Subcomandante Beppe

Cominciai a navigare in internet nel 1994, vent’anni fa.  Erano tempi di modem a 14.4 kbit ( non byte!!). Per scaricare un’immagine ci volevano minuti. A volte mezz’ore. Si navigava di notte, poco prima dell’alba, per avere tutta la larghezza di banda disponibile. Erano i tempi di una rete migliaia di volte più lenta di quella odierna.  Era una rete, quindi, fatta di parole, idee, concetti, non di immagini, non di media, In cui in Italia navigavano poche migliaia di persone. Alla fine del 95, l’anno del boom, tutti sapevano che esisteva una cosa chiamata internet, ma c’erano meno di 100.000 abbonati in tutta Italia.  Tra gli “eroi” della rete del tempo c’erano il Subcomandante Marcos e l’Ezln, esercito zapatista di liberazione nazionale. In quel periodo studiavo lo spagnolo e mi ricordo i tentativi di discutere in quella lingua delle rivendicazioni zapatiste. Il Subcomandante si chiamava così perché non rivendicava alcuna leadership. Si considerava un portavoce, veniva considerato un ispiratore, una figura acculturata e mediatica, in grado di mettere nero su bianco rivendicazioni proclami e messaggi. In venti anni di lotte, praticamente tutte incruente, il movimento e’riuscito a guadagnarsi la solidarietà e la simpatia internazionali e le comunità indigene, pur non riuscendo a riprendere in mano il diritto alla gestione delle risorse del proprio territorio, hanno almeno conquistato il diritto all’auto gestione.

Bene.

Dopo 20 anni il Subcomandante ha deciso di….. cessare di esistere, rivendicando quel che ha fatto, illustrando con ironia, perché l’ha fatto, ricordando a tutti noi come il suo motivo d’essere fosse quello di dare un volto ed una immagine mediatica a rivendicazioni altrimenti destinate all’indifferenza mediatica.  Riporto le sue parole:

“vedono solo la loro piccolezza, inventiamo qualcuno piccolo come loro, cosicché lo vedano e che attraverso di lui ci vedano”

Ora i tempi sono cambiati :

«Ci siamo resi conto che oramai c’era già una generazione che poteva guardarci, ascoltarci e parlarci senza bisogno di guida o leadership, né pretendere obbedienza (…) Marcos, il personaggio, non era più necessario. La nuova tappa della lotta zapatista era pronta».

Quelli che hanno amato e odiato il  SupMarcos  adesso devono sapere che hanno amato e odiato un ologramma. I loro amori e i loro odi sono stati inutili, sterili, vuoti. Non ci sarà alcuna casa-museo o targa di metallo dove sono nato e cresciuto. Nessuno vivrà dell’essere stato il Subcomandante Marcos. Non si erediterà il suo nome né il suo incarico. Niente viaggi per tenere conferenze all’estero. Non ci saranno trasferimenti né cure in ospedali di lusso. Non ci saranno vedove né eredi. Nessun funerale, né onoreficenze, né statue, né musei, né premi, niente di quello che fa il sistema per promuovere il culto dell’individuo e sminuire quel che fa il collettivo. Il personaggio è stato creato e adesso noi, i suoi creatori, gli zapatisti e le zapatiste, lo distruggiamo. Chi saprà comprendere questa lezione dei nostri compagni e delle nostre compagne, avrà compreso uno dei fondamenti dello zapatismo

Siccome avrete capito dove voglio andare a parare ed avevo promesso ( ehm ehm) di NON essere troppo prolisso, la farò breve:

C’e’ un tempo per tutto, c’e’ un tempo per le figure mediatiche e c’e’ un tempo per costruire e realizzare. In ogni caso è SEMPRE tempo di far valere il principio zero del M5S: Uno vale Uno. Un poco per il panico e lo shock post espulsioni multiple, un poco per l’oggettiva politica ondivaga dei suoi leader, il M5S sembra aver perduto la bussola ed anche un poco l’anima. Per recuperarle entrambe è tempo che, superata la crisi adolescienziale, la linea d’ombra di cui parlava Conrad, dimostri di saper camminare con le proprie gambe. I suoi padri fondatori, dovrebbero fare,  mio modesto parere, come Marcos o come, se volete, un buon padre: incoraggiare la creatura a camminare con le sue gambe ed accettare che, camminando vada anche in direzioni che non condividi. Un modo semplice c’e’: prendere esempio, giustappunto, da Marcos, l’ultimo rivoluzionario del XX secolo o forse il primo del XXI.