E’ nata libertilandia ed è off grid

benvenuti a libertilandia, da facebook
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Benvenuti a Libertilandia

Per quanto possa sembrare incredibile, nel cuore dell’Europa, dopo secoli, è nato un piccolo stato ( ma più grande di Città del Vaticano o di Montecarlo) E’ nato pochi giorni fa ed ha voglia di esistere. E di dimostrare la possibilità di un nuovo paradigma sociale ed economico. Ed energetico. Visto che non c’e’ rete elettrica e, pare un solo edificio, piuttosto malconcio. L’idea è quella di una totale autosufficienza energetica basata sulla rinnovabilità. Più in generale di una U-topia, di una nowhere land. Vit Jedlicka, che è il provvisorio Presidente de Facto del non -stato e dei 4 gatti che hanno squattato questo pezzo di mondo, membro del partito dei cittadini liberi,  è piuttosto folcloristico, ma ha idee ovviamente grandiose, qui la sua pagina facebook.

Non è improbabile, anzi: è quasi certo, che si tratti di un avventuriero o di un sognatore.

Ma , per ora, la cosa è divertente.

Fino a che, ovviamente, qualcuno si stufa e decide di andare a riprendersi questo piccolo pezzo di paradiso fluviale.

 

 

Un titanic di immigrati. E la CEE decide di investire meno che nel 2011

infografica immigrati morti 2015
tratto da tgcom24

Dall’inizio di quest’anno sono morti 1754 migranti mentre tentavano di raggiungere le coste dell’Europa felix.

Sul Titanic morirono 1518 passeggeri.

Dopo le tragedie di questi ultimi giorni dove sono morte almeno 900 persone si è riunito in sessione straordinaria il Consiglio Europeo, per fare il punto sulla strage in corso e per prendere provvedimenti.

I Media tradizionali hanno dato ampio spazio alle promesse di aumentare l’impegno raddoppiare frontex etc etc etc.

Ma come stanno le cose, in realtà?

Cosa hanno deciso, nel concreto ed al di la dei proclami a favor di telecamera i capi di stato europei?

Niente, sostanzialmente. Il titanic di migranti si è schiantato ancora una volta contro un iceberg di indifferenza.

Lo potete vedere da soli

in sintesi, ecco cosa è stato deciso al vertice:

  • Saranno compiute azioni per individuare e distruggere le imbarcazioni dei trafficanti prima che siano usate. Queste azioni saranno in linea con il diritto internazionale e il rispetto dei diritti umani. Si porterà avanti una cooperazione contro le reti dei trafficanti attraverso l’Europol e schierando funzionari per l’immigrazione in paesi terzi.
  • Saranno triplicati i finanziamenti alla missione di sorveglianza e salvataggio Triton. Il mandato di Triton non sarà modificato e continuerà a rispondere alle chiamate di soccorso dove necessario.
  • Sarà limitato il flusso dell’immigrazione irregolare e si eviterà che le persone mettano a rischio le loro vite attraverso la collaborazione con i paesi di origine e di transito, sopratutto i paesi attorno alla Libia.
  • Sarà rafforzata la protezione dei rifugiati. L’Unione europea aiuterà i paesi di arrivo dei migranti e organizzerà la ricollocazione dei migranti negli altri paesi membri su base volontaria. Chi non otterrà lo status di rifugiato sarà rimpatriato.

In conclusione, i due rappresentanti hanno specificato che la questione resta una priorità dell’Unione europea e i paesi membri ne riparleranno a giugno.

Tradotto in soldoni: faranno ( ma non dicono come, è semplicemente una dichiarazione di intenti, tipo: combattere la fame nel mondo) quel che avrebbero dovuto fare da tempo e triplicheranno l’investimento in triton il programma di soccorsi succeduto a frontex. L’Europa consentirà l’immigrazione in altri paesi che non siano quelli frontalieri solo su base volontaria e solo di quelli che verranno riconosciuti come rifugiati politici.

Quanto ci costa Frontex? circa 6 milioni di euro al mese, nel 2014 89 milioni di euro.

Il punto è che di questi  IL 40%  , 32 milioni , SONO SPESE AMMINISTRATIVE.

Restano quindi meno di 5 milioni al mese per far fronte alle emergenze.

E’ una cifra RIDICOLA se rapportata al budget europeo.

Siamo oltre 500 milioni di cittadini.

5 milioni al mese sono UN CENTESIMO PROCAPITE AL MESE.

Grazie alle nuove proposte arriveremo a spendere, se gli impegni verranno mantenuti,  Solo un poco di più di quello che spendevamo con Frontex.

Perchè la missione Triton costava circa 3 milioni al mese contro i circa 7 di frontex. SE passeremo a 9 milioni al mese, per un budget quindi di 108 milioni di euro, l’impegno per la CEE sarà INFERIORE a quello del 2011 di Frontex, che era di 115 milioni di euro.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il fracking è una boiata pazzesca. Lo dice la Cee

fracking infografic
fracking infografic

Avrete certamente sentito parlare del fracking, il nuovo distruttivo metodo per estrarre il petrolio da rocce che non lo consentirebbero, in questi ultimi mesi. Se non altro perché si era pensato di consentirlo anche dalle nostre parti, per aumentare la nostra produzione petrolifera.

Che sia una boiata pazzesca e una micidiale bolla finanziaria, anzi: un bubbone, che aspetta solo di esplodere con una virulenza superiore a quella della famosa crisi dei muti subprime lo diciamo da anni ed ultimamente lo dicono un poco tutti. Il punto è che in questi giorni, mentre si discute e si contesta il TTIP, il trattato che dovrebbe aprire le porte dell’Europa ai prodotti americani, anche quelli precedentemente non ammessi in Europa, si cerca di indorare la pillola facendo presente che tra questi arriverà un fiume di petrolio e di gas a buon mercato , direttamente convogliati dagli immensi giacimenti che il fracking ha reso disponibili.

Le cose stanno così? No, manco per niente. L’Europa, anche grazie alla traduzione in Italiano realizzata dallo staff di Dario Tamburrano, l’ha scritto chiaramente.

Ricordatevene quando sentirete parlare di questi argomenti dai nostri politici, che OVVIAMENTE ignorano questo documento.

E’ semplice e convincente.

Come lo è spesso la verità.

In Siberia si incendia il permafrost. Ed è strage.

 

villaggio russo devastato dal fuoco
villaggio russo devastato dal fuoco

incendio del permafrost visto dalla camera car: road to hell

“Il fuoco ha cominciato a comparire tra le case. Non so da dove venisse”

Sono anni che i climatologi, sempre più spaventati ce lo dicono. Sono anni che gli scienziati che misurano le emissioni spontanee nell’Oceano artico ce lo spiegano. Sono anni che i segnali si moltiplicano.

Sono anni che, nel nostro piccolo, cerchiamo di farlo sapere. Ma, ovviamente, quando, con due mesi di anticipo comincia la stagione degli incendi (  è diventata molto rapidamente una tradizione, da qualche anno a questa parte) in Siberia si da la colpa ai contadini o al vento forte.

Guardate da soli ad esempio, cosa riporta il “mainstream” mediatico italiano. E’ FALSO ed è VERGOGNOSO.

Non si tratta di qualche contadino sbadato o di vento forte. Le temperature eccezionalmente miti fanno sciogliere il permafrost ( il terreno ghiacciato tutto l’anno) e così dal terreno ricchissimo di materiale organico in lenta decomposizione, si liberano quantità inimmaginabili di metano. Che ovviamente, alla prima occasione, magari, certo anche un fuoco di contadini, prendono fuoco. Ed occupano rapidamente, MIGLIAIA DI KM QUADRATI DI TERRITORIO.

Quest’anno mentre vi scrivo il bilancio ovviamente del tutto provvisorio è di decine di città e villaggi interessati su un’area enorme della Siberia con almeno 33 morti accertati. I fuochi interessano  ALMENO 105.000 ettari. oltre 1000 km quadrati.

Si INCENDIA IL TERRENO per km e km , interessando tutto quello che vi si trova sopra, foreste, erba case, strade, fabbriche depositi… le aree urbanizzate, per la temperatura maggiore e la presenza di fiamme libere e fili elettrici, magari fatiscenti sono più a rischio di quelle desolate. Ecco perché, probabilmente, il fuoco comincia proprio tra le case dei villaggi e vicino alle strade ed alle altre aree urbanizzate.

Quando si parla di riscaldamento globale si legge che le zone artiche saranno le prime a subire gli effetti e lo subiranno in modo assai più sensibile. Quel che no si capisce è che la non linearità è un modo molto soft, forse un poco TROPPO soft, di definire un fenomeno che si sviluppa come una esplosione. Il metano che si libera e gli incendi riscaldano il terreno ancora di più e questo rilascia ancora più metano.. ovviamente il metano è un gas serra molte volte più potente della CO2 e quindi la cosa ha conseguenze importanti anche per il pianeta nel suo complesso. ANZI: c’e’ chi dice che l’estinzione del Permiano/trias, la peggiore di tutta la storia del pianeta, con il 90% delle specie che si estinsero, potrebbe essere provocata proprio da un fenomeno di rilascio catastrofico di metano in atmosfera dovuto al riscaldamento globale in corso in quel’epoca. Quando tutto finì il pianeta era un deserto riarso ( ad onor del vero non era molto meglio nemmeno nel periodo precedente) fino alle latitudini temperate e tale rimase per decine di milioni di anni.

Il ricordo di quei tempi terribili lo possiamo vedere alla base delle splendide scogliere dolomitiche delle nostre alpi:

W=trias B= permiano

In ogni caso  l’incendio del permafrost è un simbolo, spaventoso, del drago che abbiamo ridestato e che, non c’e’ bisogno di dirlo, non possiamo controllare. Dimostra, inoltre che non dobbiamo illuderci di avere decenni di tempo davanti prima di dover prendere una decisione. Siamo NOI e non solo  i nostri figli e nipoti, che dovremo sopportare le conseguenze del nostro comportamento dissennato.
Pensate a questo, quando qualcuno affermerà con certezza, in qualche talk show, che la Terra è stata anche più calda nel passato, che non abbiamo prove scientifiche, che le energie rinnovabili sono costose ed una illusione…

 

La privatizzazione inside. A margine del ddl Renzi sulla Scuola

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Con il permesso dell’autore, riporto un articolo che mi ha colpito.

Riformare tutta la struttura pubblica in senso dirigistico sembra ormai una costante del Renzipensiero.  Ma cosa resta della libertà di insegnamento?

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La nuova riforma, l’ennesima, della scuola. E di nuovo al centro la valutazione del merito e il potere dei dirigenti – chi assumere, quale offerta esibire sul mercato dell’educazione, chi premiare fra i docenti. Chi dirige decide perché conosce e giudica. Conosce?

Quando mi domandano gli amici com’è la mia scuola, se la consiglio per i loro figli, non so mai bene come rispondere. Dipende molto dagli insegnanti e cosa so esattamente dei miei colleghi? Le relazioni con gli adolescenti non sono la stessa cosa di un discorso in consiglio o in collegio. Nemmeno conta solo quanto sai delle tue discipline, conta quanto ami quello che sai, e sai farlo amare. Quanto ti piace tutta la situazione, il set della classe. E non è che le storie siano tutte uguali e piane. Sono storie, appunto.

Io entro in quinta sereno. Li conosco da cinque anni. Si scherza, qualche battuta mentre il tablet ci mette una vita a registrare i presenti. Tra i messaggi di saluto degli studenti anni fa uno mi fece molto piacere. Diceva io la ringrazio per quanto mi ha fatto ridere. È un po’ stupido, ma mi sono sentito così orgoglioso. Chissà se lo posso mettere nel curriculum.

Adesso siamo ad aprile, l’esame si avvicina, cresce l’ansia eppure anche una certa sensazione di libertà dalle scadenze ravvicinate. Conta come ci si presenta a giugno, in fondo. E comunque si sta bene. Loro seguono, domandano. Mi sembra che siamo complici di qualcosa di bello ed è come se fossimo già un po’ fuori dell’istituzione scolastica. Nella vita, diciamo, anche se asimmetricamente: io con molta roba alle spalle, loro davanti. Una mi fa leggere la poesia che le ha scritto un ragazzo, mi chiede che vuol dire: mi ama o no. Dice che ha scoperto Baudelaire, la foresta di simboli, le si è aperto un mondo, ma complicato.

Quando si fa storia e letteratura ci sono domande e prendono appunti – probabilmente pensano di sostituirli allo studio del manuale. Ma in ogni caso mi sembra che le cose vadano bene. Ci fosse qualcuno a vedere – immagino ogni tanto – sarei tranquillo. Mi farebbe quasi piacere.

In prima ce l’ho qualcuno che vede: c’è l’insegnante di sostegno. E non mi fa piacere. Mi sembra di essere un disastro. Quando entro c’è di tutto per terra e già mi girano. Tutte le volte faccio pulire e mi accorgo che a loro va benissimo: perdono un sacco di tempo con la scopa e la cassetta. Si respira nell’aria un misto pessimo di apatia e arroganza. Le cose da scrivere non sono state scritte, l’ascolto di quello che dico è una richiesta pressoché assurda – il braccio sdraiato sul banco, la testa appoggiata mollemente. Il gruppetto cinese vive a parte, con i suoi cellulari. Non sono stato capace di inventarmi nulla per farli partecipare a qualcosa. Dopo anni in Italia, non parlano, quando scrivono usano il traduttore di Google e non si capisce niente – però arrivano parole raffinatissime. Mi sento in colpa e questo non aiuta, anzi aggrava il mio giramento. Degli altri, c’è chi ha dimenticato il quaderno, chi ha il quaderno ma alcuni testi “mancano�? (non si sa come mai, destino), uno ha scritto sul foglio protocollo e adesso non ce l’ha perché Lei ha detto di portare i quaderni, profe. Chi ha sbagliato materia, chi ha sbagliato giorno, chi ha sbagliato scuola. Città, mondo. Chi ha un conflitto permanente con gli adulti e forse la vita stessa.

Qualche volta riesco a mantenere la pazienza e sono capace di spostarmi da quella situazione. Il più delle volte cado nel conflitto rabbioso e faccio banalmente parte della scena. Muro contro muro. Loro mi restituiscono il peggio di se stessi, io pure do il peggio di me. Tipo pagherete caro pagherete tutto. La collega che mi guarda mi mette ancora più in crisi.

Racconto questi disastri al consiglio e alla preside, la conosco da una vita e non ci sono problemi. Ma la valutazione qui è un racconto. Una cosa narrativa. Si può stilare una classifica delle storie, una classificazione del mio lavoro, già incasinato di suo, e una graduatoria fra le storie degli insegnanti? Per di più al fine di mettere qualcuno sul podio e qualcun altro nella polvere…

La lettura del disegno di legge Renzi sulla scuola mi ha lasciato di stucco.

La prosa de La Buona Scuola era in puro format seduttivo renziano. Anglicismi vari, promozione del prodotto, made in Italy, appello all’entusiasmo giovanile da conquistare all’azienda 2.0. Qui si torna alla prosa ministeriale. Si sarebbe tentati si dire di classica buropedagogia, ma in realtà di pedagogia c’è poco. C’è organizzazione. Certo, una riforma questo deve fare, occuparsi del contenitore. Ma per creare le condizioni di, predisporre gli strumenti per. La qualità di processi che sono viventi, non meccanici e burocratici. E dunque occorrerebbe avere un’idea della scuola da organizzare. Un’idea del sapere, del modo e dello spazio in cui si costruisce. Delle relazioni che lo attraversano e della cura che richiedono.

Un formatore aziendale una volta ha spiegato che si dovrebbe insegnare a pensare con la propria testa, e farne venire il desiderio. Qualcosa del genere farebbe bene a tutta la scuola: essere davvero autonoma, pensarsi e riconoscersi come luogo di ricerca e libertà. Ma bisogna dare voce e spazio, ricostruire un po’ di fiducia, un po’ di desiderio.

E invece non pare proprio.

Piano triennale di offerta formativa dai dirigenti delle scuole autonome. Albo regionale degli insegnanti neo assunti o in mobilità. Chiamata diretta del dirigente sui posti triennali. Premio di merito agli insegnanti migliori. Un mare di scuola-lavoro nei trienni.

Naturalmente finanziamento delle scuole paritarie, visto che la qualità pubblica dello spazio in cui si apprende non si vede proprio. Solo strutture para-aziendali che si misurano sui risultati raggiunti . Con la chiamata diretta tutti i docenti diventano fiduciari del preside in un rapporto di lavoro non dipendente, subordinato. Sono la squadra del capo. Così anche la libertà di insegnamento scompare. Alla fine si ricostruisce l’unità del mondo del lavoro, dalle fabbriche alle scuole, ma nella cancellazione della democrazia, dei diritti e della dignità personale.

Tutto il potere al dirigente e al suo cerchio magico. Si dice, è un sistema per sveltire le decisioni. Non perdere tempo in oziose discussioni.

Mi sa che è una vera ossessione di Renzi. Il capo che decide. Che non permette di perdersi in tanti discorsi. Perché la collegialità, i collegi docenti – così come i parlamenti – sono inconcludenti e noiosi con i loro conflitti. La democrazia, che palle.

Ma è buffa questa storia dei collegi docenti che discutono all’infinito.

Perché che non decidono gran che è vero, dato che le decisioni significative non passano proprio dagli organi collegiali. Arrivano. Cominci a parlarne e ci sono già, definitive. Nei collegi, immersi in una depressione alimentata di rabbia impotente, la grande paura è che una discussione si apra. Che inizi qualcosa che può ritardare la chiusura, la liberazione. C’è una bizzarra democrazia del voto, modello parlamento renziano: tu parli e dopo poco qualcuno alza la mano per dire, Si vota? Quando si vota? Non la tiriamo per le lunghe, l’importante è finire… Come se per degli insegnanti fossero solo una perdita di tempo le parole. Come se una comunità intellettuale, e anche affettiva, non crescesse anche nello stile con cui si confronta, si racconta, argomenta. Va be’, non sono più i tempi.

E tuttavia la cosa più sorprendente del DDL è la storia della mobilità. Della ex mobilità. Forse troppo stupida per essere vera. Chiaro che per gli insegnanti neoassunti non c’è più il posto fisso a tempo indeterminato. Che pretendono, entrano in ruolo, faranno quello che gli dicono di fare. Per quelli più vecchi, privilegiati, sembra di capire che il posto resta a condizione che non ti azzardi a chiedere trasferimenti, perché allora entri nel calderone dal quale chiamano i capi. Ti danno l’incarico per tre anni, chissà dove, poi devi rinnovare il contratto o farti richiedere da qualche altra squadra del campionato regionale. A regime tutte e tutti saranno nelle condizioni di una garantita precarietà. In certe parti d’Italia verranno fuori scelte un po’ strane, che qualche intellettuale chiamerà clientelari o familistiche, ma tutto sommato avranno una qualche legittimità: se devi scegliere e assumerne la responsabilità che fai, ti fidi di quello che c’è nel curriculum o di una/o che conosci personalmente? Ma mi domando che succede a quelli che non vengono chiamati, quelli non di prima scelta. Mica tornano a casa mogi, anche oggi non si lavora. Andranno nelle scuole più sfigate probabilmente. Cioè dove ci sarebbe bisogno dei docenti bravi, più motivati eccetera.

Sembra quando si giocava a calcio al campetto, da ragazzi. Si faceva pari o dispari e poi i due capi squadra sceglievano. Prima i più forti, poi alla fine i ciccioni e gli imbranati. Adesso quali saranno i dirigenti che scelgono per primi non lo so. Né che succede se tutti vogliono il campione. Comunque la partita finiva ogni tanto quando il proprietario del pallone decideva di andare via. Ma non mi pare dicesse sempre, Tanto ho vinto io, fatevene una ragione. Erano altri tempi.

 

ndrea bagni