“felice che non sia un COW/rona virus”. Una risata ci salvera’.
Che quello dei vaccini anticovid sia un affare ed un affare enorme e’ autoevidente. Siamo sette miliardi e mezzo, noi umani, su questo pianeta. Per una meta’ abbondante i nostri simili lottano per un minimo sindacale di cibo vestiario e generi di prima necessita’ che noi diamo per scontati, quindi e’ difficile che possano vaccinarsi o essere vaccinati.
Resta comunque un mercato potenziale di miliardi di dosi, a prezzo pieno, probabilmente da ripetere ogni anno o forse anche piu’ frequentemente. I vari vaccini in dirittura di arrivo hanno costi variabili: si va da 10 euro dello Sputnik V ai 60 dollari del vaccino Moderna. Anche a stare bassi e’ un mercato di centinaia di miliardi di dollari, ogni anno.
Il mercato dei vaccini e’ quindi un mercato importante, che impinguera’ le casse delle case farmaceutiche che li stanno producendo. Le ricerche ed i trials sono costati miliardi, e’ giusto che recuperino gli investimenti fatti.
Certo: in buona parte finanziati con soldi pubblici, ma, oibo’, questo rientra in un principio base di ogni grande impresa: pubblicizzare le perdite e privatizzare i profitti.
In effetti, porelle, la situazione e’ complessa: a metter sul mercato un vaccino sperimentato in fretta e furia si rischiano cause miliardarie, infamia mediatica urbi et orbi, desertificazione dei dividendi…in qualche modo bisogna coprire i rischi.
In qualche modo monetariamente consistente, ovviamente.
Naturalmente son partite numerose campagne mediatiche a favore dei poveri, spesso da grandi ex magnati convertiti alla filantropia, come Bill Gates, che sostiene che i paesi ricchi dovrebbero pagare il prezzo pieno, comprendente il costo marginale di produzione, un minimo di utile ed i costi dello sviluppo e sperimentazione,, i paesi non ricchi dovrebbero pagare solo i costi vivi, senza l’utile, i paesi poveri solo il costo marginale di produzione di una dose, che potrebbe essere intorno a 3 dollari. Qui un articolo che riassume i punti sopra esposti
C’e’ un trascurabile problemino.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanita’) ha definito un programma di distribuzione, vaccinazione etc etc ( in attesa di capire come procurarsi i vaccini e come mantenerli) si chiama COVAX.
Con questo programma L’OMS si propone di distribuire almeno due miliardi di dosi nei paesi in via di sviluppo e, in generale ai poveri di tutto il mondo.
Tutto bene, se non fosse che il programma non e’ a tutt’oggi finanziato. Non abbastanza, comunque. Non e’ un problema da poco.
Perche’ non basta procurarsi due miliardi di dosi di un qualunque vaccino o mix di vaccini. Bisogna mantenerli in celle frigorifere, trasportarli mantenendo una rigorosa catena del freddo, distribuirli, somministrarli, in territori mal serviti, spesso senza energia elettrica, con strade impossibili etc etc. Ci vuole una pianificazione immensa e svolta con mesi e mesi di anticipo. Niente soldi, niente organizzazione. Niente vaccini, per mesi e mesi, Anche se le dosi fossero pronte. \per anni, se non si riesce a bloccare con un ordine le dosi necessarie. Anche senza approfondire, il compito di vaccinare due miliardi di persone e’ gigantesco. Quanti soldi ha raccolto, finora l’OMS? Due miliardi di dollari, da un terzo ad un decimo di quel che servira’. Sono quasi interamente soldi europei.
Da USA e Cina non e’ arrivato un’euro.
Ovvero Bill Gates, mentre propone di donare graziosamente i vaccini a prezzo di saldo ai paesi piu’ poveri, non ha ancora contribuito al principale programma mondiale per gli stessi paesi… ci vogliono almeno altri sei miliardi di euro. Forse dieci, probabilmente di piu’, tenuto conto della macchina organizzativa da creare e mantenere per anni.
Il mercato delle vacche?
Beh… i volontari che hanno partecipato ai test di somministrazione, nel nostro paese sono stati mossi prevalentemente dal loro spirito civico, visto il rimborso di 700 euro, che per il rischio ed il disturbo, dieci visite in tre mesi, interviste etc etc e’ una cifra quasi ridicola.
Ma 700 euro e’ piu’ o meno il valore di una bella mucca Chianina. In molti paesi del mondo ci vuole il lavoro di un anno, se va bene, per comprarsi una vacca. In quei paesi 700 euro possono tenere una famiglia lontana dalla fame.
A pensar bene si potrebbe dire che la cifra e’ stata tenuta volutamente bassa, per evidenziare i fini non di lucro delle persone che si sono offerte.
Ma vogliamo davvero pensare cosi’ bene, quando sono coinvolte multinazionali del farmaco che hanno scopi non filantropici ma di profitto?
Quel che segue è uno zibaldone di lavoro, da cui avevamo sviluppato nel tempo varie ipotesi operative, non riproducibili su un blog. Serve comunque, spero, ad introdurre e mostrare in cosa sarebbe consistito il pedal coin.
Purtroppo se qualcuno l’introdurrà, state pur certi che NON sarà in open source…
Molto semplicemente, dopo un paio di anni di divulgazione nei nostri circoli amicali, magari per convergenze parallele, magari perché vi sono pochi gradi di separazione fra due individui qualunque sul pianeta….è arrivato questo.
Con tanti cari saluti allo spazio per un futuro libero ed indipendente del concetto.
Unica consolazione: le idee, i memi, non ti appartengono davvero. una volta divulgate, vivono nella testa di chi le condivide.
( segue lo zibaldone, per chi ha voglia)
PEDAL COIN: UNA PROPOSTA OPERATIVA
INTRODUZIONE
Dopo la nascita dell’antesignana, Bitcoin, sono state create centinaia di monete virtuali, ciascuna con le proprie specificità ed i propri punti di forza, ciascuna in lotta per la sopravvivenza, alla ricerca di una nicchia di mercato.
Tutte si basano su due concetti fondamentali: il registro distribuito o distributed ledger e la catena di blocchi o blockchain come metodo di archiviazione condiviso.
Esistono due principali protocolli di funzionamento del “distributed ledger” con infinite e continuamente modificate varianti: il cd proof of work e il cd. “proof of stake”.
Questi protocolli, implementati in modo diffuso, costituiscono il segreto del successo di queste monete “virtuali”, perché, sostanzialmente, premiano gli utenti del sistema che forniscono la capacità di calcolo necessaria a svolgere i complessi procedimenti di calcolo che garantiscono transazioni sicure e la loro archiviazione condivisa nella rete ( cd distributed ledger).
Questo processo di calcolo a supporto di una particolare moneta si chiama “mining” e viene attuato secondo un particolare protocollo, che nella maggior parte dei casi e segnatamente nella più nota e diffusa di queste monete, il bitcoin, viene “premiato” con nuova moneta, allo svolgimento di un certo numero ( solitamente esponenzialmente crescente nel tempo) di calcoli connessi alle operazioni di validazione.
A causa della sua crescente complessità, che dipende duplicemente dal tempo, sia per la natura stessa del protocollo utilizzato sia perché il numero di transazioni aumenta all’aumentare della moneta in circolo e della sua diffusione, attualmente il mining è una attività che richiede enormi potenze di calcolo, elevati investimenti in tecnologia dedicata ed energia e costi crescenti anche in termini ambientali, per essere una attività remunerativa.
Proprio per questo, appositi panel costituiti dai fondatori della rete hanno più volte rivisto il protocollo di funzionamento, al fine di renderlo meno energy intensive, mantenendo lo schema di funzionamento, anche al fine di garantire la principale delle caratteristiche di queste monete, ovvero la loro natura di moente a credito ( vengono emesse solo a fronte di una attività e/o un investimento), tendenzialmente deflattive. Infatti il numero di monete totali è predefinito o mediante una unica emissione una volta per tutte o, come nel caso dei bitcoin, dalla crescente difficoltà di ottenere nuova moneta a fronte di un dato lavoro di calcolo eseguito.
Benché non sia lo scopo del presente lavoro fornire una analisi anche solo pallidamente esaustiva del concetto di moneta, si fa solo presente che la “virtualità” di queste monete è sostanzialmente simile a quelle delle monete ordinarie più diffuse, che sono anche esse, strettamente, virtuali
Sono infatti monete cosidette “fiat” ( dal fiat lux, di biblica memoria: sono un atto di imperio di una organizzazione nazionale o sovranazionale ( l’euro) che le fa “esistere”).
Da tempo, quindi, il denaro è un mezzo di scambio non connesso ad una singola e particolare entità fisica, potendo così essere prodotto nella quantità e con le modalità desiderate.
Il suo valore, dipende dal mercato, ovvero dalla utilità percepita dal suo possesso e quindi dall’interscambio con altre entità virtuali ( altre monete fiat) o reali ( beni e servizi, ad esempio il petrolio).
Per la loro natura “speculativa” le monete virtuali sono state prima ignorate e poi fieramente irrise, fino a che, circa tre anni fa si è assistito ad una esplosione del valore , iper esponenziale e speculativa, che ha visto un bitcoin passare da poche decine a 1200 dollari, crollare a poco più di 100 dollari e rimbalzare poi fino a quasi ventimila dollari di valore, trascinando con se le principali monete.
Attualmente si assiste ad un forte ridimensionamento da quei valori stratosferici ed ad un opportuno ripensamento sia sui protocolli sia sulle potenzialità delle varie monete. Alla fine, come è logico che sia, delle centinaia esistenti, ne resteranno solo poche, ciascuna presumibilmente, andando a coprire una nicchia differente di diffusione e funzionamento.
Il pedal coin è una proposta operativa che intende creare una “” moneta” o, più correttamente un mezzo di scambio che sia basato:
Sul distributed edger
Su un metodo di funzionamento e consenso affine alla proof of work (POW) o proof of burn ( POB). Nel caso di una proof of Work andrà valutata la possibilità di un protocollo tipo mimble wimble3
Su una precisa attività fisica che sia verificabile tramite una funzione di hash crittografico con HW di bordo
firma digitale
rete permissionless peer to peer ( p2p)
crittografia a chiave pubblica e privata.
Che generi benefici diretti ed immediati con la sua stessa esistenza
Che possa vedere la sua utilità sociale, economica ed ambientale riconosciuta dalla rete finanziaria tradizionale, ad esempio sotto forma di sgravi fiscali riconosciuti alla presentazione di tokens, in modo da rendere possibile, con vantaggio per ambedue i mondi, un punto di contatto.
L’attività che si intende porre alla base della sua esistenza è tanto semplice quanto intuitiva: il movimento in bicicletta, declinato su qualunque percorso e qualunque finalità. Ovviamente il concetto, una volta implementato, è passibile di essere allargato ad altre attività analogamente “virtuose”.
Rapida analisi dei benefici personali e collettivi attesi dall’uso di un velocipede
Prima di affrontare il tema complesso dei benefici diretti attesi, sembra più opportuno perché ragionevolmente prevalenti, affrontare quello dei benefici indiretti, derivanti, in sostanza, dalla sostituzione di spostamenti attuati con mezzi a motore con spostamenti attuati con velocipedi.
E’ comune consapevolezza che il costo per la collettività degli spostamenti che utilizzano mezzi endotermici o, più genericamente, a motore, è un multiplo di quello percepibile dal singolo cittadino.
Il cittadino infatti è conscio dei costi fissi ( bollo, assicurazione, rate di acquisto e/o deprezzamento) del veicolo che utilizza e di quelli variabili ( riparazioni, manutenzione, incidenti etc) mentre ben difficilmente può rendersi conto di quelli che vengono sostenuti dalla collettività.
Fra questi sono ben visibili quelli legati alla realizzazione ed al mantenimento delle infrastrutture trasportistiche necessarie, strade, viadotti, segnaletica, barriere di protezione; molto meno quelli legati agli aumentati rischi sanitari ( incidenti, malattie croniche legate all’inquinamento, degrado delle condizioni psicofisiche delle persone etc etc). Ancora meno immediatamente visibili sono quelli necessari a mantenere la complessa infrastruttura indispensabile per il rifornimento dei veicoli, il loro smaltimento la loro costruzione, i sussidi( spesso immensi) alle aziende del settore, agli autotrasporti etc etc.
Tali sussidi ai settori interessati sono spesso i maggiori, percentualmente, che lo Stato fornisce al sistema produttivo, ed i costi infrastrutturali accennati sono tra i principali che deve affrontare.
Senza, naturalmente, tener conto delle problematiche connesse alle guerre, agli sbalzi del mercato petrolifero, etc etc. Senza contare, infine, l’immenso danno ambientale provocato, la devastazione di interi ecosistemi, il rischio sanitario che provoca decine di migliaia di morti all’anno.
Esiste una ampia, quasi infinita, messe di studi che hanno affrontato l’insieme di questi costi, palesi ed occulti, alcuni citati in bibliografia. Qui basterà ricordare uno degli studi più puntuale e recente, europeo, che ha stimato queste esternalità ( i costi che la comunità affronta per ogni km percorso in auto) in 11 centesimi al km percorso, mentre ha stimato in 18 centesimi i benefici ( esternalità positive) derivanti da 1 km percorso in bicicletta ed in 37centesimi a piedi.
I costi complessivi affrontati in Europa per garantire il trasporto automobilistico sono stimati in 500 miliardi euro all’anno.
Se si tiene conto del basso tasso di riempimento delle auto, mediamente meno di due persone a veicolo, si può ritenere che i benefici costituiti dall’usare la bicicletta al posto dell’auto, immaginando di sostituire un’auto con due passeggeri con due persone in bicicletta, siano pari a circa 11/2+18*2=41,5 centesimi al km.
Tutto questo serve a fornire una possibile base di calcolo per agganciare una moneta che viene generata se e solo se si pedala, spostandosi tra due punti geografici differenti, al mondo economico reale. Il pedal coin, in sostanza, si propone come una specie di “certificato bianco”a minimale ed accessibile a tutti, con un suo mercato ( la piattaforma stessa) un suo metodo di archiviazione, distribuzione, certificazione e generazione ( la blockchain, il distributed ledger e la proof of work) e un suo valore di partenza, determinato dalla utilità ambientale sociale ed economica che la sua stessa esistenza attesta. Tale valore, inizialmente per motivi politici/ambientali, ma ben presto per motivi concretamente economici e sociali, dovrebbe o potrebbe essere riconosciuto dagli Stati in cui viene implementato, ad esempio sotto forma di sgravi fiscali riconosciuti dalla presentazione di pedal coins, secondo un interscambio che sia dell’ordine di grandezza necessario a riconoscere almeno il 50% dei benefici attesi al presentatore di pedal coin. E’ bene chiarire che il presentatore dei pedal coins potrebbe NON essere colui che ha materialmente pedalato per i corrispondenti chilometri ma che tali pedalcoins esistono solo grazie al fatto che si è svolta QUELLA e non altre attività ( proof of work).
Implementazione
L’implementazione prevede un protocollo simile alle versioni più “leggere” del protocollo di funzionamento del distributed ledger e relativadi bitcoin. Tale protocollo leggero è necessario perché il calcolo si svolge sfruttando la potenza di calcolo disponibile sugli smartphones attuali.
Il processo di mining si avvia SE e solo se, il dispositivo è agganciato con procedura di crittazione a doppia chiave, ad un minidispositivo connesso alla bici ( può essere portato anche in tasca) che, dotato di piattaforma inerziale di derivazione dalle schede dei cellulari attuali, dia dati di posizione velocità e caratteristiche di movimento congruenti con quelli risultanti dal cellulare stesso.
In poche e più semplici parole, se il sw di mining non vede un movimento che è assimilabile al pedalare ed analogamente il dispositivo “di bordo” ( può essere un gadget che fornisce una buona luce frontale e contiene l’accellerometro ed il dispositivo di connessione bluetooth) non vede lo stesso movimento, con una tolleranza la più stretta possibile, il mining NON si attiva.
I PEDAL COINS VENGONO GENERATI, TASSATIVAMENTE, SE E SOLO SE SI PEDALA, SU UN PERCORSO DEFINITO E MISURABILE TRAMITE GPS. Ecco perché una modalità tipo la proof of burn, che prevede di “bruciare” una certa quantità, in percentuale, dei token generati, in cambio di tokens premiali potrebbe permettere di collegare questi ai km percorsi, grazie alla variabile tempo, a sua volta connessa alle transazioni eseguite ed alla disponibilità di rinunciare ad un dato numero di token. Una cosa comunque da approfondire e non banale, come appare ovvio.
Proof of work e pedal coin analisi alternative
Un modo compatto e necessariamente semplicistico di definire la complessa serie di calcoli numerici sottostante alla validazione dei blocchi, nota come proof of work, è che la proof of work consente alla rete di non essere aggredibile da un hacker o un truffatore che voglia creare transazioni fittizie finalizzate o al collasso del sistema per sovraccarico ( DOS attack) o alla generazione di profitto per lui, tramite incameramento illegittimo dei tokens ( delle monete virtuali) circolanti. In pratica, poiché i nodi della rete sono tutti ugualmente qualificati a riconoscere e validare una certa transazione, un attacco che crei una motitudine di noi che validino una operazione truffaldina potrebbe creare un forking, cioè un ramo della rete che, pur fittizio, essendo basato su una operazione scorretta, riceverebbe la maggior parte degli assensi e quindi verrebbe riconosciuto valido. Proprio la potenza di calcolo necessaria a validare un blocco di transazioni, legata alle modalità di formazione e validazione dei blocchi attività che viene remunerata dalla generazione di nuova moneta, permette di bloccare queste intrusioni malevole, per insufficiente capacità di calcolo. Se quindi il concetto alla base della proof of work, evitare intrusioni malevole volte a far collassare il distributed ledger o modificare a proprio vantaggio lo stesso, ottenendo un reddito illecito, è questo, ecco che il pedalcoin come concepito, appare in grado di ottenere lo stesso risultato sostituendo alla proof of work la proof of pedal.
Infatti un nodo malevolo, per far validare una transazione scorretta, o tentare un attacco DOS, dovrebbe prima di tutto fornire una proof of pedal ovvero mostrare che sta pedalando e che i suoi dati sono congruenti con quelli del device. Ma, ovviamente, non è possibile generare istanze multiple perché si avrebbe bisogno di device multiple che siano a loro volta congruenti con nodi multipli ed attivi ( stiano pedalando) congruenti con essi.
Proprio perché è basata fisicamente, su una azione difficilmente duplicabile o falsificabile, la proof of pedal non appare forzabile se non con il consenso della maggioranza dei nodi, cosa che non appare possibile ne probabile ( le device hanno chiavi private che le rendono non modificabili o crackabili). Il pedal coin viene generato, quindi, a fronte di una attività, una proof of work, che dipende dai km percorsi secondo un algoritmo da verificare. Ogni nodo attivo, ovvero che sta pedalando contribuisce alla validazione DIRETTA ( senza calcolazioni complesse ulteriori, dato che la rete non è forzabile) dei blocchi e viene direttamente premiato in modo costante, in dipendenza dei km fatti. L’aggancio alla rete avviene dopo assenso da parte del device e si mantiene se e solo se i dati ricavati dal device sono congruenti con quelli dello smartphone o smartwatch del candidato nodo. Esiste un limite superiore di 50 km/gg ( possibile grazie al timestamping) che potrebbe essere imposto sia per evitare forzature nelle attività sia perché vi sono prove che percorrenze elevate non siamo significativamente positive per la salute dell’atleta e quindi, in ultima analisi, per la collettività.
Poiché è essenziale che si mantenga una democraticità tra i nodi ( ogni partecipante alla rete riceve tokens in proporzione ai km fatti) si propone che i tokens generati dalla chiusura di un dato blocco siano generati in proporzione dei km totali percorsi nel tempo generato dalla creazione del penultimo blocco da tutti i nodi partecipanti alla validazione e siano distribuiti in uno di due possibili modi:
in maniera equa fra tutti. Benché in questo modo chi percorre più km viene premiato meno di chi ne percorre di meno nello stesso tempo, si ritiene che il tempo intercorso sia sufficientemente breve da non creare pesanti distorsioni e comunque potrebbe essere stabilito un limite minimo e massimo alle velocità di validazione di un nodo ( ad esempio 10 e 35 km/h) dato che quel che si vuole incentivare, ricordiamocelo sempre è LO SPOSTAMENTO in bicicletta tra due punti e non l’attività fisica in quanto tale e si ritiene quindi che velocità troppo alte o troppo basse siano indizi di attività diverse da quelle che intendiamo promuovere.
In maniera proporzionale ai km percorsi dal singolo nodo nel tempo intercorso. In questo modo si mantiene un incentivo maggiore per chi, in un dato tempo si muove più velocemente, cosa di per se non obbligatoriamente sempre e comunque positiva. Rimane però il vantaggio sia di una maggiore equità che di un legame stretto con il contributo dato dal singolo al benessere collettivo.
I sensori necessari sono già presenti dentro ogni cellulare ( l’accelerometro dei cellulari è già in grado di riconoscere, grazie a molti sw liberamente scaricabili, il tipo di attività fisica svolta, il nr. di passi o di pedalate etc etc) e sono anche facilmente reperibili in forma estremamente miniaturizzata, ed economica, basterà qui ricordare gli orologi ed i bracciali utilizzati per le attività fisiche da milioni di atleti e semplici praticanti amatori, nel mondo. Si presuppone probabile una implementazione della piattaforma HW di conferma, cd “device” a partire da arduino e sensoristica connessa, per un costo stimabile, a sensore, di circa 5-15 euro e di circa 30-50 euro del device ( verifica necessaria). Da notare che il device ha anche l’utilissima caratteristica di poter costituire un ottimo allarme in caso di furto e che potrebbe essere realizzato in un bundle con altre utilità, ad esempio una luce e diffusore sonoro, una radio fm.. etc etc
La presenza di un doppio sensore, il proprio cellulare e il device di bordo” con collegamento a doppia chiave, rende difficili le truffe.
Si ritiene comunque che il valore tendenzialmente basso e comunque pari al massimo ad una ventina di centesimi, di un km percorso, nella sua interfaccia con il mondo reale tramite i riconoscimento di sgravi fiscali ( il 50% o meno dei benefici collettivi attesi per l’attività) renda scarsamente interessante l’implementazione di sistemi in grado di ingannare sia il sw sia il sensore “di bordo” che andrebbe, in qualche modo, pensato come certificato o certificabile e dotato di una sua univoca identità, per quanto anonima.
Da notare che il device può essere venduto con un riconoscimento parziale di un tot di pedal coin, che in qualche modo costituirebbe sia un modo di finanziare lo sviluppo dell’idea sia un modo per restituire utilità sotto forma di tokens a chi partecipa alla offerta iniziale di pedal coins. Si propone un intercambio credibile, ma comunque non troppo elevato, dato che i pedal coin saranno connessi ai km percorsi con valori in termini di ondo reali, bassi. ( 10 O 20 CENTESIMI A PEDAL COIN). Si vuole inoltre incentivare la creazione di valore mediante attività e non i rentier, che comprano device e non li usano.
Ad esempio 100 pedal coin, per un device da 50 euro.
O 200 per un device da 100 euro.
resta da chiarire:
Licenza per difendere l’idea. Propongo creative commons: chi vende sensori certificati e ci guadagna deve pagare le royalties previsti dalla legge. Chi li realizza senza fini di lucro ( ad esempio, un istituzione pubblica) e li distribuisce liberamente, no.
Il protocollo proof of work che sia leggero e compatibile con la potenza di calcolo disponibile e, nel contempo sia fisicamente agganciato ( tot al km, in qualche modo e non tot al minuto, per evitare che qualcuno vada in bici a passo di lumaca e faccia mining come un atleta in allenamento)è corretta la visone che vede la proof of pedal sufficiente?
Costi e modi di realizzare e certificare il sensore “on board”.
Lancio dell’idea, media coverage, endorsment politico e sistemico etc etc.
Bibliografia/riferimenti
I certificati verdi ed il loro fallimento https://www.theguardian.com/environment/2009/mar/10/lovelock-meacher-slam-carbon-trading
Stabilità ed affidabilità del Nakamoto consensus: https://eprint.iacr.org/2019/943.pdf
The Social Cost of Automobility, Cycling and Walking in the European Union
Mimblewimble cambia il modello tradizionale delle transazioni blockchain. In una blockchain MW, non ci sono indirizzi identificabili o riutilizzabili, quindi tutte le transazioni appaiono ad un estraneo come dati casuali. I dati della transazione sono visibili soltanto ai rispettivi partecipanti. Quindi, un blocco Mimblewimble appare come una grande transazione invece di una combinazione di tante. Questo significa che i blocchi possono essere verificati e confermati, ma non forniscono alcuna informazione in merito a ciascuna transazione. Non è possibile collegare gli input individuali ai rispettivi output. Mimblewimble utilizza una funzione chiamata cut-through, in grado di ridurre i dati all’interno dei blocchi rimuovendo le informazioni sulle transazioni superflue. Quindi, invece di registrare ogni input e output (dai genitori di Alice a lei, e da Alice a Bob), il blocco registrerà solo una coppia input-output (dai genitori di Alice a Bob). In breve: Permette a una blockchain di avere una cronologia più compatta, più facile e veloce da scaricare, sincronizzare e verificare.
Inquadramento generale sui DL, blockchains e proof of work https://www.blockchain4innovation.it/esperti/blockchain-perche-e-cosi-importante/
Quale sorpresa ci sarà nell’uovo Pasquale? Come ci guarniranno la colomba in Europa?
Il MES, ma attenti ai cacs. Lo SURE, ma attenti alle garanzie di stato. La BEI, ma e’cara. I corona Bonds, al patto di chiamarli obolo di Giuda ( protettore dei cassieri) oppure questo oppure quello……
oppure:
La BCE compra i buoni del tesoro in scadenza dei vari paesi, sul mercato secondario , creando la liquidità che gli serve per farlo e LI ANNULLA, ad esempio dichiarando che rinuncia all’incasso per cinque anni.
Dopo cinque anni, da noi ma non solo, i diritti dei detentori dei nostri titoli di stato sono prescritti. EVAPORATI.
A quel punto l’Italia, ad esempio, che avrebbe 300 miliardi di buoni in scadenza nel 2020, può emettere nuovo debito per tale cifra senza indebitarsi di più di quanto non sia.
Se rinuncia ad una quota di questa cifra, ad esempio il 50%, e quindi si finanzia per 180 miliardi, i suoi conti MIGLIORANO rispetto al previsto.
Mi sbaglierò ma….i buoni in scadenza sono già emessi e quindi sono sul mercato. La BCE PUÒ comprarli, senza cambiare il regolamento, sul mercato secondario. ( whatever it takes, anybody?)
Quelli che comunque non vengono intercettati, poniamo un 50%, vengono acquistati dalla cassa depositi e prestiti o similari( ogni paese ne ha almeno una o qualcosa che ci somiglia) dal suo azionista di maggioranza, ovvero dallo stato italiano, ad esempio al 99% del valore di facciata, così ci guadagna. E li gira alla bce, che come visto li può comprare.
La soluzione è equanime perché premia tutti allo stesso modo, non genera inflazione, consente agli Stati una grande libertà di azione ed evita speculazioni, dato che gli Stati devono collocare molti meno buoni del tesoro del solito e, sopratutto, lo possono fare con le tempistiche più opportune e non sotto il vincolo di rimediare la liquidità necessaria al rimborso dei buoni in scadenza.
Nell’insieme in questo modo NON si aumenta il debito degli Stati.
Il denaro in circola aumenta ma, ricordiamocelo, serve anche per coprire le inesorabili voragini che stanno per aprirsi nei bilanci delle banche e, naturalmente di imprese, famiglie, Stati.
Difficile, in questa condizione, che ripartano i prezzi ed i consumi. Ci sono anzi rischi di deflazione.
Nel caso, la qui presente premiata consociata Crisiswhatcrisis& partners, per la consulenza, si accontenta dello 0.00001% dell’importo, che devolve fin d’ora ad un fondo destinato a premiare tesi sociali sull’utilizzo del termine “sticazzi” o meglio di equivalenti ma più delicate allocuzioni, politically correct nelle relazioni internazionali…. eeeh?
Ha fatto notizia il rischio di un mancato rifinanziamento dei congedi di paternità, ovvero la versione maschile dei congedi di maternità, in scadenza a fine anno. Il Ministro per la famiglia è dovuto intervenire di persona con un emendamento che stanzierebbe 40 milioni di euro per il rinnovo della misura, però limitata a miseri quattro giorni, davvero troppo poco per fornire un qualunque tipo di supporto alla coppia che ha appena avuto un figlio. Il motivo all’origine di questa come altre situazioni è abbastanza semplice: Severi limiti di bilancio, dovuti all’allocazione di risorse, che sappiamo essere molto criticata in sede CEE, verso l’assegno di cittadinanza, la revisione della riforma Fornero, la flat tax.
In sintesi, per trovare le risorse finanziarie necessarie senza far esplodere ancora di più il deficit, il governo sta facendo economia un poco in tutti i ministeri, fino al punto di tagliare e/o non rinnovare misure che, oggettivamente, hanno costi irrisori. Ho già scritto sulla modalità delle aste dei buoni del tesoro e sul fatto che vi sia, apparentemente, spazio per una revisione, facendo così risparmiare allo stato miliardi di euro all’anno.
A quanto pare, però vi sono ancora altri aspetti di queste aste che, rivisti, potrebbero far risparmiare miliardi. Uno di questi aspetti è la remunerazione prevista per gli enti abilitati a partecipare alle aste. Per alleviare il loro disturbo e risarcire i costi che affrontano per partecipare alle aste, infatti Sono previsti, di legge, dei rimborsi, sulla base di una quota % fissa di quanto acquistato. Si tratta, attualmente di cifre che oscillano tra lo 0.2 e lo 0.35%. Non sembra un granché, finché non si prende in considerazione quanti sono i titoli del tesoro che vanno a scadenza e devono essere rinnovati, ogni anno ( senza contare quelli necessari a finanziarie il nuovo debito).
Si tratta di oltre 300 miliardi euro all’anno. Ovvero: annullare o almeno ridurre severamente questo inspiegabile benefit farebbe risparmiare IMMEDIATAMENTE almeno un miliardo di euro allo Stato, OGNI ANNO. Una misura più o meno pari al risparmio conseguibile con tutte le misure anticasta proposte e/o previste. Evidentemente, come sempre, ci sono caste di serie A e di serie B.
Clausewitz, scrisse, in un trattato rimasto famoso, che la guerra era la politica proseguita con altri mezzi. Benché il trattato sia ormai (per fortuna, direi) relegato alle accademie militari, il detto è rimasto famoso ed è stato parafrasato un poco da tutti. Per non sottrarsi quindi, alla tradizione, PARAFRASANDO, anche noi, mi sento di affermare che, alle volte, capitano casi di vera guerra propagandistica, in salsa giornalistica.
Quella del “garlic belt” è una RELATIVA novità, dopo l’infausta era dei paesi PIIGS ( portogallo, irlanda, italia Grecia spagna) , i maiali, brutti sporchi e gozzovigliatori, da contrapporre ai nobili paesi del nord europa, con il loro digrumare nel fango, dissipando e sbafazzandosi le risorse a loro generosamente gettate. In attesa del Norcinaio, ovviamente. Che quella dei “PIIGS” non fosse solo una sigla ma piuttosto una strategia comunicativa, lo capimmo noi di Crisis, tra i primi, ormai dieci anni fa.
Combattemmo una minoritaria battaglia per far presente che vi sono altri Pigs prima di noi, che si mettono la maschera da formichina, pur essendo cicale quanto e più di noi.
Poichè questa cosa dei piigs era ormai fatta propria un poco da tutti, perfino dai diretti interessati e/o sembrava poco politically correct, e/o sembrava ormai poco incisiva, visto il fastidio che da l’attuale compagine governativa italica, e visto che non si prendono mai abbastanza le distanze da noi barbari e cafonazzi del sud, ecco che è spuntata la “garlic belt”, la cintura dell’aglio, intesa come quei paesi euromediterranei usi ad abusare dei saporosi bulbetti.
Ci sarebbe da far presente a chi ha coniato questo termine che i francesi lo usano quanto e più di noi, nella loro cucina e che, d’altro canto, in Germania e in tutti i paesi nordici si fa amplissimo e forse esagerato uso dell’erba cipollina, non esattamente fragrante di fiori di montagna.
Ci sarebbe da ridere se non fosse che la prima regola, per schiacciare o colpire qualcuno è trasformarlo in un qualcosa. In un qualcosa di puteolente, sgradevole, insignificante. Del resto l’aglio si schiaccia, no?
NATURALMENTE la nostra stampa, mai abbastanza subordinata e complessata, ha fatto proprio il termine , con accenti di immancabile commiserazione. Il Sole 24 Ore, in particolare, ha pubblicato un articolo che mostra la disoccupazione in Europa, sotto il titolo “mezza Italia è tedesca l’altra mezza è Garlic belt”. Ora, premesso che in ogni caserma che si rispetti ( e l’Europa, QUESTA Europa,è una caserma) il nonnismo va sempre dal più forte al più debole, questo articolo non è solo una indegnità, visto che usa un termine già indegno di suo INDEGNAMENTE verso una parte del paese.
E’, sostanzialmente FALSO. Perché, tanto per cambiare, in questa statistica, la Germania trucca le carte. I Land con la disoccupazione più BASSA sono anche quelli dove è più ALTA la percentuale dei cosiddetti “minijob”, lavori sottopagati che vengono integrati dallo Stato, con una forma di sussistenza occulta il cui unico scopo, in sostanza, è quello di poter produrre statistiche con dati falsati come questi. Se si confronta, infatti, i dati areali salta immediatamente agli occhi che SE SI AGGIUNGONO i minijob, sostanzialmente redditi di cittadinanza SOTTO MENTITE SPOGLIE, dati in cambio di lavori di poche ore a settimana pagati pochi euro/ora, alle percentuali di disoccupazione, all’improvviso si scopre che il NORD ITALIA è più Germania della Germania, che in realtà ha tassi di disoccupazione E sottoccupazione simili a quelli del centro Italia e perfino di un paio di Regioni del sud.
Potete “divertirvi” a verificare da soli, giocando un poco con i grafici, che sono interattivi, qui per i minijob e qui per i tassi di disoccupazione. Ausschließlich sta per esclusivamente, ovvero come unica attività il minijob. Nebenjob come lavoro part time, e Gesamt come somma dei due. Conclusione? Non è certo da questi dati che si vedono, se poi esistono DAVVERO, i differenziali tra NOi maiali mangiaglio ed i profumati e decorosissimi paesi della “cintura del burro”. Magari non avranno pensioni, esattamente come noi, magari si affanneranno in lavori sottopagati e di bassa specializzazione, magari il tutto si traduce, PRIMA DI TUTTO in un clamoroso aiuto alle imprese piuttosto che ai lavoratori, semplicemente sussidiati, ma tant’è, l’importante è poter raccontare a tutta Europa e, prima di tutto a se stessi che tutto va bene la Signora Marchesa. Il problema non è tanto che loro sparano bufale. E’ che noi ci crediamo. Considerando che il nostro principale giornale di informazione economica, dopo aver elargito per decenni sensatissime e precisissime analisi economiche, è quasi fallito, ed ora vale un decimo che dieci anni fa, direi che faremmo bene a dargli la stessa percentuale di attendibilità.
Quello dei migranti in arrivo sulle nostre coste , tra l’altro calati del 50% è un problema stagionale, o elettorale o, come in questi giorni, tutt’e due le cose. Ovvaimente NON è così, è un problema epocale che andrebbe affrontato con pari intensità per non farlo diventare anche esiziale, ma così lo riducono le cronache.
Come Lavandaie e gattini attaccati ai mammasantissimi di chiunque stia sulla tolda di comando, oggi ci occupiamo di una storia di attualità.
La nave Life Line, di proprietà della analoga ONG, battente bandiera olandese, ha recuperato un carico di migranti, è sovraccarica, vorrebbe portarli in Italia ma l’Italia, per bocca del suo ministro degli interni, la dirotta su Malta perché, a suo dire, i migranti sono stati raccolti nella zona SAR ( Search and rescue area) assegnata a Malta.
Malta dice che l’operazione di soccorso è stata effettuata FUORI dalla sua zona SAR, nella zona SAR della LIbia, normalmente sotto il coordinamento italiano e che quindi tocca all’Italia ed alla Libia decidere cosa fare.
Nell’indecisione, la nave, stracarica, rimane nel limbo Fortunatamente con mare non troppo agitato.
Intanto la cosa più importante: il porto vicino più sicuro sarebbe La Valletta, la gente a bordo della piccola e sovraccarica nave ha bisogno di aiuto, le leggi del mare impongono l’attracco al porto più vicino.
Chi rifiuta questo attracco sulla base di considerazioni amministrative commette un reato internazionale e come tale andrebbe perseguito. Ovviamente, gli accordi amministrativi/operativi sono sempre di un grado inferiore, come influenza, delle normative internazionali per il rispetto dei diritti fondamentali delle persone, tra le quali rientra, evidentemente ( per ora?) la vita.
Come stanno e come sono andate le cose?
Intanto vediamo, visto che nessun telegiornale è buono a farcele vedere, queste SAR, queste aree di ricerca e soccorso, come sono organizzate.
Qui vedete, intanto,la SAR Maltese. Come vedete si estende anche ad acque che NON sarebbero logicamente sotto il controllo di Malta, addirittura al di la di Lampedusa, fino a quasi alle coste tunisine. Ai tempi fu così stabilito su pressante richiesta di Malta stessa che ne faceva una questione di orgoglio e prestigio internazionale, senza contare, ovviamente, la possibilità di avanzare future richieste su arre di interesse e sfruttamento economico ancora contese con l’Italia( come si vede dalla mappa). Rendendosi conto di cosa questo comportava ( lo vediamo in questi giorni) e con l’occasione determinata dalle varie missioni internazionali, Malta rinunciò ad una parte della sua SAR che fu assegnata all’Italia. Qui vedete la situazione aggiornata.
In pratica L’Italia e le varie missioni internazionali si assegnarono varie zone di competenza, all’interno della sar maltese mentre veniva istituita, storia dell’anno scorso, anche una SAR libica, sotto controllo misto italiano e libico, nella quale operavano ( ed operano) sia missioni internazionali che ONG. SOTTO COORDINAMENTO ITALIANO.
Ok. QUINDI?
Dove sono stati raccolti i migranti della Lifetime?
E’ difficile dare una risposta a questa domanda, senza i dati che vengono forniti dalle autorità marittime, perche l’AIS della nave, il sistema obbligatorio di monitoraggio della posizione, è stato riacceso solo poche decine di minuti fa, verso le ore 10 UTC
Come si vede la nave procede lentamente, è al limite tra SAR italiane e SAR di Malta, come ridefinite a partire dal 2016, ma sta nella SAR Maltese.
Ma DOVE sono stati raccolti i migranti? Questo è il punto chiave ed è anche quello che fa la differenza tra un arbitrio ( o una balla, tout court) del nostro ministro degli interni ( no, il minuscolo non è un refuso) e una giusta rivendicazione di competenza.
Siccome l’AIS della Lifeline era spento, come facciamo a sapere dove era al momento del recupero?
CI aiutano Twitter e…un’altra nave.
Infatti la Lifeline ha raccolto i migranti da due gommoni, in una prima fase presso la costa libica e poiINTERVENENDO IN AIUTO AD UN’ALTRA NAVE, una gigantesca portacontainer danese, la Alexander Marsk, che già si era fermata a prestare soccorso. Basterà quindi verificare dove fosse la Alexander Maersk.
Purtroppo per avere uno storico lungo più di due giorni dei movimenti di una nave bisogna..PAGARE. I dati disponibili gratuitamente sono invece limitati alle ultime 48 ore.
Ecco quindi la prima posizione disponibile della portacontainer: le 9 UTC ( ora di Greenwich) del 22 Luglio 2018.
Quando è avvenuto il salvataggio?
Alle 20.23 del 21, ora UTC ovvero alle 22.30 locali, Lifetime è sul posto ad aiutare la Alexander.
Non è comunicata la posizione ma sappiamo che circa dieci ore dopo la Portacontainer è in navigazione a sud di Malta.
Considerando la velocità di 13 nodi una partenza intorno a mezzanotte, terminato il recupero, considerando che la portacontainer proveniva dal porto di Misurata, non è difficile capire che il tutto si è svolto fuori dalla SAR Maltese e dentro la SAR Libica, fino a qui sempre controllata e coordinata dall’Italia.
Come vedete, ci sono pochi dubbi: era in acque internazionali, vicino alle coste libiche e le operazioni SAR che la riguardano si sono svolte in quelle acque.
QuNDI:
MALTA HA RAGIONE, la competenza delle operazioni di recupero , in questo caso, NON è Maltese.
L’Italia ( o meglio: chi ci rappresenta) ha torto, perchè la SAR competente era quella libica, gestita FINO AD IERI dall’Italia che si prendeva, qualche volta, la responsabilità morale di rimandare i migranti nei campi da cui erano appena usciti, quindi sta all’Italia coordinarsi ed organizzare le operazioni. L’aver ceduto il controllo ai libici significa che per i migranti si apriva la certezza di un ritorno sulle coste libiche. Così stando le cose e con la responsabilità delle persone a bordo, quelli della Lifeline hanno fatto rotta su Malta e non su un porto libico come richiesto dalla Libia e, indirettamente dall’Italia, per un motivo elementare: nei campi di raccolta ( ovvero di concentramento) libici. SI MUORE, si viene stuprati si viene venduti come schiavi. Un porto libico IN QUESTA SITUAZIONE non costituisce un porto sicuro. Ergo, con l’Italia intenzionata a tirare per le lunghe per motivi propagandistici, si sono diretti verso Malta. Nel momento in cui anche Malta si è irrigidita, si sono fermati, per poi, mentre scrivo, riprendere lentamente il percorso.
3) Malta ha torto, MARCIO, quando non fa entrare nel suo porto la nave. Perché ormai questa è vicino alle acque territoriali Maltesi ed ha bisogno di aiuto. Che DEVE essere accordato, come recitano le norme internazionali ed anche elementari principi di umanità.
Poche ore dopo sono cominciate le segnalazioni di imbarcazioni abbandonate.
Non si dica che è un caso. La Libia lucra su queste cose e noi gli permettiamo di farlo, anzi la incentiviamo a farlo, visto che ora il coordinamento italiano ha cessato di esistere. Ovvero abbiamo appena rinunciato ad esercitare un minimo di controllo sui traffici in corso, che sono TUTTI i mano libica, come sappiamo bene.
NE ABBIAMO LA PIENA E TOTALE RESPONSABILITA’
D’ora in poi, GRAZIE ALL’IDEONA DI LASCIARGLI CAMPO LIBERO, i libici faranno i loro giochetti in libertà, ed in questo modo magari riusciranno davvero a scegliere chi fare passare in Italia e chi invece andare a riprendersi. Avevate paura degli islamici radicali? Degli spacciatori? Dei furfanti matricolati?Grazie alle decisioni di abdicare al controllo di quel pezzo di mare, l’Italia consentirà alla Libia di fare il bello e cattivo tempo, sopratutto cattivo, sulla pelle dei migranti. Ed a ben vedere, sulla nostra.
Naturalmente, NON si parla della Libia, in questi giorni, Libia che pure gestisce, a questo punto al 100%, tutto il traffico di migranti. Si parla delle ONG con le loro carrette dei mani, appese a qualche migliaio di euro raccolti su internet, che si limitano ad evitare morti in mare.
E’ più colpevole chi salva persone in mare o chi le mette ( o le lascia mettere) sui gommoni e poi, con le potenti motovedette pagate da noi, o le lascia affogare o le riporta nei lager costruiti CON I NOSTRI SOLDI?
Si discute della moralità e degli interessi nascosti dietro ai finanziatori di queste carrette delle ONG. Si potrebbe per un attimo discutere dei finanziamenti, probabilmente centinaia di volte più grandi, che sono andati ai nostri dirimpettai libici, con il risultato di abbattere del 50% il nr di migranti in mare, ma anche di aver aumentato in egual misura il numero dei migranti internati in campi da cui si esce solo per ritornare in mare ( pagando una mazzetta) o per finire o schiavi o sottoterra?
Dal fondo di quale letamaio osiamo sollevarci per reclamare purezza di intenti e trasparenza nei fondi per le ONG che operano nei nostri mari?
Smetteranno presto di operare, tranquilli.
Ci sarà qualche migliaio di morti in più, in mare ed a terra e, alla fine, qualche campo di concentramento in più. Di cui porteremo i peso morale ed economico. I migranti continueranno ad aumentare ma noi non li vedremo. Qualcuno li seppellirà a pagamento per noi e noi seppelliremo questo come un male necessario.
L’outsourcing del gulag, l’ho chiamato tanti anni fa, questo obbrobrio. Credo proprio che continueremo. Perché ALLA FINE, è un buon affare, tra motovedette, porti sistemazioni etc etc tutti realizzati con i NOSTRI soldi, molto ma molto ma molto più grosso di quello che dovrebbero fare le ONG,, TUTTE le ONG, a prescindere, nella ottenebrata mente di chi le vede come loschi trafficanti.
UPDATE:
Mentre si discetta raffinatamente sulle aree di competenza SAR, nel frattempo, la Alexander Maersk è arrivata con il SUO carico di migranti, circa 150 persone, alla fonda davanti a Pozzallo, in Sicilia.
A quanto pare il porto più sicuro raggiungibile più celermente.
Quale era, esattamente la differenza tra i migranti raccolti da una nave mercantile e quelli raccolti da una ONG?
Forse lo scandalo, in un mondo che si dichiara sempre più liberista e diventa invece sempre più spietatamente feudale è proprio che ancora esistano ONG, a prescindere.
Almeno una certezza, in vista delle prossime elezioni, l’abbiamo.
Cioè che il candidato che dovremmo votare, sulla base della probabilità di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, ascoltare le vostre esigenze, aiutare poveri e disoccupati, prendersi cura di voi, migliorare le cose, dirci come stanno DAVVERO queste cose, è quello indicato nel simpatico mural dell’immagine.
Pure qualcuno dovremo o DOVREMMO votare?
Ed allora? Allora, se siete degni lettori di crisi, scansate come la peste chi parla di:
Ripresa della crescita
Lotta all’evasione
Rispetto dei parametri di Maastricht ( SI!! c’e’ ancora chi lo dice!)
Sgravi fiscali per incentivare l’occupazione
Cartolarizzazione di questo di quello
E naturalmente, reddito di cittadinanza, reddito di inclusione, aumento pensioni minime etc etc
Questo per il banal motivo che sono:
bugie ( la lotta all’evasione non la fa VERAMENTE nessuno, perché gli evasori NON sono i Maestri di sci e i pizzicagnoli ma i grandi istituti bancari, le grandi aziende e lo Stato stesso, che è in clamoroso ritardo cronico, per decine di miliardi, nel pagamento dei contributi dovuti ai proprio dipendenti, gli sgravi fiscali vengono incamerati quasi integralmente, senza aumentare l’occupazione se non quella precaria)
impossibilità tecniche ( la crescita infinita o, ormai, la crescita tout court, senza aumento del debito più che proporzionale )
autoescludenti ( reddito di cittadinanza comunque declinato E rispetto dei limiti di bilancio imposti dalla Comunità Europea).
Disastri annunciati ( OGNI-SINGOLA-CARTOLARIZZAZIONE, ovvero svendita di proprietà, servizi, aziende, al netto degli spesso plateali favori agli amici im-prenditori si è certificatamente tradotta in un disastro per la collettività e, praticamente sempre, anche per l’economia del paese).
Quindi? Beh, la scelta è scarsa, la tentazione di votare per Terence Hill, enorme.
Purtuttavia, resistiamo, resistete e vediamo di scovare Quel qualcuno che possa non farci rimpiangere di non aver votato per NESSUNO. Mi accontenterei di qualcuno che anche solo adombrasse l’esistenza di un mondo possibile diverso da quello di una crescita infinita basata su un debito infinito, ovvero su una illusione altrettanto infinita. Ma per farlo si dovrebbe ammettere che, dopo aver seppellito gli altri ismi, è arrivato il momento di seppellire per bene anche gli ultimi rimasti ( liberismo, capitalismo etc etc) e vedere di riconnetterci al mondo reale in qualche modo più delicato di una musata contro un muro.
Alla fine dovrete votare per una persona ben precisa, nella vostra circoscrizione. dimenticatevi il voto utile, gli schieramenti, le sedicenti destre e sinistre e i sedicenti nondestra e non sinistra e….. cherchez l’homme ( o la femme).
Ieri una delle notizie più riportate da tutti i Media e ripresa dalla maggior parte delle Agenzie di Stampa è che in un file desecretato della CIA ( la maggior parte delle Agenzie ha riportato questo come uno dei files desecretati pochi giorni fa da Trump riguardanti l’omicidio Kennedy) si riportava la notizia che Hitler nel 1955 era vivo e rifugiato in Sudamerica.
Lo scoop è stato ripreso senza particolari distinguo o approfondimenti, cosi come era, da quasi tutti i giornali italiani.
A parte Attivissimo, nessuno ha analizzato la notizia per capire, al di la della credibilità della cosa, almeno l’origine dell’informativa.
Addirittura ANSA, la principale agenzia italiana ha riportato il nome di copertura del sedicente Hitler in modo erroneo:
Adolf Schrittelmayor, anziché quello leggibile sul retro della foto, pur citata come fonte. NESSUNO che sia andato a vedere l’informativa originale, disponibile QUI.
Dove si vede chiaramente il retro dell’ immagine. Il nome è invece Adolf Schuttelmayer. La U ha due puntini, l’ “umlaute” il che forse spiega, perché un anglofono funzionario della CIA abbia tradotto con Scrittelmayor.
L’errore del resto, viene notato anche da qualche altro funzionario come riportato in questo file immediatamente successivo, dove il nome è corretto. Nei files successivi, qui e qui, è riportato l’epilogo della cosa: dopo aver chiesto chiarimenti alla stazione locale di Bogotà, viene ritenuta una storia alquanto fantasiosa e si suggerisce di lasciar cadere ogni indagine. Nel caso contrario, si invita a correggere l’errore nel nome del soggetto da ricercare. Del resto già nei commenti alle firme dei vari funzionari che hanno gestito l’informativa è riportato un bel: “Have fun”, riferito ai funzionari 11-12 seguito da un “may not be so funny” del funzionario successivo, il nr 13, che quindi chiede un supplemento di indagine da cui scaturiranno i files successivi citati.
Attivissimo, come scrivevo, ha spiegato bene perché questa notizia è da ritenersi una bufala e nemmeno particolarmente saporita.
Il punto è che questo file è stato desecretato anni fa!!
MOLTI anni fa.
Quanti?
Per avere un indizio, si può provare a cercare il primo file della lista, quello il cui link comincia per 001.
Il primo file, tra l’altro è davvero interessante, perché è una analisi segreta di Hitler e delle sue caratteristiche, come persona, fisiche e psicologiche, usi ed abitudini etc et e data al 1942, a guerra già iniziata ( dal punto di vista degli USA) da qualche mese.
COMUNQUE, come vedete, a pagina 3, è riportato un bel timbro “declassified” del 18 Maggio 2000.
Che ragionevolmente si deve applicare anche ai files immediatamente successivi, per ovvi motivi di classificazione. COMUNQUE, se siete curiosi, QUI trovate l’elenco completo dei documenti CIA con la voce “Hitler”, tra i quali, ai primi posti , trovate proprio quelli di cui qui parliamo.
Poteva sfuggire, ai cacciatori di Nazisti e/o ai nostalgici e/o ai giornalisti in cerca di scoop questa cosa?
No. Infatti; oltre a qualche indizio assai più antico, ecco qui la prova che almeno tre anni fa era già nota.
Un libro del giornalista argentino Abel Basti che citava proprio questi documenti per costruire la sua storia.
Ed ecco la confermaCOMUNQUE VECCHIA DI SEI MESI, dello stesso Abel.
QUINDI? Quindi tutti media italiani hanno riportato una notizia tanto clamorosa quanto improbabile, senza approfondire un attimo ne verificare, un minimo, fonte e dati a disposizione. Senza chiedersi nemmeno se fosse tale, una notizia, o fosse una storia già ampiamente passata. Senza chiedersi se i files della CIA fossero stati desecretati di recente . Senza andarsi a vedere i files originali, a partire da una semplice ricerca come ho fatto io..
Senza tener conto che, ovviamente, con cacciatori di nazisti che avevano fatto di questo la loro ragione di vita, pensare che potesse scappare proprio il pezzo più grosso, oltretutto ancora preciso identico alla sua iconografia ufficiale, fino all’ultimo dei suoi baffetti, era come minimo improbabile.
In sostanza: ancora una volta fake news e di cattiva qualità.
Cosa c’entra questo con la mamma di tutte le Crisi ed il Picco?
C’entra, eccome, perché l’informazione, lo dice la fisica, è strettamente connessa all’entropia.
Per creare, raccogliere, distribuire informazione ci vuole energia.
Se i Computer e la rete ci permettono di accedere ad una mole di informazioni inimmaginabile, è anche vero che la nostra energia fisica, è rimasta quella. La nostra capacità di elaborare informazioni, pur agevolata dai supporti elettronici l, non può moltiplicarsi all’infinito.
Probabilmente, al netto di un sistema che richiede sempre meno informazioni e sempre più notizie, premiando le ultime un tanto al kg, piuttosto che per qualità, stiamo raggiungendo i limiti di elaborazione del nostro cervello. Un’altra dimostrazione che la crescita infinita non esiste e che, una buona volta, bisogna sostituirla con l’evoluzione. Questa si, senza fine.
La Catalogna. Il referendum in Lombardia e Veneto. L’Inghilterra.
La Scozia. I fiamminghi. La Corsica. La Sardegna. La Toscana. … Tutti vogliono essere indipendenti. Da tutto. Da uno Stato fiscalmente oppressivo. da una Europa cinica bara ed ancora più fiscalmente oppressiva, dominata da una opaca burocrazia asservita a poteri ancora più opachi…Tutti sono convinti che, non appena diventeranno indipendenti, tutto andrà bene ed un nuovo e radioso avvenire splenderà nei loro cieli, finalmente liberi dal bieco oppressore. Straniero o meno che sia.
Balle.
Ad esempio, La Catalogna e La Scozia NON sarebbero affatto libere di esercitare la politica fiscale preferita, visto che entrambe vorrebbero rimanere dentro l’Europa. Peraltro, a parte le dichiarazioni recenti e apodittiche di Junckers, non è detto che ci riescano, perché in Europa non c’e’ Stato che non abbia le sue minoranze in attesa di una loro indipendenza e non si vuole aprire il vaso di Pandora più di quanto non si sia già aperto.
Il punto è che si sbagliano e di brutto, gli indipendentisti. Perché non avverrà alcuna grande rivoluzione fiscale, anche restando fuori dall’Europa e dall’Euro.
Ovviamente le nuove monete coniate sarebbero debolissime ed ovviamente, nel processo, i capitali scapperebbero, impoverendo le due regioni. Ovviamente, DOVREBBERO chiedere con il cappello in mano, di ottenere le stesse condizioni e gli stessi accordi commerciali in vigore attualmente in Europa e non è detto che le otterrebbero. Nel processo, l’economia non potrebbe che andare a rotoli, con buona pace della speranza di PAGARE MENO TASSE.
Perché, in tutte queste indipendenze, a parte qualche riverniciatura culturale, emerge sempre, chiaro e nitido un fatto: che il vero e fondante motivo di queste istanze di libertà dall’oppressivo…etc etc etc bla bla bla…. è che si vuole pagare meno tasse, supposte malimpiegate da governi centrali parassitari.
Illusione. Perché le tasse sono sempre meno pagate per dare allo Stato la forza di mantenere servizi( in calo, costante, in ogni paese europeo) ma sempre più per pagare i debito contratti con il sistema finanziario, che a sua volta si approvvigiona presso la banca centrale per avere i fondi necessari a rifinanziare lo Stato. Il meccanismo ha bisogno dei cittadini come passaggio intermedio e si muove a velocità sempre crescente, anche perché sempre più spesso è lo Stato che interviene a salvare le banche con crediti in sofferenza ( prevalentemente NON nei confronti dei cittadini, nota bene).
Così è questo Moloch che schiaccia l’economia, il peso crescente dei debiti pubblici e privati che già ci porta ad impegnare il futuro dei nostri figli per pagare oggi le pensioni e per salvare oggi i conti correnti dei cittadini. Questo Moloch NON E’ MESSO IN DISCUSSIONE da nessuna istanza indipendentista. Si vuole girare meno soldi allo Stato centrale e lasciare più soldi per la gestione dello Stato autonomo appena nato e/o del governo federalista. Tuttavia pensare che sarebbero impegnati per servizi e/o che comunque la finanza non finirebbe per rosicchiarne parti crescenti ( essendo tanto più fragile tanto più è industrializzato il territorio, causa sofferenze bancarie) E’ una illusione non in un remoto futuro ma già ora. Non è un caso che le banche recentemente fallite siano quelle di distretti industriali tra i più sviluppati delle rispettive Regioni.
Per l’ennesima volta: l’UNICO modo per uscire da questa soluzione è chiedere l’indipendenza, si, ma da questa economia puramente monetaria che sta distruggendo a passi esponenzialmente più rapidi quella reale. Non c’e’ Stato che tenga. Questo sistema fagocita tutti gli Stati, e trascende dalle frontiere.
Non sarete liberi, cittadini di Catalogna o di Brembate, perché l’economia è costruita sul debito e questo debito è sempre più impagabile, non potendo l’economia crescere alla stessa velocità del debito. In realtà per raggiungimento rapido dei limiti fisici, la crescita presto finirà in tutto il mondo e questa volta in modo stabile. L’apparato finanziario mondiale si mangia, secondo diverse stime, circa il 25% della ricchezza reale prodotta nel pianeta e circa il 20% delle risorse fisiche. Senza produrre, ormai altro che un incubo planetario, che agita le notti dei ragionieri delle imprese, dei padri di famiglia precari con il mutuo sulle spalle dei genitori in pensione e dei Capi di Stato mondiali, alla ricerca di una scusa esterna per il collasso dell’economia prossimo venturo e/o la stretta alle libertà personali. Al netto dell’ovvio egoismo che pervade la vostra posizione, potevate scegliere tra il coraggio e l’illusione.
Avete scelto o state scegliendo l’illusione.
Avrete bisogno di molto più coraggio, per vivere nei tempi prossimi.
La prima indipendenza è quella dai luoghi comuni. La prima libertà non è quella che vi fanno sognare ma quella che vi costruite con le vostre mani.
Uscite dalla scatola, convincete voi stessi e poi i vostri concittadini e non avrete più bisogno di uccidere o odiare vostri simili per una chimera che molti possono raccontarvi ma nessuno portarvi a toccare in carne ed ossa. Non dovete distruggere il vostro Stato, dovete rivoluzionarlo. Non dovete distruggere l’Europa, dovete rivoluzionarne le istituzioni. Rimettete la finanza sul sedile posteriore. Fate tornare i soldi a fare il loro mestiere di mezzi e non di fine. Obbligate ad investirli in cose costruttive.
Fatelo in un modo semplice. Scegliendo, tra la stabilità della morte per soffocamento, schiacciati da un debito sempre crescente in termini reali che si mangia pezzi sempre più grossi della vostra vita, l’instabilità di una rapida svalutazione del denaro.
I vostri stipendi perderanno valore ma il denaro fermo in sempre più illusori investimenti finanziari ancora di più. Cancellate il debito. Avverrà comunque.
Potete ancora scegliere il modo.
Non dovete lasciare che distruggano la vostra vita e perfino le vostre illusioni. Abbiate illusioni raggiungibili.
E’ passato oltre un mese da un post che avevo deciso di NON pubblicare, perché si parlava di Costituzione, certo ma anche e sopratutto di cittadini. Salvata, per così dire la Costituzione, ora resta da fare i cittadini. Avrete pur visto che , dopotutto non è successo nessuno sconquasso. come, purtroppo, non è cambiato molto scambiando Arlecchino e Pulcinella sul palco.
In ogni caso il post ORA ha un senso maggiore che nell’immediatezza del referendum.
A mio sindacabilissimo giudizio, vi tocca sciropparvelo.
Ormai, vada come vada, avrete già deciso come votare nel babbo di tutti i NON-eventi.
Ovvero nel NOIOSISSIMO ed INUTILISSIMO referendum Costituzionale.
Lasciatemi dire la mia, in libertà. A partire da un fatto evidente: Nessuna riforma costituzionale potrà cancellare l’evidenza dei fatti: che siamo deboli, debolissimi di Costituzione. Di quella che conta, ovvero di una identità sociale, culturale e nazionale che ci permetta di ritrovare energie ed obbiettivi, l’unica cosa che potrebbe, diversamente biondi permettendo, salvarci dalla madre di tutte le Crisi, reloaded.
Questo referendum, in primo luogo, è un non evento perché, in un paese di buon senso, non si sarebbe mai tenuto. Perché le riforme in oggetto non sarebbero mai state proposte.
Non perché siano particolarmente nefaste ( ed in effetti, a mio giudizio, lo sono) ma perché sono, appunto, inutili, ininfluenti.
Inutili perché la nostra Costituzione, anzi: QUALUNQUE Costituzione è inutile senza Cittadini. Senza persone determinate a difendere e rafforzare il patto sociale che li lega sotto il tetto di regole condivise ed uguali ( si spera) per tutti e che si spera democratico.
E cittadini, in Italia, ne sono rimasti pochi, ammesso che ce ne siano stati mai molti in un paese individualista e settario come il nostro. In effetti è il patto Sociale, il progetto di Società concepito ormai 70 anni fa, la promessa di un futuro migliore e condiviso, a partire DAI LAVORATORI, ovvero da coloro che si costruivano il proprio benessere con le proprie mani, che vacilla, che cede. La nostra Società vaga, senza una direzione precisa, anzi nel tradimento dell’articolo 1 della Costituzione stessa . Mi pare infatti chiaro che la Repubblica attuale NON è fondata sul Lavoro (ammesso che esista ancora, come Repubblica e non sia ormai diventata una oligarchia di fatto).
Come è facilmente verificabile, l’articolo avrebbe dovuto terminare con “fondata sui lavoratori”, per rimarcare il primo soggetto destinatario e beneficiario del patto sociale ma, data la situazione internazionale, l’incipit sembrava troppo proiettato verso il socialismo reale per poter essere accettato da tutti i Padri Costituenti. Si trovo un compromesso che soddisfacesse i tre principali partiti popolari di allora.
Senza stare a ripercorrere la Storia di questi ultimi 70 anni è evidente che le modifiche proposte e del resto tutta la legislazione recente NON sono partite da quel famoso articolo 1 ma vadano, piuttosto, verso una fantomatica “governabilità” in grado di per se di garantire nuovi e radiosi giorni al nostro paese. In pratica, riconsegnerebbero il paese in mano ad una ristretta oligarchia, non eletta ( come è noto) ma, al massimo, indicata dagli elettori.
Del resto i lavoratori, al di la delle chiacchiere, hanno visto erose quando non cancellate buona parte della conquiste sociali ottenute nei primi 30 anni di Repubblica, in nome della demenziale “competitività.” Demenziale perché il costo del lavoro, in un paese come l’Italia, vale mediamente pochi percento del costo del prodotto finito e quindi, anche facendo lavorare le persone gratis, non potrebbe, da solo, risollevare l’economia, senza contare che, ovviamente, i poveri non comprano e non consumano.
Detto questo, quella della necessità di una maggiore governabilità che non andrebbe a discapito della democrazia è una balla ed anche grossa. Perché, intanto le democrazie, per definizioni sono MENO governabili e meno stabili delle oligarchie e, sopratutto delle dittature. Ogni aumento di governabilità implica automaticamente, in qualche misura, una riduzione nella democrazia. Siccome questa è stata mooolto erosa dal combinato disposto di leggi elettorali, diktat della trimurti internazionale a Presidenti compromessi con ogni potere altro da quello dal quale dovrebbe derivare il suo potere e tutte le altre varie cosuccie successe in questi anni, di democrazia in questo paese ne era comunque rimasta piuttosto poca.
La balla più grossa, comunque, è quella che la nostra struttura di governo con due camere paritetiche non permetterebbe lo svolgimento di una rapida funzione legislativa.
Ricordo solo una cosa: siamo il paese con più leggi, decreti ministeriali, decreti legislativi, decreti legge, decreti attuativi di tutta l’Europa e probabilmente di tutto il mondo cosiddetto civile.
Se la produttività di un parlamento si misurasse dal numero delle leggi, beh non avremmo certo bisogno di cambiare nulla.
Eppure, direi, queste centinaia di migliaia ( pare) di leggi e leggine NON hanno prodotto uno Stato perfetto, equanime, giusto, corretto, efficiente.
Sono MOLTO spesso,imperfette, farraginose, autoreferenziali, contraddittorie, illeggibili. E questo nonostante due o più passaggi dall’una all’altra camera.
Credo che sia difficile negare che un cospicuo numero delle nostre leggi siano scritte con i piedi ed attuate/applicate con ….altre parti del corpo. Per quale motivo, quindi, se i nostri legislatori sono così poco preparati, così eterodiretti, così incerti, da non riuscire a produrre leggi decenti dopo passaggi multipli, le cose dovrebbero migliorare quando questi passaggi fossero ridotti?
Ma, si dice, c’e’ bisogno di decisioni rapide in un mondo dinamico e mutevole come quello odierno. Si insiste che i tempi della costituzione erano altri: remoti, bucolici, rallentati, in una parola, placidi. Eh?! Ehhh?!! EEEHH??!!! No, dico: noi, a 25 anni da Mani Pulite, non siamo ancora riusciti a ricostruire una seconda repubblica decente. I nostri Padri Costituenti in 25 anni si sciropparono due guerre mondiali, un ventennio fascista e la Ricostruzione, che portarono a termine in meno di dieci anni.
Le leggi sulla tutela del lavoro, dell’ambiente, della sanità e previdenza pubblica. Oltre metà delle nostre città, buona parte della rete autostradale e ferroviaria, interi reparti industriali ( automobilistico, elettrico, chimico) sono stati ricostruiti o costruiti di sana pianta nei primi dieci, quindici anni della Repubblica ed osiamo dire che erano dei placidoni che si erano costruiti una struttura parlamentare faraginosa, adatta ai loro tempi lunghi?
Solo una Nazione, fragile, esile, malaticcia e stordita, debole, debolissima di Costituzione, senza memoria e, direi, senza pudore ne vergogna, si lascia raccontare frottole di questa portata da mezze calzetta di questa fatta, incapaci di riscrivere gli articoli della Costituzione senza trasformarli in un guazzabuglio illeggibile. Solo chi si è sempre disinteressato del significato e del valore della Costituzione, perché probabilmente non ha mai dovuto combattere per avere il diritto di averne una che non fosse calata dall’alto e fatta su misura per le oligarchie dominanti. Solo, infine, chi è già pronto per consegnare quel che poco che resta della struttura democratica dello Stato, pur di tornare alla crescita. sola salvatrice del futuro. Niente crescita, nessun futuro, è il mantra che continuano a raccontarci.
Siccome la crescita infinita in un pianeta finito è impossibile, consegnare il proprio futuro a chi continua ad illuderci di qualcosa che è impossibile, equivale a credere nei miracoli. Quelli di serie B, fatti da un santo falso che cammina sull’acqua perché ha i trampoli, che moltiplica i pani ed i pesci perché li frega a quelli più poveri di voi, che il discorso della montagna lo fa per convincervi che essere poveri, disperati e fessi è un bene perché grande sarà la vostra ricompensa.