Le parole sono bombe

Words collage, shaped like the map of European continent, with words bombs, refugees and terrorism highlighted in red

Cosa si può dire, ancora su quel che succede a Gaza e dintorni?

Di nuovo, di sensato, di interessante, di non inutile, in sostanza?

Poco, credo.

Molto, molto, poco.
Una cosa però mi sento di dire: le parole, come sempre, sopratutto quando ci sono scontri armati e sanguinosi in corso, ovvero quando l’irrazionale ha ormai prevalso, sono importanti.
Specie quelle che scatenano la bestia, quelle che muovono irrazionalmente verso lo sterminio dell’altro, in primo luogo disumanizzandolo.

Già, agli esseri umani, in larga parte, ripugna ammazzare altri esseri umani: ci si devono portare per gradi, a convincersi della necessità di questo schifo.

In questo senso anche solo fare osservare come le parole, usate come missili, sono un’arma letale anche per chi le usa, potrebbe mantenere un senso.

Nella tradizione di Crisis non mi sottraggo ne all’orrore ne al paradosso, che all’orrore è quasi sempre connesso.

Ritengo valga quindi la pena di raccontare quale è stato, senza quasi possibilità di smentita, in questi dieci giorni di stermini vicendevoli ( ma sempre più asimmettrici naturalmente) il discorso più profondamente antisionista, antiebraico, assurdamente logico, in tale deteriore senso.

Una potentissima arma verbale, apparentemente logica ( la logica delle parole non sempre corrisponde alla logica delle cose o dei fatti o dei numeri) regalata ai peggiori nemici dello stato ebraico e degli ebrei tout court.
Quelle parole le ha pronunciate Il Presidente della Repubblica Israeliano Herzog, durante un’intervista:
“Conduciamo operazioni militari secondo le regole del diritto internazionale. Punto finale. Inequivocabile. Responsabile è un’intera nazione. Non è vera questa retorica secondo cui i civili non sono consapevoli e non sono coinvolti, è assolutamente falsa. Avrebbero potuto sollevarsi, avrebbero potuto combattere contro questo regime malvagio che ha preso il controllo di Gaza con un colpo di stato”.

Perchè sarebbe una frase incredibilmente antiebraica, antisionista, antiisraeliana?

Davvero devo spiegarvelo?

Visto la crudeltà ampiamente dimostrata dallo Stato isreliano in mille modi diversi ai danni dei palestinesi e dei cittadini arabi dello Stato, non è elementare rovesciare questa accusa sul popolo israeliano, o semplicemente sugli ebrei, giustificando quindi il terrorismo internazionale a caccia di civili innocenti nel mondo o azioni come quelle di Hamas, di questi giorni?

Non si vede come queste parole giustifichino proprio e sopratutto lo sterminio su basi etniche e/o religiose e/o politiche, a prescindere?

Non sono bastati la diaspora, duemila anni di persecuzioni, i pogrom ed infine i campi di concentramento, per capire che NON SI RAGIONA COSI’?

Non è bastato, no.

Capendo, assediato dalle domande incredule dei giornalisti, di averla detta grossa, Hezog si è corretto; è perfino riuscito a dire che ci sono ANCHE palestinesi innocenti, che non amano tanto Hamas… per poi rimetterci il carico da novanta dichiarando, più o meno, che comunque, se qualcuno gli spara un razzo dalla finestra, lui ha diritto a radere al suolo l’edificio.

Chi c’e’ c’e’.

Qui un fact-check sulle sue affermazioni.

Perchè ne parlo? Per ricordare che le parole sono bombe e lasciano crateri, oltre a fare morti.

La prima che muore, insieme all’umanità, è la ragione.

In tutti i sensi possibili.

Certe parole scavano crateri nella testa delle persone, lasciando un vuoto pieno di vento. Gelido.

Non solo. Come per le bombe, cert eparole, una volta usate, consentono agli altri di usarle con altrettanta forza, con altrettanta ” logica”, con altrettanta ” ragione”.

Come ogni singola arma che si rispetti, dopo un poco la usano tutti.

Spostando l’orrore un poco più in la.