Niente basta, a colui a cui non basta quel che è sufficiente/9

Reti ad Albero

Un futuro connesso. Reti elettriche intercontinentali

Dopo aver parlato di una delle poche possibilità che abbiamo di stoccare TWh di energia per usarla durante l’inverno a partire da fonti rinnovabili, è assolutamente necessario fare un altro passo e chiedersi se, dopo tutto, sarebbe possibile fare arrivare questa energia elettrica da lontano, magari da altri continenti. Il sole splende sempre da qualche parte della Terra. Il problema è far arrivare la corrente elettrica prodotta, per dire, in Messico, durante l’inverno Boreale, per integrare la produzione elettrica dell’emisfero Nord, che, durante l’inverno, nonostante una certa complementarità tra idroelettrico, eolico e fotovoltaico, sarebbe altrimenti insufficiente.

Le attuali linee ad alta tensione sono in corrente alternata, come le linee di casa. Queste linee, a causa dei campi elettromagnetici generati dall’alternanza di corrente ed altri effetti, hanno una certa dissipazione energetica durante il trasporto, che sulle distanze italiche di svariate centinaia di km tra produzione e consumo, possono anche superare il 10%. 

E’ energia persa, dissipata, in ultima analisi come calore.

Sembrerebbe quindi chiaro che una trasmissione di energia elettrica a migliaia di km di distanza, attraverso, per dire, l’Atlantico, sia impossibile.

Esiste però un’alternativa: trasmettere energia in corrente continua. Gli effetti dissipativi di cui sopra sono estremamente ridotti e si può oltretutto salire moltissimo di tensione. 

A parità di diametro del cavo si può trasportare dieci volte più energia. GW, al posto di decine o centinaia di MW. In questa configurazione il grosso delle perdite sono concentrate nelle centrali di conversione all’inizio ed alla fine della linea in corrente continua, mentre nelle migliaia di km intermedi sono assai basse. La tecnologia per realizzare questi convertitori giganti esiste,ne sono già stati realizzati, sulla scala dei 4 GW  e le perdite sono note, circa un 1%. Qui un doc in merito. Qui un altro, fra i tantissimi.

Complessivamente si può calcolare perdite analoghe a quelle delle linee in alta tensione a corrente alternata, con un massimo di circa il 10% quando utilizzate a massima potenza, ma su distanze almeno dieci volte maggiori.

Esistono già delle navi posacavi di dimensioni imponenti che solitamente posano i cavi per telecomunicazioni, le cosiddette dorsali, che garantiscono le connessioni tra i due lati dell’atlantico. esistono addirittura navi posatubi, che sono usate per posare gli oleodotti sul fondo del mare, che riescono a posare centinaia di km di tubi di diametro anche superiore al metro, su profondità anche di migliaia di km.

Il bello di immaginare e studiare la fattibilità di connessioni intercontinentali est ovest o Nord sud è che queste connessioni sarebbero già remunerative, semplicemente sfruttando il differenziale di costo dell’energia sui due lati dell’atlantico. Motivi ovvi, quando da noi è notte fonda, negli USA è tardo pomeriggio e si ha il picco di domanda. e viceversa quando da noi è mattina e l’Europa si risveglia, negli USA è notte fonda e l’energia viene prodotta a costi bassissimi. Le cose cambierebbero, in meglio, con la transizione alle energie rinnovabili. 

I vantaggi resterebbero e sarebbero giganteschi. Esiste uno studio recente ed approfondito che riassume bene sia i progetti in corso ( prevalentemente nel mediterraneo) sia le prospettive future.

Un solo cavo da 4 GW di capacità, grande, grandissimo ma fattibile, genererebbe oltre 200 milioni di euro di vantaggi economici DA AMBEDUE I LATI DELL’ATLANTICO.

L’Europa ha previsto di aumentare notevolmente l’interscambio di energia dall’attuale 8% ad almeno un 20% nel 2030. Come accennato sono in fase di realizzazione i primi progetti pilota su scala comparabile, ad esempio una connessione tra Islanda e Nord Inghilterra, tra Grecia Cipro ed Israele, 2 GW, 1200 km, in corso di realizzazione, qui sotto una foto. Tra l’altro, nota molto interessante, è in alluminio, non in Rame. Il rame è una risorsa scarsa, questo è importante.

E’ ovvio che questo non basta. Il futuro sarà quello di una interconnessione est ovest e nord sud. Il progetto desertec, purtroppo naufragato per aver scelto una tecnologia complessa, costosa e in ultima analisi inaffidabile ed antieconomica, aveva però il merito di proporre un futuro in cui i paesi del Nord Affrica avrebbero fornito energia all’Europa e così migliorato la loro condizione economica. Questo futuro è ancora possibile, naturalmente, ed anzi ancora più vicino con i costi prevedibili del fotovoltaico in rapido calo.

Ma come è fatta la curva di domanda e di produzione dell’energia elettrica europea? Come sarà in futuro, ad esempio tra dieci anni?

Ecco un’immagine tratta dal documento citato.

Siamo nel 2030, nello scenario proposto dai piani strategici europei.

Come vedete le centrali nucleari forniscono ancora la potenza di base, in rosso. Le grandi centrali a gas modulano la loro potenza lentamente, adeguandosi alla produzione oscillante di fotovoltaico ed eolico ed alla oscillazione, piuttosto prevedibile, della domanda. Le piccole centrali a biomassa, le turbogas, l’idroelettrico si occupano di chiudere il bilancio.

Ovviamente negli Usa lo scenario prevedibile è del tutto diverso, complice il disastro che sta combinando Trump, in questi anni:

Risulta abbastanza chiaro come i picchi di produzione europei potrebbero essere agevolmente assorbiti vendendo l’eccesso in Nord America. Se poi gli USA, non evolveranno verso le energie rinnovabili, avranno qualche problema a vendere la loro energia non rinnovabile, perché potrebbero essere non così competitivi con le alternative esistenti ( abbiamo visto un paio di soluzioni, certo non le uniche). Sarà un ulteriore incentivo ad una rapida conversione anche per loro, motivata da fattori economici e non ambientalisti. Quando si crea un mercato, esiste poi chi cerca di vendere e chi cerca di comprare.

Un mondo interconnesso permetterebbe a molti paesi, intrinsecamente poveri, citerò i paesi della fascia del Sahel, o in prospettiva, come molti paesi produttori di gas e petrolio, citerò, per restare a quelli a noi vicini, Tunisia, Algeria, Libia, di dare una opportunità di lavoro a molti suoi cittadini, sostenibile, a lungo termine.

Un mondo interconnesso avrebbe MOLTI interessi condivisi e molto interesse ad evitare conflitti, anche locali, laddove questi potrebbero minacciare la rete.

Sarebbe l’internet dell’energia. E consentirebbe, in prospettiva, a chiunque di vendere la sua energia, anche al di dell’oceano. Creata una rete mondiale, lo sappiamo, non vi sono confini che tengano.

L’Italia, in questo settore è stata ed p ancora all’avanguardia. Le interconnessioni con la Sardegna sono state un banco di prova importante e siamo coinvolti in molti importanti progetti del settore.

E’ evidente l’importanza di mantenerci sulla breccia. 

Una parte dei 20 miliardi, di risorse trasferite dalle energie non rinnovabili a quelle rinnovabili dovrebbe andare allo sviluppo di esperienze in questo campo, nazionali ed internazionali ed alla preparazione di una piattaforma mondiale delle energie rinnovabili, interconnessa, paritetica, permissionless, trustless, peer to peer, basata su distributed ledger, etc etc. 

Su questa rete i pagamenti potrebbero circolare, naturalmente, direi, sfruttando il concetto del distributed ledger, della proof of work, basata però su un “work” che non comporti il consumo di quantità di energia, ma piuttosto la loro produzione virtuosa, da fonti rinnovabili. 

Esistono varie proposte di questo genere ma qui ne introdurremo una, che viene sommariamente presentata nel prossimo paragrafo:

Il Pedal Coin.

Una idea originale dello scrivente e di Lorenzo, compagno di merende elettrociclistiche. Lo sviluppo del concetto, che sarebbe stata rilasciato sotto licenza creative commons ( o similiari) già concettualmente a buon punto è stato bloccato, capita, da un brevetto assolutamente analogo depositato un paio di mesi fa da Mircosoft.

Capita.

(continua)

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