile altalena di politici che ascendono promettendo di avere la ricetta giusta, per poi immancabilmente deludere.

Qui la parata sarebbe particolarmente difficile perché bisognerebbe spiegare come e perché la crescita non tornerà mai più e che questo, fra tutti i mali possibili, è il minore.   Molto difficile che possa funzionare.   Credo che sia persa, anche se mi piacerebbe vedere qualcuno che ci prova.

Corruzione.

corruzioneUna certa percentuale di parassiti ci sono sempre stati, ma quando diventano tanti e sfrontati scatta la modalità “Sono tutti ladri” che è esattamente quello di cui ha bisogno chi si propone come “quello che farà pulizia”.   Sappiamo già che non è vero ma ci piace illuderci.

Qui la parata sarebbe teoricamente facile: piantarla con gli interessi privati in politica.   Ma visto che in parecchi non lo fanno, forse è meno facile di quel che sembra da fuori.   Forse, una parziale spiegazione è che per salire di molto sulla la scala gerarchica è necessario disporre di un sacco di soldi, propri o di sostenitori.   E per avere i soldi ti devi legare ad un mondo economico in cui il limite fra l’economia “pulita” e quella “canaglia” sfuma di giorno in giorno.   Una volta che sei arrivato in alto, non solo non puoi abbandonare gli “amici degli amici”, ma oramai sei diventato uno di loro.

Immigrazione

immigrazioneQuesto è forse il punto in cui la classe dirigente sta fallendo nel modo più spettacolare.   Un sacco di poteri forti e deboli hanno un sacco di interessi legittimi e non in quest’affare ed ognuno tira il governo dalla sua parte, col risultato che assolutamente niente di quello che è stato fatto dai primi anni ’90 ad oggi ha il benché minimo senso logico.   I risultati non possono che peggiorare man mano che il fenomeno cresce all’interno di sistemi sociali progressivamente fragilizzati dalla crisi economica.

In generale io rifiuto la logica binaria, ma in questo caso credo che potrebbe esserci di aiuto.   Credo che ognuno, nel silenzio della sua cameretta, dovrebbe porsi questa domanda: L’Italia (o l’Europa) è sovrappopolata?   Si o no?   Barrare la casella.   Se si sceglie “Si”, allora è vitale stabilire un efficace controllo delle frontiere esterne e decidere chi facciamo passare e chi no.   Fra “tutti” e ”nessuno” ci sono parecchie opzioni possibili, ma nessuna con tutti sono contenti e nessuno si fa male.   Qualunque scelta facciamo ci saranno dolore e morte.   Se si sceglie “No”, allora l’unica cosa sensata da fare è un servizio regolare di traghetti che prendono la gente e la porti qui.   Ma anche in questo caso ci saranno dolore e morte.
Questo perché, purtroppo, la risposta corretta è “Si, parecchio” e continuare a negare che abbiamo un drammatico problema di quantità di gente serve solo ad aprire la strada chi sostiene che il problema è la qualità.
Il mio parere di ecologo professionista e storico dilettante è che società multietniche e multiculturali sono difficili, ma gestibili (con qualche incidente) ed è vero che la diversità è ricchezza.   Ma e’ anche vero che la nostra economia ed i nostri ecosistemi stanno collassando e che ogni persona in più, anche se rimane nel novero dei poveri, non fa che accrescere un’impronta ecologica già esorbitante.   E non è neanche vero che si potrebbe compensare riducendo lo standard di vita degli autoctoni.   Cosa che, fra l’altro, sta già accadendo (v. recessione) e non sono in molti a rallegrarsene.
Ridurre i propri consumi è infatti esattamente quello che è necessario fare per distruggere il più rapidamente possibile quello che resta della nostra economia industriale.   Una scelta che si può anche fare, ma che andrebbe fatta coscienti delle conseguenze.
Certo, dal momento che gli immigrati sono il 10% della popolazione europea, sono anche il 10% del problema dal punto di vista demografico ed ambientale, ma crescono al ritmo di circa due milioni l’anno e in dinamica dei sistemi le tendenze sono fondamentali.

Sicurezza

terrorismoCi sono due minacce che spaventano: la criminalità ed il terrorismo.

Quanto alla prima, è importante notare che il rapinatore od anche il topo d’appartamento sono assai più temuti del mafioso, autoctono o di importazione che sia.   E la criminalità spicciola è in buona misura una funzione sia della densità di popolazione che della povertà.   Aumentando la quantità di gente e la percentuale di poveri non può che aumentare, quale che sia l’origine dei poveri.

Quanto alla seconda, la probabilità di essere ammazzato da un pazzoide (islamista o meno) è enormemente più bassa di quella di prendersi un cancro, un infarto o di finire sotto una macchina, perfino a Baghdad.   Tuttavia i terroristi sono effettivamente riusciti a terrorizzarci, col risultato che, dal 2001 ad oggi, gli apparati di spionaggio e repressione si sono moltiplicati e raffinati considerevolmente.   Altri passi in questo senso saranno fatti al seguito di ogni futuro attentato, finché saremo completamente prigionieri di noi stessi.   Il confine fra “protezione” e “sopraffazione” tende a sfumare con l’aumento di intensità della protezione.   E cosa di meglio per un partito che aspirasse ad instaurare un governo autoritario che trovarsi l’intera macchina della “psicopolizia” già avviata e rodata?

Qui la parata comporterebbe una strategia di comunicazione complessa, tesa a dare una visione più realistica  dei rischi reali.   Ma questo non consentirebbe facili speculazioni elettorali neanche ai governi in carica.

Nazionalismo.

nazionalismoNella storia del mondo sono state sperimentate migliaia di forme di stato.   La nazione, intesa come sincretismo di un territorio contiguo, una popolazione omogenea ed un governo è un’invenzione del XIX secolo europeo.   Ed è stato il più fallimentare degli esperimenti politici della storia umana.   Due volte i paesi principali europei hanno avuto governi nazionalisti e ne sono scaturite le due guerre più devastanti della storia del mondo.   Alla fine, l’Europa che 50 anni prima dominava incontrastata il mondo, era ridotta ad un pugno di colonie chi della Russia e che degli Stati Uniti.   Evviva!  Riproviamoci!

Qui la parata richiederebbe innazitutto di insegnare la storia nelle scuole.   Poi ci vorrebbe una radicale ristrutturazione delle tremendamente ridondanti istituzioni europee.   L’autorità centrale dovrebbe essere da un lato ristretta a pochi temi vitali (ad es. ambiente, difesa, politica estera, macroeconomia).   Dall’altro, dovrebbe essere svincolata dal controllo dei governi nazionali.   Ma si da il caso che, di tutte le istituzioni europee, la meno soggetta al controllo nazionale è il parlamento, cioè quella che conta di gran lunga meno.   Viceversa, chi davvero decide è il Consiglio dell’Unione Europea che è composto dai rappresentanti dei governi nazionali (ministri o capi di governo, secondo gli argomenti).  Ed al suo interno, l’Eurogruppo, che non è neanche un’istituzione, ma semplicemente il club dei governi che hanno adottato l’Euro.

Conclusioni

Insomma, io credo che fermare la cavalcata dell’ estrema destra si potrebbe, ma non sarebbe facile e, soprattutto, richiederebbe un buon bagno di realtà tanto per i governanti che per gli elettori.   Non mi sembra che ne abbiano molta voglia né gli uni, né gli altri.