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Come amica, la montagna

Come amica, la montagna, dicono, da sempre, nel Kurdistan. Il motivo, almeno qui su Crisis, non ve lo devo certo spiegare. Non dopo che decine di migliaia di persone sono state cacciate da Afrin, nell’immobilismo ed indifferenza generale, da milizie islamiche e soldataglie prezzolate varie, al soldo della Turchia. Ovviamente per poter riportare la pace, visto il nome dell’operazione “ramoscello d’olivo”. Magari quella cimiteriale, ma tant’è.

Un raro esperimento di convivenza, eguaglianza e tolleranza laica, la prima costituzione ecologista e sostenibile della storia recente,  si è chiuso, almeno per il distretto di Afrin, nell’ imbarazzo generale, al grido di “Allah è grande”. Non hanno amici i curdi, non ne hanno mai avuti, non ne avranno mai. La loro stessa esistenza mette in dubbio i confini di 4 o 5 stati.  Sopratutto costituisce una minaccia permanente effettiva per tutti i  regimi di questi stati. Non per qualche bomba o un poco di guerriglia, ma perché costituiscono un esempio ed un precedente di convivenza e laicità che sono l’esatto contrario di ciò su cui quei regimi si fondano o, nel caso della Turchia, si rifondano.

Piano piano che i cattivoni assoluti dell’ Isil  evaporano, o, per meglio dire, vengono riarruolati, sotto altre e varie bandiere, il quadro della Siria si fa più chiaro. Questo quadro prevede un confronto tripartito tra Iran, Turchia e stati del golfo vari, ciascuno con una propria agenda. In questo contesto la Russia si inserisce a fianco di Assad e dell’ Iran, con lo scopo di diventare la potenza di riferimento ed equilibrio della zona (una politica almeno secolare della Russia).

Per fare digerire la cosa alla Turchia, le lascia campo libero sul confine, così che possa coltivare i suoi sogni di grandezza. Gli Stati del golfo, come sempre, finanziano qualunque cosa metta in discussione i governi laici e/o ”filosciti” e quindi qualunque cosa sedicentemente islamica purché non sciita (tutto fuorché gli hezbollah).

Ovviamente ci sono motivi geopolitici “in grande” dietro la storia, si veda il rifiuto di Hassad al passaggio, gratis et amore dei, del previsto gasdotto dagli Emirati verso Turchia ed Europa, un affare da miliardi, principali beneficiari la Turchia, i paesi arabi e l’Europa. Ovviamente ci sono state cause scatenanti varie, oppressioni, repressioni, siccità, etc etc etc.

C’ sempre qualche motivo buono o supposto tale, per darsele di santa ragione, quando le cose vanno male. Alcune centinaia di migliaia di morti dopo sembra che,  alla fine, il vero scopo della Siria sia quello di fare da campo di esercitazione al fuoco per le truppe di mezzo mondo, una cosa sempre utile, per chi ha desideri di predominio mondiale, senza contare i dividendi dell’industria bellica.

Si, si sì sì, ma il gas (quello tossico) Ma il terrorismo? Riguardo al primo: siamo su Crisis, dicevo e non ci perdiamo tempo: una volgare false flag, per ricordare a tutti (rectius : provare a ricordare) chi comanda in zona e nel mondo. Due giorni dopo il supposto attacco con il gas, l’ esercito di Assad ha conquistato Duma, così dimostrando, se ce ne fosse bisogno, che non aveva alcun bisogno del gas, per farlo.

Ma il punto, visto che siamo su Crisis, è questo: il gas, come le mine, è un’arma schifosa, ma solo questo, un’arma.. serve per uccidere uomini e lo fa in modo brutale. Ma questo fanno TUTTE le armi. Morire dilaniato e sventrato da un proiettile di artiglieria o un pellet di una testata di un missile Smart, per coloro a cui capita, non è meno straziante che morire di gas o di mina. Ed il discrimine di una bomba o di un proiettile di artiglieria non è particolarmente migliore di quello del gas o delle mine. Le armi fanno schifo, tutte. E crederò alle campagne contro le mine, armi difensive povere quanto efficienti, contro eserciti invasori e/o contro forze preponderanti, quando vedrò campagne contro i missili intelligenti le bombe ed i proiettili di artiglieria che, storicamente, sono quelli che fanno più morti tra i civili. Assad sta vincendo sul campo e con lui l’Iran e con l’Iran gli Hezbollah, etc etc etc. Gli USA e l’Europa avevano ed hanno un bisogno disperato di sedersi, senza averne titolo, al tavolo dei trattati che decideranno il futuro di quel che resta della Siria. Ci voleva una false flag e, da almeno tre anni, è la terza volta che la usano, l’hanno trovata.

Non ci crede nessuno, (salvo qualche idiota e chi è pagato per crederci) sa di tappo, anzi: di muffa, da quanto è stantia, E’ credibile quanto il ciuffo di chi ha deciso via Twitter di usarla ma fa il suo mestiere. Scandalizzarsi è giusto ma inutile. E in Siria, da molti anni, le persone, per sopravvivere, hanno imparato a non scandalizzarsi ed a dividere le cose in utili ed inutili. I curdi lo sanno bene: la loro avventura continuerà fino a che saranno utili e nella misura in cui saranno utili. Uniche amiche le montagne.

Siria: guerra 4.1

di Jacopo Simonetta

In Siria è cominciata una nuova fase di una guerra che sembra voler durare ancora parecchi anni.  In Iraq stanno ancora decidendo con chi ammazzarsi al prossimo giro.   Secondo le migliori tradizioni locali, la situazione è caotica e continuamente cangiante.  Le tabelle qui riportate sono quindi necessariamente molto  approssimative.

Riassunto molto schematico delle puntate precedenti.

Iraq

Qui ci occuperemo della Siria, ma un cenno all’Iraq è necessario.
La guerra in Iraq cominciò nell’ormai remoto 2003 con l’invasione americana e, fra alterne vicende, è ancora lontana dall’essere conclusa.  Qui ci interessa che, nel 2014, la guerra civile irachena e quella siriana si saldarono in una guerra unica per il dilagare dell’ISIL in entrambi i paesi.  Anche in Iraq il “califfo” riuscì a far coalizzare tutti contro di lui, ma con giochi di alleanza diverse dal teatro siriano.  Ad esempio, la Turchia nemica dei curdi in Siria, ne è alleata (in parte) in Iraq; mentre l’Iran è arcinemico degli USA su tutti i fronti, meno in Iraq dove finora sono stati alleati.
Altra peculiarità irachena è che ci sono due partiti e due milizie curde che fanno capo ai due clan principali: i Barzani ed i Talabani (che non c’entrano niente con i talebani afghani).   I Barzani hanno commesso l’errore fatale di dichiarare l’indipendenza del Kurdistan iracheno, ottenendo il risultato di inimicarsi prontamente tutte, ma proprio tutte le altri parti in causa.
I Talabani, hanno reagito consegnando senza combattere la città ed i campi pozzi di Kirkuk ai governativi, pare in cambio di un accordo secondo cui il territorio curdo rimane formalmente sotto il controllo di Baghdad, ma è di fatto indipendente.  Come del resto è stato dal 2003 ad oggi.
Un successivo attacco dei governativi verso Ebril è stato respinto e, per ora, non è successo altro di importante, ma è chiaro che la guerra non è finita.  Semplicemente i vari contendenti devono riprendere fiato e decidere contro chi combattere.

Il verde indica buoni rapporti, il giallo sostanziale indifferenza ed il rosso ostilità, ma entrambe le tabelle sono molto approssimative perché per ogni incrocio sarebbe necessario un lungo discorso.  Ad esempio, non sono confrontabili l’ostilità della Turchia nei confronti di Israele o dell’Iran, che si imita alla freddezza nei rapporti diplomatici, a quella verso i curdi siriani, sotto attacco militare.

Siria

Prodromi.  La Sira ha sempre sofferto di violente divisioni interne che hanno portato più volte a rivolte  contro la minoranza alawita  al potere.  Tutte rapidamente sedate con alcune migliaia di morti.  Su questo retroterra storico, negli anni 2000 si sono innestati due fatti nuovi: una siccità senza precedenti e il calo della produzione petrolifera al di sotto dei consumi interni.  Questi due fattori hanno fatto precipitare la situazione in tutto il paese.

La fase 1 cominciò nel 2011, con una serie di manifestazioni scatenate da un’ondata di rincari dei generi di prima necessità.  La repressione del regime fu pronta e feroce, ma le proteste si diffusero a gran parte del paese in un crescendo di violenza che divenne guerra civile.  Gli USA cercarono di cogliere l’occasione di intervenire per sostituire Assad con un governo loro tributario, ma non poterono per il veto di Russia e Cina.  Così ripiegarono sul sostegno a diverse milizie ribelli, perlopiù raccolte sotto l’etichetta di ESIL (alias FSA) che, in realtà, riuniva centinaia di milizie perlopiù autonome.  I combattimenti si diffusero a gran parte del paese, mentre gradualmente emergeva come forza ribelle principale Al Nousra: una costola di Al Qaida che conquistò parecchio territorio sia a spese dei governativi, sia a spese di altre formazioni ribelli.

La fase 2 cominciò nel 2014, con la repentina apparizione dell’ISIL (alias ISIS, alias DAESH). Molto rapidamente gli “uomini neri” divennero la forza principale in campo, sconfiggendo ripetutamente sia i governativi che gli altri gruppi ribelli.  Fra l’altro, in questa fase di rapida espansione, l’ISIL conquistò molte posizioni all’ESIL, impossessandosi degli arsenali forniti dagli USA e dagli altri paesi occidentali.
La rapidità e la violenza con cui l’ISIL si impose non è spiegabile altrimenti che con un fortissimo sostegno da parte di una potenza straniera  ed il candidato più probabile è l’Arabia Saudita, magari con il sostegno delle altre petrocrazie sunnite.  Il ruolo attivo della Turchia è più dubbio, ma di sicuro questa non ha mai attaccato seriamente DAESH, se non quando questo era già stato sconfitto e solo per contrastare l’avanzata dei curdi.
Questa fase culminò con la nascita del Califfato.   Un errore strategico mortale che costò la sconfitta e (probabilmente) la vita ad al Baghdadi.  Proclamarsi califfo significa infatti rivendicare un potere diretto su tutti i governanti islamici del mondo. Una cosa dura da digerire anche per i suoi occulti sostenitori che, infatti, cominciarono a sostenerlo sempre di meno.

La fase 3 cominciò fra il 2015 ed il 2016.  Prima con il progressivo rafforzamento dell’intervento occidentale e poi con quello, indipendente ma coordinato, della Russia e dell’Iran.   Gli attentati a Parigi e a Tartus (base russa in Siria), oltre alle atrocità gratuite (commesse anche dagli altri contendenti, ma in maniera meno sistematica e spettacolare) portarono ad una serie di accordi fra la coalizione USA, la Russia, la Turchia e l’Iran.  La guerra di “tutti contro tutti” delle fasi precedenti diventò così una guerra di tutti contro l’ISIL che ne uscì sconfitto, ma non ancora annientato.
Da questa fase i principali vincitori locali sono stati i governativi di Assad ed i curdi. Ma se Assad ha recuperato i due terzi circa del territorio, ha però perso buona parte del suo potere a favore dell’Iran che, tramite Hezbollah, controlla parti strategiche del paese e dal cui sostegno dipende in buona misura la tenuta del governo.
I principali vincitori internazionali sono stati l’Iran (che oramai controlla di fatto parte del territorio siriano), la Russia (che ha rafforzato le sue basi e recuperato un ruolo politico di primo piano nel settore) e gli USA (tramite l’alleanza con i curdi che controllano circa 1/3 della Siria).

La fase 4 è appena cominciata con una sorpresa. Molti si aspettavano una “resa dei conti” fra i governativi sostenuti dall’Iran ed i curdi sostenuti dagli USA, ma la Turchia è intervenuta a sparigliare le carte, attaccando direttamente il territorio curdo.
Nel frattempo, continuano i cobattimenti ed i bombardamenti dei governativi conto le sacche di resistenza in varie parti del paese, così come gli attentati terroristici.

Sviluppi?

In Iraq l’incognita principale riguarda il Kurdistan.  L’unica cosa che trova d’accordo i governi di Turchia, Iran ed Iraq è infatti evitare la nascita di uno stato curdo.  Proprio per questo, gli americani hanno interesse a sostenerlo, ma si trovano in una fase di debolezza politica senza precedenti da cento anni a questa parte.  ”America first”, nell’arena politica globale, è di fatto “America Last” ed i curdi potrebbero pagarne il prezzo.   Inoltre, rimane da vedere se i Barzani ed i Talabani troveranno un accordo  o se combatteranno fra loro; entrambe le ipotesi sono possibili.
Infine, non si parla più della robusta minoranza sunnita che per decenni ha governato il paese (per inciso, anche i curdi sono sunniti, anche se il loro governo è comunista).  E’ già stata sconfitta due volte, ma non è detto che, fra qualche tempo, non ritenti una rivincita.

In Siria, l’attacco turco non solo rimette in discussione tutto il già complicato sistema di alleanza ed inimicizie tra fazioni siriane, ma rimette gravemente in discussione anche i rapporti di alleanza (già molto tesi) fra NATO e Turchia.  Oltre che aprire scenari di una possibile guerra civile in Turchia.

Anche i questo caso, la debolezza americana gioca contro i comunisti curdi che si trovano sostanzialmente soli, ma la politica mediorienatale ci ha abituati alle sorprese.  Per esempio, non è da escludere un accordo fra curdi e governativi per uno status di indipendenza sostanziale, ma non formale.  E se, nel frattempo, la NATO decidesse che della Turchia non c’è più da fidarsi, la posizione di Erdoghan diventerebbe molto spinosa.  Vedremo. Personalmente credo che molto dipenderà da quanto l’offensiva turca miri davvero ad occupare tutto o gran parte del Kurdistan siriano.  Probabilmente, alla NATO stanno discutendo quanti chilometri di Siria concedere all’alleato (ex alleato?).  Non è da escludere che si tratti in gran parte almeno di un bluff in vista delle prossime elezioni che si presentano particolarmente difficili per il “sultano”.

Di tutti gli scenari possibili, il peggiore è infatti quello di un dilagare della guerra in Turchia. In cerca del sostegno dei nazionalisti, Erdogan ha infatti fatto di tutto per rilanciare la guerriglia interna del PKK, ma i curdi turchi sono 18 milioni.   Inoltre, anche se l’epurazione contri i kemalisti ed i goulemisti è stata pressoché totale, ad Istambul e nelle città occidentali la popolarità di Erdogan è ai minimi storici, mentre il suo primato è insidiato anche da destra da Meral Akşener (leader di un nuovo partito nazionalista laico, assolutamente contrario all’islamizzazione voluta dal “sultano”).   Erdogan potrebbe perdere le elezioni, ma potrebbe anche vincerle, con o senza brogli evidenti.  In tutti i casi, la possibilità di una parziale implosione della Turchia non può essere esclusa.
Le conseguenze sarebbero devastanti anche per l’Europa, non solo per la definitiva perdita del bastione medio-orientale, ma anche perché una parte consistente degli 80 milioni di turchi (più 3,5 milioni di rifugiati siriani) cercherebbero riparo da noi.  Abbiamo già deciso cosa fare e come in un caso simile?   Se no, sarà il caso di pensarci.

 

 

La Turchia al salvataggio dell’ISIS ed altri disastri ( seconda parte)

Siria, 12 Marzo 2016
Siria, 12 Marzo 2016

Proviamo a fare un rapidissimo e brutale ( spero non troppo erroneo) riassunto:

la situazione parrebbe la seguente:

La Turchia:

non vuole una enclave curda e non vuole Assad o i suoi successori. A parole ma SOLO a parole non vorrebbe nemmeno l’Isis ma in realtà ci fa affari e continua a farceli. In pratica avendo mantenuto finora le frontiere aperte ai traffici ne ha garantito prima il successo egemone e poi la sopravvivenza, cosi’ diventando moralmente corresponsabile della morte di centinaia di migliaia di persone. Il progetto per la nascita di un protettorato turco sulla Siria è andato decisamente buca ed anzi ha creato le premesse per la nascita di uno stato curdo alle sue frontiere, proprio il contrario di quel che voleva ottenere. Ora, in verità, non sembrano sapere come uscirne. anzi, vedasi il caso dell’aereo russo e degli attentati sospetti ad Ankara, sono proprio alla disperazione.

La Russia:

lo sappiamo, è intervenuta per salvare Assad o meglio, presumibilmente, un governo laico in mano ai suoi successori, qualunque siano. Questo essendo dal suo punto di vista  sia una politica storica, ultradecennale sia un compromesso accettabile. In questo contesto bombarda, senza fare sofismi, tutti quelli che gli si oppongono, moderati, semimoderati, estremisti, neri, blu e verdi che siano. Ivi compresi i contrabbandieri di armi e petrolio attraverso il confine turco, non è improbabile che l’abbattimento del jet russo fosse una ritorsione per la distruzione di centinaia di autobotti ( e, presumo dei loro autisti) al confine turco, pochissimi giorni prima) ed è alleata dei Curdi, sia pure per via di un comune nemico. A loro uno stato curdo non sembra particolarmente indigesto ed anzi, visto che terrebbe sotto stress sia la Turchia che l’Iraq, è visto, immagino, come qualcosa di fondamentalmente utile.

Gli USA: all’inizio, mentre Assad massacrava il suo popolo, era sembrato una buona idea appoggiare la rivolta, anche perché la Siria di Assad, padre e poi figlio era sempre stata una minaccia permanente per Israele per oltre mezzo secolo. In ogni caso si sono “distratti” un attimo e si sono ritrovati l’Isis che, evaporato l’esercito Iracheno costosissimamente addestrato ed armato da loro ( e da noi) era arrivato alle porte di Bagdad. Per oltre un anno limitatisi a tamponare il collasso dell’Iraq, si sono decisi ad intervenire solo per il rischio di genocidio a Kobane, sull’onda dell’opinione pubblica. Visto che questo intervento faceva decisamente POCO piacere alla Turchia ci sono andati relativamente calmini ( anche perché distruggere depositi e linee di rifornimento dell’ISIS significava e significa fare morti turchi in abbondanza, come abbiamo visto).

Il guaio è che pareva un pochino strano riconsegnare il paese in mano a Assad o ad un suo successore. QUINDI, come al SOLITO si sono autoconvinti che vi fossero dei gruppi di ribelli moderati, desiderosi di cacciare Assad e di instaurare la VERA DEMOCRAZIA in Siria e li hanno armati ed istruiti. COME AL SOLITO questi gruppi si sono rilevati tutt’altro che mammolette moderate e nel migliore dei casi hanno rivenduto le armi all’Isis e nel peggiore sono direttamente passati, armi e bagagli nelle sue fila. Ora non sanno come uscirne:  visto che la Russia sta annientando TUTTI i ribelli tranne i curdi è piuttosto evidente che, per arrivare ad un governo stabile bisogna trattare con lei e scaricare la cosiddetta opposizione democratica. I curdi si può far finta di non vederli e si può far finta di non vedere Erdogan che ha cominciato a bombardarli ma alla fine se ne dovrà tener conto ed anche qui , visto che si sta mettendo l’YPG al bando come organizzazione terroristica, pare difficile non dover fare un triplo giro di walzer mediatico sperando di avere a che fare con una opinione pubblica con la memoria di un platelminto e l’intelligenza di un dodicenne. In effetti, visti i precedenti, ci sono buone possibilità che alla fine vada tutto bene. Si troverà un accordo che salvi la faccia ed anche altre parti del corpo al Presidente Turco, che eviti il genocidio curdo e che riporti tutto sotto un governo centrale stabile (democratico quanto è possibile in quella sventurata terra, cioè zero). L’alternativa, attaccare turilla con la Russia per difendere le manie di grandezza di Erdogan pare poco probabile. Alla fine si troverà, come si dice, la quadra; tutti contenti, una breve prece per i morti e gli sfollati, una reprimenda ai greci che non li accolgono a casa loro ma vorrebbero fargli girare un poco l’Europa. ed a casa tutti contenti a votare il prossimo Presidente.

E l’EUROPA?

Beh , di fronte alla strage ed ai macchiavelismi l’Europa…freme di sdegno, si indigna si addolora, si incaxxa,  ma poi, in ultima analisi, chiude il becco e si guarda bene dal criticare qualcuno ( a parte i Russi, ovviamente) SOPRATUTTO chiude le frontiere cercando di obbligare noi e Grecia a tenerci qualche centinaio di migliaio di sventurati, con la scusa degli infiltrati islamici a migliaia anche se quelli identificati  fino ad ora sono stati poche decine.

Tanto vale, a quanto pare, il famoso principio di solidarietà e sussidiarietà tanto sventolato. Tanto valgono i principi fondanti della Comunità.

Cosa resta da dire? Niente se che questi giochini sarebbero ridicoli se non fossero mortalmente tragici.

Ci sarebbero anche due parole in merito alla ipotesi chiave, tutta da dimostrare, ovviamente, da cui è nato questo post: che i recenti e sanguinosi attentati attribuiti a terroristi curdi in Turchia NON siano stati compiuti dal Pkk o dall’YPG. Il motivo di base pare evidente: proprio ora che hanno una enclave indipendente e la concreta opportunità di realizzare il sogno di uno stato curdo o la possibilità dell’autogoverno sembra proprio folle vanificare tutto facendosi mettere sulla lista dei cattivi internazionali. CUI PRODEST? Dicevano i romani. A chi giovano questi attentati? Al governo turco, per poter fermare l’avanzata curda e, ovviamente all’ISIS. Se si volesse cercare un colpevole, al netto di improbabili retate di attivisti curdi, si dovrebbe cercare in quella direzione.

E in termini generali da gufi?

Beh i gufi come noi di Crisis hanno letto, tra le varie, il Cigno nero e “sanno” che, quando si entra nel campo non lineare ( e niente è meno lineare della situazione che si è creata in Siria) le probabilità che succeda qualcosa di totalmente inaspettato ed imprevisto sono MOLTO più alte di quanto si creda.

La Turchia al salvataggio di Daesh ed altri disastri

Siria, 12 Marzo 2016
Siria, 12 Marzo 2016

Il buon Leo Longanesi era solito dire che la Storia non si ripete ma fa la rima. Non so a voi ma a me, inguaribile gufo (e rosicone) la tragedia Siriana ricorda, in qualche modo, la guerra civile Spagnola.

Non certo per il gioco delle forze e delle ideologie in campo ma piuttosto per il fatto che una tragica guerra civile diventa il pretesto per un test delle tecnologie delle rispettive forze e debolezze e della solidità di blocchi contrapposti. A quei tempi ovviamente, patto d’acciaio contro Russia ( con osservatori USA ed inglesi) oggi Russia e Nato.

Sembrano insomma le prove generali di un bel conflitto mondiale, tanto per cominciare bene il nuovo millennio. Certamente in parecchi stanno scrocchiando le nocche e flettendo i bicipiti, in attesa dell’occasione buona per menare le mani sul serio.

Ma proviamo ad entrare nel merito, per quello che un peon fiorentino può capire di questo sanguinoso e tragico garbuglio.

La cosa che a me pare tremenda è che, in ultima analisi, appare sempre più evidente come questa tragedia sia stata fomentata, favorita e poi foraggiata e finanziata oltre che dai soliti “misteriosi” fiancheggiatori arabi, da uno stato  a parole moderato e laico. La Turchia, forse speranzosa di poter mettere le mani, in qualche modo, su una Siria disintegrata ( e sui suoi pozzi di petrolio) o più semplicemente di creare un protettorato in grado di tenere a freno le mire indipendentiste curde.

Per oltre un anno, di fronte al rischio evidente di un genocidio, basterà ricordare Kobane, la Turchia se ne è stata buona. Anche troppo: ricorderete i soldati turchi che assistevano alla battaglia che si svolgeva a poche centinaia di metri di distanza, senza muovere un dito.

MAPPA-SIRIA-ISIS-GIUGNO-2015-JUNE-2015
Siria Maggio 2015

Poi, con l’inizio dei bombardamenti USA e russi, la marea si è invertita ed i curdi hanno prima scacciato l’Isis dalle terre con popolazione in maggioranza curda e poi via via anche da quasi tutta la fascia di confine con la Turchia ( potete fare il confronto da soli fra la situazione nel Maggio del 2015 ed ora).

Anziché aiutarli a completare l’opera, così ponendo fine alla strage, dato che l’Isis, senza sbocchi verso il mare sarebbe rimasta senza rifornimenti di armi e munizioni e quindi sarebbe stata rapidamente spazzata via, la Turchia ha deciso di passare all’ azione.

Per fermare i curdi, non l’Isis. In mezzo a prove sempre più concrete di un diretto coinvolgimento nella compravendita di petrolio contro armi,

cisterne distrutte in un attacco russo
cisterne distrutte in un attacco russo

con il califfato, con voci di un coinvolgimento diretto nei traffici della famiglia di Erdogan, alla ricerca disperata, addirittura, di un casus belli ( si veda l’abbattimento dell’aereo russo) che potesse obbligare la Nato a schierarsi dalla sua parte, posta alle strette ha riesumato, è ovviamente solo una ipotesi, i classici metodi da “false flag” per giustificare l’inizio dei bombardamenti contro… l’YPG.

Visto che era difficile inventarsi un incidente alla frontiera ci sono voluti un paio di attentati per coinvolgere l’opinione pubblica interna ( che aveva comunque poco bisogno di essere convinta) ed internazionale che l’YPG è una organizzazione terrorista, che come tale va fermata e, nel caso bombardata sul territorio siriano, in modo da impedirgli ulteriori conquiste ( che sarebbero ai danni dell’ISIS, bene chiarire di nuovo).

Certo questo fa MOLTO comodo all’ISIS-DAESH.

Anzi: per ora ne garantisce la sopravvivenza.

Certo: questo rende sempre più vergognoso il silenzio ipocrita dell’occidente.

( continua)