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La rabbia, la paura e la speranza

 

La maggioranza di noi si sente defraudata di un benessere e di una fiducia nel futuro che eravamo abituati a dare per acquisiti una volta per sempre.   Dimenticando che “per sempre” nella realtà riguarda eventualmente le perdite, mai le acquisizioni.
La reazione la vediamo quotidianamente sul web e sulla stampa: rabbia, rabbia e ancora rabbia.   Ed uno spasmodico desiderio di cambiamento: di un evento drammatico o di leader carismatico che rimetta il mondo sul giusto binario, dov’era prima che “loro” rovinassero tutto.

A livello cosciente, i ragionamenti che si fanno sono tanti e diversissimi, ma sotto sotto la trama mitica che li struttura è antica e narra di come il mondo corrotto sarà distrutto e dalle sue ceneri sorgerà un mondo finalmente giusto, dove gli ultimi saranno i primi.   La forza del mito nasce proprio dal fatto che rende sinergiche le tre passioni più forti: l’ira, la paura e la speranza.   Anzi, fa scaturire la terza dalle prime due.
Nella storia non si contano le sette religiose, i movimenti politici e le rivolte animate da questo tipo di mitologia, tuttora vivissima.

A ben vedere, un motivo per essere adirati effettivamente c’è, solo che non è quello che fa presa sulle folle.
La stravagante sovrabbondanza di risorse cui siamo abituati sta finendo, lasciandoci in eredità un livello di distruzione proporzionale alla quantità di risorse usate.   Non è un fatto banale da capire, ma è risaputo da almeno 50 anni e persone particolarmente intuitive lo avevano capito anche prima.
Dunque nessuno ci ha defraudati del nostro benessere e delle nostre aspettative.  Semplicemente è arrivato l’oste e sta facendo il conto di quel che abbiamo mangiato.   Arrabbiarsi servirà solo a farsi buttare fuori a calci, dopo aver comunque pagato.

Tuttavia, un paio di categorie di persone che meritano la nostra ira ci sono.   Innanzitutto coloro che speculano vantaggi politici e/o economici sfruttando la crisi.   Ma non perché non ci ridanno dei giocattoli che sono rotti per sempre, bensì perché continuano a prometterceli.   Mentre i loro predecessori nei decenni scorsi ci hanno aiutati a restare ben fissi nel sogno, invece di cercare di svegliarci.   Ma bisogna dire che riescono così bene solo perché noi ci ostiniamo a voler credere che ci sia un mezzo per riavvolgere il Tempo e far tornare la pacchia.  Oppure che questa sia l’occasione buona per far finalmente sbocciare “la primavera dei popoli”.

Diciamocelo chiaramente: quanti voterebbero un candidato che dicesse “Se votate me e facciamo un sacco di sacrifici subito forse, fra 10 anni, andrà un po’ meno peggio di come altrimenti andrebbe”?    Nessuno, nemmeno la sua mamma lo voterebbe.

E questo ci porta alla seconda categoria di persone contro cui ha senso arrabbiarsi: tutti coloro che preferiscono continuare a sognare panfili invece di darsi da fare per tenere a galla la scialuppa bucata in cui ci troviamo.   Oppure che pensano che finire di affondarla sia il modo migliore per provocare la generale catarsi da cui sorgerà il panfilo del futuro.
Amici miei, il mito dell’Apocalisse ha un forte e profondo fascino, ma per far risorgere una civiltà dalle ceneri della precedente di solito sono necessari alcuni secoli.   E non sempre succede.
Qualcuno mi accuserà di voler sostenere la classe dirigente attuale.   Niente di più sbagliato.   Anzi, l’unico modo per sbarazzarsene sarebbe proprio smettere di inseguire i sogni da cui dipende il perverso potere che hanno su di noi.   Se la piantassimo di farci delle illusioni, diventerebbe molto più difficile manipolarci.
La barca su cui troviamo fa schifo e fa acqua, ma è anche l’unica che c’è e intorno nuotano parecchi pescecani.   E’ meglio cercare di tappare qualcuno dei buchi o rovesciarla sognando panfili?