Il populismo è di moda, ma sappiamo cos’è?

 

George OrwellOggi  “pupulista” è un insulto e lo era spesso anche in passato.   Eppure proprio questa eterogenea matrice ha prodotto l’unica seria opposizione a quegli ideali di “progresso” perseguendo i quali siamo giunti esattamente dove siamo oggi.

Con questo non intendo certo idealizzare i populisti del passato.   Chi ha vissuto in un paese ancora 40 o 50 anni fa, ha un’idea di quando schiacciante può essere quella “common decency” tanto cara ad Orwell.   Ma tengo a far presente è che il populismo odierno ha ben poco in comune con quello del passato.   In particolare per la tendenza che i movimenti populisti odierni hanno per i capi autoritari, le fantasie nazionaliste e l’ assistenzialismo di stato.   Tutti elementi che i populisti del passato disprezzavano profondamente.

Una differenza che probabilmente dipende in parte del fatto che i movimenti del passato sorsero ed insorsero a difesa di una tradizione antica e, all’epoca, ben viva.   Una tradizione che la trasformazione dei lavoratori in proletari o consumatori, a seconda dei casi, ha completamente distrutto, lasciando un sentimento di rivalsa che non riesce ad avere costrutto.

Il populismo ieri.

A scuola, sembra che il storia del pensiero politico moderno si riassuma nello scontro fra due grandi scuole: quella liberal-capitalista e quella socialista che né è uscita sconfitta.   La realtà è, come sempre, parecchio più complicata.

Tanto per cominciare, le due citate scuole di pensiero non erano poi così antitetiche.   Condividevano infatti una comune ideologia di fondo: il progresso inteso come inarrestabile processo di miglioramento della condizione umana.   Del resto, entrambe si rivendicavano legittime eredi dell’Illuminismo, visto come la grande rottura fra un “prima” fatto di miseria morale e materiale, oscurantismo, persecuzione e quant’altro; ed un “dopo” proiettato in un futuro radioso.

Dunque lo scontro fra le due scuole, non di rado sanguinoso, fu sostanzialmente su quali fossero i mezzi più efficaci per raggiungere lo scopo comune.   Se mediante un’accumulazione di capitale privato oppure di capitale statale, se tramite una liberalizzazione delle attività economiche, oppure una pianificazione delle medesime, eccetera.   Ma per entrambe contrastare il progresso era affare di aristocratici parassiti, nostalgici, romantici perdigiorno, retrogradi, corporazioni oscurantiste, borghesi bigotti, masse abbrutite dall’ignoranza o nemici del popolo, secondo il caso.

In una serie di post pubblicati su “Effetto Risorse” (qui, e qui) ho cercato di tracciare l’origine di questa singolare visione del mondo.   Qui vorrei accennare invece a quelle “forze oscure della reazione in agguato” che le si opposero.

Secondo la vulgata, in prima fila ci sarebbe stata l’aristocrazia molle e parassita dell’”Ancien régime”, retaggio di un mondo feudale sinonimo di ogni orrore.   Solo che, sorpresa, l’Ancien Régime era quanto mai moderno.   Ed era nato proprio dallo sforzo di molti stati di chiudere definitivamente i conti con gli ultimi strascichi di una tradizione feudale oramai decotta.   La modernità, teorizzata e caldeggiata dai progressisti, nella seconda metà del XVIII secolo erano gli stati nazionali retti da autocrati “illuminati”.   Vale a dire promotori a tempo pieno di quella rivoluzione industriale che cominciava a delinearsi.   Del resto, le grandi famiglie dell’epoca erano composte perlopiù da banchieri, industriali ed alti funzionari.   Le proprietà terriere ed i castelli in qualche caso erano una pittoresca eredità, in altri un acquisto recente destinato a dare lustro a nomi e cognomi privi di storia.

Chi, invece, si oppose fieramente, da subito e per oltre un secolo alla visione progressista del mondo fu un’eterogenea accozzaglia di movimenti in cui confluirono e defluirono personaggi molto diversi.   Anche un certo numero di latifondisti ed intellettuali certo, ma principalmente artigiani, operai e contadini proprietari della terra.   Ivi compresa parte della piccola aristocrazia di campagna, marginalizzata ed impoverita dallo sviluppo dell’industria e della finanza.

rivolte luddisteUno dei primi e più famosi di questi movimenti fu quello dei “Luddisti” che sfociò in vere e proprie sommosse represse nel sangue.   Lo scopo che animava questi ribelli era soprattutto la salvaguardia della dignità del lavoro artigianale e manuale.   La meccanizzazione e la specializzazione dei ruoli in fabbrica erano visti infatti come degradanti per i lavoratori.   Ma ancor più era avversata l’istituzione del lavoro dipendente salariato.

Oggi che sempre più gente anela ad un salario che non può avere sembra incredibile.   Ma fin’oltre la metà del XIX secolo l’imposizione del regime salariale era visto da molti dei diretti interessati come una vera e propria forma di schiavitù.

Solo in alcuni casi da questi movimenti nacquero dei veri partiti, come il People’s Party in USA ed il Narodničestvo in Russia, spesso confusi con partiti socialisti.   Ma al contrario di questi, i populisti vedevano nella grande industria, nella meccanizzazione ed elettrificazione nient’altro che potenti mezzi per meglio proletarizzare e sfruttare i lavoratori.

Come fondamento dell’edificio sociale proponevano non già la dittatura del proletariato od il benessere, bensì quell’insieme di valori e comportamenti radicati nella tradizione popolare che davano identità, struttura sociale e resilienza alle classi lavoratrici.   Difendevano quindi la proprietà privata e gli antichi diritti d’uso civico;  avversavano invece i monopoli ed il latifondo, come pure la statalizzazione dei mezzi di produzione.   In alternativa, tentarono di costituire cooperative che quasi sempre fallirono perché avversate sia dai liberali che dai socialisti, sia pure per opposte ragioni.   Rifiutavano l’ingerenza dello stato, come anche dei sindacati di partito, nelle loro faccende, preferendo organizzarsi autonomamente in strutture di remota tradizione e spesso divenute illegali come le ghilde, le confraternite e le società di mutuo soccorso.

StalinSicuramente il più tragico evento legato a questa tradizione fu l’Holomodor (dai 3 ai 9 milioni di morti secondo le stime) con cui tra il 1932 ed 1933 Stalin chiuse definitivamente la partita con la pretesa di contadini ucraini di rimanere economicamente autonomi.

 

Il populismo domani?

Nei due secoli che hanno preceduto la totale egemonia dell’ideologia progressista ci furono anche altri ed importanti movimenti politici, basti citare gli anarchici ed i monarchici, su barricate opposte.   Qui ho voluto rievocare fugacemente il populismo delle origini perché tutti noi stiamo scivolando giù per la china del “dirupo di Seneca” senza reagire.   Le ragioni sono molte e una fra queste penso sia che siamo terribilmente a corto di idee politiche; forse conoscere meglio il passato potrebbe stimolare la nostra creatività.

Purtroppo, il fallimento dei sistemi socialisti è stato erroneamente interpretato come la dimostrazione della giustezza del sistema capitalista.

Perfino il movimento ambientalista, che avrebbe potuto rappresentare la vera novità politica del XX secolo, si è dissolto nella matrice progressista, disgregato in un ala filo socialista (maggioritaria in Europa occidentale) ed una filo-liberale (maggioritaria in Europa orientale).

E man mano che diventa evidente che anche il capitalismo ha fallito e con lui il progressismo tutto, ci troviamo nel vuoto completo.

E dal vuoto, come diceva Gramsci, nascono i mostri.

neonazisti

 

 

Elezioni e democrazia sono sinonimi?


democraziaItaliaPer consolidata abitudine mentale, consideriamo che la democrazia consista nell’esercizio del voto, ma sempre meno gente va a votare e praticamente più nessuno si sente rappresentato da chi viene eletto.  Men che meno gli eletti si fidano di coloro che rappresentano.    Evidentemente qualcosa è andato molto storto e vorrei affrontare il tema in una prospettiva storica, sia pure in versione telegrafica per restare nei limiti di un post.

Un po’ di storia.

Di solito, si cita la Repubblica di Atene come diretto antenato delle democrazie moderne.  Non credo che sia corretto.   Organi di governo risalgono infatti al nostro passato paleolitico e probabilmente anche a quello pre-umano.   Tutti i mammiferi sociali hanno gerarchie precise ed i capi-branco sono quelli che mangiano per primi, scelgono il posto dove dormire, si accoppiano con i partner migliori; in molti casi sono gli unici che si riproducono.   Sono quindi quelli che lasciano la maggiore discendenza, ma non sono quelli che vivono più a lungo perché più di tutti si espongono al pericolo ed alla fatica quando il bisogno stringe ed il nemico incalza.   In pratica, i capi sono quasi sempre figli di capi, ma il loro ruolo deve essere costantemente accettato dagli altri, altrimenti si cambia.   Si chiama “legittimità”.

Nelle piccole bande di cacciatori-raccoglitori il capo è (o meglio era) un uomo giovane e robusto, ma anche stimato per la sua intelligenza e la sua capacità di parlare in pubblico.   Ed è qui che nasce la politica: il capo deve essere uno bravo in battaglia e nella caccia, ma anche saggio e capace di relazionarsi con gli altri.   Società più numerose e hanno richiesto strutture sociali più complesse ed elaborati sistemi di selezione delle gerarchie, ma con la stessa costante che troviamo nei lupi:la legittimità.   Il che significa che delle persone si riconoscono il dovere di ubbidire ad altri, mentre questi si riconoscono la responsabilità dei gregari.   I criteri per stabilire la legittimità possono cambiare molto, ma comunque se cessano di funzionare la società si disintegra.

atene-assembleaPer tornare ala repubblica ateniese, gli ingredienti con cui confezionare la dirigenza erano sostanzialmente 4: ereditarietà, partecipazione, sorteggio e voto.   Coloro che avevano i diritti politici erano solo i discendenti diretti di cittadini ateniesi residenti in città, maschi adulti liberi, proprietari di immobili, in regola con le tasse e che avessero completato l’addestramento militare.    In pratica circa il 10% della popolazione.

Costoro si conoscevano almeno di vista e passavano parecchio tempo a discutere fra di loro e non solo dei giochi olimpici.   Dunque era gente che partecipava quotidianamente alla vita politica della città, con un controllo sociale incrociato molto stretto e soggetta ad una fiera e frequente selezione.   Erano infatti loro a costituire la prima linea di battaglia nelle guerre che decidevano di fare.   Come erano loro che pagavano per intero le tasse che decidevano di imporre.

Tutti insieme costituivano l’Ekklesia, vale a dire l’assemblea che aveva sostanzialmente la funzione di votare le leggi proposte da altri cittadini, eleggere i comandanti militari ed un centinaio di funzionari, votare le dichiarazioni di guerra ed i trattati internazionali.   In questo gioco, evidentemente, contavano moltissimo il prestigio personale e familiare, la ricchezza e la capacità oratoria.   Si formavano quindi dei “partiti” che non si riferivano a differenti ideologie, bensì alle famiglie principali.   Proprio per limitare questo fenomeno, quasi tutti i magistrati ed i funzionari (circa un migliaio) erano designati per sorteggio e turnati rapidamente.
Su questo elemento vorrei attirare l’attenzione perché forse fu proprio l’invenzione chiave del funzionamento delle repubbliche urbane della Grecia classica e di moltissime altre forme di governo nella storia europea.

re medievaleFacciamo un salto di un migliaio di anni diamo un occhiata molto superficiale al funzionamento delle istituzioni feudali.   Non propriamente un esempio di democrazia, eppure vi troviamo gli stessi ingredienti visti ad Atene, sia pure confezionati in diverso modo.

Tanto per cominciare, il monarca veniva eletto dall’assemblea dei nobili e dei vescovi, la quale poteva anche, in casi estremi, revocare la designazione.   Di solito il nuovo re era uno dei figli del precedente monarca, ma non necessariamente e, comunque, neppure l’Imperatore poteva diventare tale se non veniva designato da un parlamento cui doveva poi rendere conto delle decisioni principali, specialmente in materia di tasse, politica estera e guerra.   In epoca merovingia i nobili laici erano nominati dal re, mentre i vescovi erano eletti dalle assemblee cittadine (tutti gli adulti: uomini e donne).   Vi furono anche parecchi vescovi figli di vescovi.   Successivamente e gradualmente, i feudi divennero prevalentemente ereditari, mentre la nomina dei vescovi passò al papato e/o a re ed imperatori.

Un aspetto importante è che la guerra era un affare esclusivo per coloro che decidevano in proposito, il che ne limitava efficacemente il numero.   Viceversa, sugli affari quotidiani della gente comune la chiave di volta del sistema era il “costume”.   Vale a dire la tradizione, così come ricordata dagli anziani e dai “prudent’uomini” che erano dei notabili, ma mai dei nobili.   Perlopiù contadini ed artigiani particolarmente stimati.   Qualunque questione rilevante si discuteva in un tribunale che in città era presieduto da un funzionario del re o del vescovo, mentre in campagna dal signorotto locale.   Ma la decisione era presa da una giuria di persone scelte per sorteggio.

Dunque un sistema in cui la politica è appannaggio esclusivo di una classe che perlopiù gode di un diritto ereditario e vi partecipa attivamente come già i cittadini ateniesi, ma percentualmente meno numerosa.   Viceversa, l’amministrazione quotidiana era largamente sotto controllo di una tradizione in costante evoluzione, ma vincolante anche per le massime autorità.

Non tutti gli stati medievali erano monarchie.    Vi furono anche diverse repubbliche, due delle quali, Andorra e S. Marino, esistono ancora.   Defunta, ma molto più importante fu la Repubblica di Venezia.    Anche questa retta su di una complicata combinazione di partecipazione, ereditarietà, elezioni e sorteggio.    Aveva una sua logica e, infatti, funzionò bene molto a lungo.   L’ereditarietà aveva la funzione di fornire persone preparate e conosciute, non ricattabili in quanto non potevano essere private del loro privilegi.   La partecipazione di un numero consistente di persone garantiva la più ampia visione possibile dei problemi.   L’elezione consentiva di selezionare le persone più stimate per i differenti ruoli.   Il sorteggio serviva, come sempre, a spezzare gli incuici, le camarille e le “lobby” che, allora come oggi, costantemente insidiavano il buon funzionamento degli organismi statali.

Nascita della democrazia moderna.

Con un altro salto giungiamo nel XVIII secolo.   La Serenissima esiste ancora, ma profittando dell’utopia illuminista del “dispotismo illuminato” gli stati principali sono diventati delle monarchie assolute.   Con la parziale eccezione dell’Inghilterra che più degli altri aveva conservato la tradizione medioevale.   Eppure proprio in Inghilterra scoppiò la prima e più importante rivoluzione della storia moderna: la Rivoluzione Americana.   Una pietra miliare non solo perché ne nacque lo stato più potente della storia (per ora), ma anche perché ne nacque l’identificazione fra democrazia ed elezioni che oggi diamo per scontata.   Dei quattro ingredienti base degli ordinamenti precedenti: partecipazione, ereditarietà, elezione e sorteggio, la costituzione americana ne conservò uno solo: l’elezione.  Il sorteggio rimase, ma solo per le giurie dei tribunali e con un ruolo molto ridotto rispetto al passato.  Tutte le cariche pubbliche, a partire dallo sceriffo, furono assegnate per elezione, tranne quelle che divennero appannaggio del governo, a sua volta nominato mediante votazione.

Una scelta fatta sostanzialmente per due ragioni.  La prima furono le distanze enormi e le difficoltà di comunicazione.   Gli ordinamenti europei erano relativi a comunità in cui le persone si conoscevano almeno di vista e, comunque, potevano comunicare fra loro.   Una cosa che in America era molto difficile, al netto di alcune città principali.  La seconda fu che i padri fondatori non avevano nessuna fiducia nella capacità di autogoverno delle plebe raccogliticcia che stava popolando il continente.   Ancor meno quando gli ordinamenti attuali presero forma definitiva, mentre masse crescenti di avventurieri e disgraziati sbarcavano a migliaia e dilagavano sul continente.   Un sistema esclusivamente elettorale, si pensò, avrebbe necessariamente favorito le poche persone capaci di raggiungere una certa notorietà in ambiti sufficientemente vasti.  Quindi persone presumibilmente capaci e motivate, sostenute da famiglie importanti o da gruppi consistenti di cittadini.

Fu proprio in questo periodo che il Visconte Alexis de Tocqueville visitò gli Stati Uniti per studiare questo strano fenomeno politico.   Il suo rapporto (La democrazia in America) è del massimo interesse perché, già allora, l’acume del francese aveva individuato il pericolo che, disse, avrebbe potuto portare al disastro un sistema siffatto.   Tocqueville lo chiamò “la dittatura della maggioranza”.   In un sistema esclusivamente elettivo, disse, il rischio maggiore era rappresentato dal fatto che si potesse catalizzare un blocco di opinione pubblica abbastanza coeso ed esteso da marginalizzare qualunque opposizione.    In una tale situazione, le libertà civili sarebbero venute meno e il rischio di decisioni dissennate alto.   Un pericolo che avrebbe dovuto essere contrastato dalla libertà di stampa, ma il nostro era abbastanza smaliziato da aver capito che l’alfabetizzazione di massa e la diffusione dei giornali potevano anche essere usati per costruire una tale dittatura.   Molto di più egli contava quindi sul più antico dei quattro elementi base: la partecipazione.  Cioè, ai suoi tempi, sulla rete ufficiosa di comitati locali ed associazioni mediante cui i cittadini si auto-organizzavano per far fronte alle difficoltà.    Questo tessuto non istituzionale, sosteneva, aveva infatti il compito di mantenere viva la coscienza collettiva ed alta la guardia contro le derive autoritarie ad ogni livello.

Circa un secolo più tardi la repubblica americana servì da esempio per la democratizzazione degli stati europei, con risultati finora tutto sommato positivi.  In effetti, è un fatto che le democrazie hanno assicurato ai loro cittadini una vita migliore e maggiori livelli di libertà rispetto agli altri paesi.   E, nel frattempo, hanno vinto sia contro le dittature di matrice nazi-fasciste, sia contro le oligarchie comuniste.   Ma  quando si è trattato di affrontare pericoli provenienti dalla propria struttura sociale ed economica , questi sistemi si sono dimostrati del tutto incapaci sia di prevenire, sia di reagire al pericolo.

Con una classe dirigente composta da professionisti dell’intrallazzo e della propaganda; ed una popolazione atomizzata in individui che lottano disperatamente per sé stessi, sognando un impossibile ritorno della prosperità,  non ci sono segni di luce in fondo al tunnel.

La dittatura della maggioranza alla fine si è verificata ed è quella che ha deciso che la crescita economica e demografica erano la strada maestra da seguire.   Adesso è facile scagliarsi contro l’esigua minoranza di coloro che, più spregiudicati e fortunati, continuano ad arricchirsi a scapito di tutti gli altri; ma la decisione di seguire questa strada è stata condivisa da tutti: ricchi e poveri, nord e sud.   Molto democraticamente.

La conseguenza di questo fiasco storico sono oggi le derive autoritarie e lo spionaggio di massa che ovunque stanno svuotando di significato gli ordinamenti democratici.   Se la storia davvero ci può insegnare qualcosa, abbiamo due strumenti per cercare di contrastare il fenomeno: sviluppare la democrazia di base e ripristinare il sorteggio per l’assegnazione di molti ruoli.

Purtroppo, il tentativo di reintrodurre elementi di democrazia diretta si scontra con la capacità dei poteri elettivi e delle lobby economiche di manipolare e/o vanificare questi processi.
Il sorteggio non viene neppure preso in considerazione, mentre potrebbe essere proprio il grimaldello per spezzare i meccanismi perversi e ridare senso anche alle elezioni.    L’ereditarietà oggi suona anacronistica perché era basata su di una tradizione completamente perduta, ma nomine a vita di persone particolarmente capaci, lungi dall’essere poco democratiche, potrebbero mettere in circolazione persone non ricattabili e non interessate al prossimo turno elettorale.

Democrazia-vignettaOvviamente, non esiste nessuna garanzia che una riforma radicale degli ordinamenti funzionerebbe.   Tanto più che dovrebbe essere fatta dalle stesse persone ed organizzazioni che sarebbe necessario scaricare.  Dunque non accadrà.   Ma intanto ci sono gruppi di persone che cercano di organizzarsi fra di loro.  A costoro vorrei semplicemente ricordare che, da quando esistono e finché sono esistite, le forme di governo non autocratiche sono stata basate su diverse combinazioni di quattro ingredienti: partecipazione, ereditarietà, votazione e sorteggio.  Era così nel paleolitico e credo che sarà così anche in futuro.

inutile illudersi: i conti correnti non sono garantiti. Seconda parte

paperone a cavallo di un forziereOk, SE vi siete sciroppati il post precedente avete un quadro di quale fosse la situazione otto anni fa. Ed ora? Dopo i “fallimenti” ( le banche non falliscono nello stesso modo delle altre imprese, piuttosto si attivano gli “strumenti di risoluzione” da parte della Banca d’Italia)di Banca Etruria&c? Quale è la situazione?

Beh, intanto, proprio quel fallimento, il PRIMO di queste dimensioni e così eclatante e, sopratutto, il primo dopo l’entrata in vigore del famigerato bail in, ci dimostra una cosa: che il Fondo Interbancario di Garanzia dei Depositi (oggi si chiama così) non ha liquidità ne strumenti finanziari per coprire nemmeno i conti correnti di QUEI correntisti. Ecco una prova:

Il Presidente del Fondo, Maccarone, annunciando lo stanziamento di 2.5 miliardi di euro per la tutela dei conti correnti sotto i 100.000 euro dei 4 istituti di credito coinvolti a Novembre ha ammesso, testualmente “se dovessero essere rimborsati i depositi garantiti delle quattro banche la somma ammonterebbe a 12,5 miliardi di euro”. Una cifra che il Fondo non ha e non avrà mai”. Schiacciante. tombale.

Non stiamo a sfrucugliare tanto: a parte il fatto non trascurabile che la CEE ha l’ultima parola su queste coperture di perdite dei correntisti, a parte il fatto che tali coperture seguirebbero tempistiche lunghe ed incerte, a parte il fatto che tutto potrebbe essere bloccato dal ricorso di qualche creditore, da una indagine giudiziaria, da qualche micidiale coacervo di tutte queste cause, la cosa fondamentale è stata detta. NON-CI-SONO-SOLDI!!

Come mai?

Beh per il motivo molto semplice che le banche hanno finanziato il fondo ( al quale sono iscritte obbligatoriamente in forma consortile) per lo 0.8% dei depositi garantiti. Impegnandosi, in caso di necessità, a coprire situazioni eccedenti le risorse del fondo. La credibilità di questo impegno è nelle parole di Maccarone. Zero, Nix, Nada, Nisba.

Il motivo, ovvio, è che l’INTERO sistema ha sofferenze che oscillano tra il 20% ed il 35% del totale degli impieghi ed è già di per se in una situazione di insolvenza. Come potrebbe, quindi, accedere alle cifre necessarie per mettere in sicurezza una grande banca? I magheggi stile Tremonti Bond, per salvare MPS , non sono più possibili causa normativa europea citata. Quindi?

Beh, QUINDI, il fondo non garantisce proprio nulla, perché ha già esaurito la sua liquidità con Banca Marche&C. Ma c’è di peggio. Ricorderete come, per settimane, la nostra sedicente stampa ed i nostri sedicenti giornalisti economici hanno combattuto estenuanti battaglie a colpi di obbligazioni subordinate, non subordinate, privilegiate, sfigate, cassintegrate, obbligazioni per modo di dire, obbligazioni quando capita etc etc etc. Si è cercato, vergognosamente di far passare decine di migliaia di cittadini italiani per speculatori, o sprovveduti o avidi profittatori ( per via degli interessi elevati “garantiti” da parte degli Istituti poi finiti nel cratere da loro stessi scavato). A parte il fatto che, nel 2012 a conti degli istituti già disastrati,  associazioni poste in teoria a garanzia dei consumatori  citavano come i migliori sulla piazza i conti correnti vincolati di banca etruria, il punto è, lo dice proprio il fondo interbancario, che non è garantito PROPRIO NULLA.

Non solo le obbligazioni subordinate, ma le obbligazioni tout court, in quanto investimenti. E le azioni ed i BOT E CCT. In generale: TUTTI i titoli di Stato non nominativi ( praticamente tutti) ed i libretti al risparmio (sempre non nominativi), insomma: TUTTO quel che avete investito in banca a qualunque titolo e forma, di principio NON è garantito, salvo i soldi sul conto corrente, che, come abbiamo visto, non sono garantiti per incapienza degli istituti che dovrebbero garantirli.

Ecco. Curioso, no, che praticamente nessun giornale o Media ve l’abbia detto CHIARAMENTE? Eppure, non mi sto inventando niente. Sarebbe bastato leggere le FAQ.

Agevolo, per i pigri:

COSA E’ GARANTITO?

  1. Conti correnti, depositi (anche vincolati), assegni circolari, certificati di deposito nominativi. ( nei limiti di liquidità su indicati ndr)

LE OBBLIGAZIONI, LE AZIONI E I TITOLI DI STATO SONO TUTELATI DAL FITD? 

  1. Si tratta di investimenti e non di depositi e pertanto non sono tutelati dal FITD.

I PRONTI CONTRO TERMINE SONO TUTELATI DAL FITD?

  1. No. Si tratta di investimenti e non di depositi e pertanto non sono tutelati dal FITD.

I CERTIFICATI DI DEPOSITO SONO TUTELATI?

  1. Sono tutelati dal FITD i Certificati di Deposito nominativi.
    Non sono tutelati i Certificati di deposito al portatore.

 

Inutile illudersi: i conti correnti NON sono garantiti. Prima parte

zio paperone e le bancheIntanto ripartiamo da un post storico del sottoscritto, Ottobre 2008, nei giorni del fallimento di Lehman& Brothers ( e dell’inizio ufficiale della mamma di tutte le Crisi). Con qualche lieve imprecisione, sono umano anche io, passò al vaglio serrato di DECINE di rilanci, di agenzia e non. Quindi, più o meno,  riassumeva la situazione in quei non remotissimi tempi. Digerito questo, in un secondo post, passeremo agli aggiornamenti intervenuti ed all’analisi della situazione attuale. Che sembra peggiorata. Consolatevi: non ci vorrà molto.

I CONTI CORRENTI SONO DAVVERO GARANTITI ? DUE MEZZE VERITA’ SOMIGLIANO
MOLTO AD UNA BUGIA

Ormai lo sapete:
noi di Crisis non abbiamo molta stima dell’informazione ufficiale, di
quella istituzionale ed anche di quella dei Media tradizionali.
E’ una sfiducia basata sui fatti e straconfermata dall’attualità.
Vi ricorderete la serie dei post sui rischi occulti dei mutui
italiani, anche quelli a tasso fisso.
Semplicemente basandomi sui FATTI dimostravo come, in realtà, il tasso
fisso NON ESISTE
, non in una situazione come quella di questi giorni
( mesi? anni?).
Ora vorrei scrivere due parole sulle garanzie che incessantemente vi
ribadiscono certe ed inossidabili, per i conti correnti fino a
103291,38 euro per nominativo (se avete un conto cointestato quindi la
cifra raddoppia). Questa cifra viene restituita in caso di necessità
dal Fondo di Garanzia Interbancario, che è costituito con una piccola
quota degli accantonamenti obbligatori di TUTTE le banche.

Per dare a Cesare quel che è di Cesare bisogna intanto dire che questo
fondo è stato istituito sotto il governo Prodi, nel 1996 (la bislacca
cifra è la traduzione in euro di 200.000.000 di vecchie lire).
Poi bisogna chiedersi cosa succede se, concretamente, una banca ha una
crisi di liquidità e non è più in grado di restituire, a semplice
richiesta, i depositi dei suoi correntisti (non è necessario che
fallisca).
Intanto ci deve essere una dichiarazione di insolvenza dell’istituto
ed una autorizzazione della Banca D’Italia (che vi ricordo, En
passant, essere un istituzione PRIVATA, ( anche se di diritto pubblico) al contrario di quello che
crede il 90% dei cittadini).
Concretamente SOLO il 20% della cifra DEVE essere messa a disposizione
dal Fondo interbancario ENTRO 3 MESI.

I mesi possono arrivare a NOVE, nel caso di situazioni ECCEZIONALI e
previa autorizzazione da parte della Banca D’Italia.
Il RESTO, ovvero il 80% DEI VOSTRI SOLDI, viene liquidato solo quando
comincia la liquidazione della banca, quindi con tempi che possono
essere ( e di fatto lo sono SEMPRE) LUNGHI.
Inoltre il fondo si attiva nella misura in cui ( lo so è un tipico
sessantottismo, perdonatemelo) ha liquidità disponibile.
Quanto è grande questa liquidità?
Dallo 0.4. allo 0.8 % dei fondi rimborsabili delle banche associate,
ovvero, in pratica dell’intero sistema bancario.
Basta quindi il fallimento di una banca i cui conti correnti
corrispondano spannometricamente allo 0.8 del totale italiano e questo
fondo di garanzia cesserà di esistere, di fatto, per mancanza di
disponibilità.
Qundi, ricapitolando
1) E’ vero che i conti correnti sono garantiti ma solo entro i limiti
IMPORTANTI che ho indicato.
2) E’ vero che sono garantiti ma solo fino all’esaurimento della
liquidità del Fondo di Garanzia
Sono due classiche mezze verità quindi che, viste dal basso, da noi
tapini microrisparmiatori, somigliano moltissimo ad una bugia: i
risparmi dei conti correnti, questa è la verità, NON SONO GARANTITI in
caso di crisi finanziaria della banca, se non per una modesta
percentuale del loro valore ed anche questa ottenibile con tempi non
brevi e solo se il contagio non coinvolge che un piccolo numero di
istituti.
Il resto, con calma, se tutto va bene ed in percentuali tutte da
definirsi presumibilmente, esempi storici alla mano, non alte.
Non dobbiamo neppure lamentarci troppo: lo standard europeo prevedeva
SOLO 20.000 euro rimborsabili..

Come violare le regole. L’amministrazione di Firenze dà l’esempio

Ieri, per la prima volta, ho collaudato la card per l’accesso alle nuove centraline di ricarica dei veicoli elettrici del Comune di Firenze. Per quest’anno tale accesso è gratuito, come sempre negli ultimi dieci anni, ma l’anno prossimo si dovrà pagare o con un abbonamento, intorno ai 40 euro/ mese, o a consumo, con un prezzo al kWh doppio o triplo rispetto a quello di mercato. Probabilmente, decine di scooters elettrici che ora gironzolano per Firenze, scompariranno, vista la convenienza nulla rispetto a quelli tradizionali.

Tutto ok alla centralina di Via delle farine, la prima di Firenze, fatta installare giusto 20 anni fa, da un amico e cofondatore di Eurozev. Appoggio la card e dopo pochi secondi si apre lo sportellino e posso caricare. Finita la prova e caricati 150 Wh, l’equivalente energetico di un bicchierino di grappa, sufficienti per fare circa 5 km, riparto. E mi fermo in Via della Ninna, sul fianco sinistro di Palazzo Vecchio. Qui è stata installata, ormai oltre due anni fa, la prima centralina “moderna” e sono curioso di vedere se la mia card funziona anche lì. Ovviamente no, si veda la foto delle schermate ( non c’è accordo tra gli “stakeholders” ovvero il Comune ed il fornitore delle card di accesso alle centraline).

Schermata centralina via della ninna
Schermata centralina via della ninna

Ma il punto è un altro. Ancora una volta, come quasi sempre da mesi ( passo di lì spesso, visto che abito a poche centinaia di metri e potete verificare da soli su Google street view che quella Prius era già lì nell’estate 2015) gli stalli SOLO per veicoli elettrici sono occupati da veicoli NON elettrici. Uno, una Prius,è di “qualcuno” con incarichi istituzionali.  Lo dice il permesso di accesso&transito ( non di parcheggio!!) esposto. Qualcuno che la parcheggia sistematicamente  in quella posizione da mesi. L’altro è di un privato, con il permesso di accesso ( non di parcheggio!!) al centro storico da commerciante.

Lo scooter elettrico giallo è il mio
Lo scooter elettrico giallo è il mio

Accanto al permesso a mo’di chiarimento, disposto in bella evidenza, il biglietto da visita di un vicinissimo ristorante. Ovviamente anzi: OVVIAMENTE nessuna multa sul cruscotto della Mercedes. Pare evidente che la stessa istituzione che parcheggia una vettura non elettrica su stalli elettrici, impedendo di ricaricare ai veicoli ELETTRICI del Comune, consente ad un privato, probabilmente un ristoratore ad essa amministrazione “gradito”di fare lo stesso. Siamo tornati ai tempi delle cene e dei pranzi  “Da Lino“? Comunque sia un bell’esempio di coerenza e correttezza.

Direte voi: ma che Rosicone che sei! In fondo gli stalli sono si per veicoli elettrici ma comunali…. Dettaglio divieto via della ninnaScusate ma noi gattini attaccati ai mamma santissimi, irrimediabili gufetti  sgranocchiatori, non la vediamo così. Chi non rispetta le regole che, oltretutto, lui stesso si è dato, con che legittimità può chiederne il rispetto agli altri? E se non rispetta regole, anche minori, in modo così plateale, se in modo così plateale consente un analogo abuso ad un “amico” privato, cosa ci possiamo aspettare in circostanze più importanti e più riservate? Gli anglosassoni in queste cose hanno tolleranza zero e fanno bene. Non è questione di apparenza ma di sostanza. In politica l’apparenza è sostanza. Se non rispetti le regole sei fuori. Sono tutti gufi e rosiconi?

La Fiat ha chiuso. E nessuno se ne è accorto

pannello fotovoltaico distrutto…?!! Possibile?

No ovviamente sto parlando del settore delle rinnovabili che, negli ultimi tre anni, grazie alle ottime politiche ambientali dei governi Monti Letta e Renzi, ha perso 27.000 posti di lavoro, come potrete vedere da soli in questo documento.

27000 posti di lavoro ( senza contare il cosidetto indotto) è qualcosa di più degli occupati attuali italiani della FCA.

FCA che peraltro ha perso, in 10 anni quasi la metà della sua forza lavoro.

Non c’e’ che dire: siamo chiaramente fuori dalla Mamma di tutte le Crisi e tutto va benissimo sora la marchesa.

 

Bad bank 4 dummies ovvero Credits 4 zombies: il punto di vista della lavandaia di Via dell’Oche

good and bad bank humourLa notizia che, in questi giorni, più fa fremere di un maldissimulato orgasmo i nostri finanzieri&prenditori tutti è la ( potenziale, per ora) nascita edi una “bad bank” nazionale, destinata a farsi carico di TUTTI i crediti “non performanti” e/o “deteriorati” degli istituti di credito nazionali.

Quanti sono questi “crediti deteriorati”?

Circa 200 miliardi di euro. Su un totale di circa 1000 miliardi, ovvero il 20%.

La cosa che più colpisce è questo numero, di per se raccapricciante: il 20% di crediti inesigibili segnala, DI PER SE, senza ulteriori dettagli una banca pronta per l’estrema unzione. Non ci credete? Ecco un link a caso, che attesta, ve ne fosse bisogno, che al 30% una banca è pronta, da un pezzo, per l’inumazione certificata con implosione ed inabissamento dei risparmi di decine di migliaia di tapini come me, la lavandaia e voi.

Ai tempi in cui , lontano 2009, scrivevo della situazione dei mutui italici, con una sofferenza media del 7% si poteva ancora sperare che a questi livelli la situazione fosse in qualche modo gestibile.

Ma il 20% no, proprio no. Il sistema è decotto, kaput. Fubar.

E se vi dicessi che, considerando anche i prestiti incagliati ( cioè quelli per i quali sono state saltate più di due rate)si arriva a 360 miliardi?

Beh qui parliamo di Zombies. Esseri non morti che si aggirano per spolpare i viventi residui e trasformarli come loro.

Noi e la lavandaia abbiamo bisogno di termini semplici, per poter comprendere. Una banca deve poter coprire, con i tassi applicati ai suoi prestiti ed affidi, il rischio insolvenza, incagli etc etc, le spese di funzionamento, il modestissimo tasso attivo ( passivo per lei) dei conti correnti dei sempre più tapini correntisti etc etc. A parte il fatto che questi tassi sono recentemente precipitati, è chiaro che già sofferenze per il 7% sono un grosso anzi GROSSO guaio. E’ vero che una parte, in qualche modo, si risolve a loro parziale favore ( pignoramenti, aste giudiziarie etc etc). Ma, più o meno lo possiamo intuire, SE va bene, la metà di questi crediti in sofferenza è persa per sempre.

Bene. QUINDI il fatto è, per quel che capiamo noi tapini e la lavandaia, che il 20% di sofferenze segnala non una situazione critica ma un rischio MORTALE per il sistema creditizio. un rischio che, costi quel che costi, deve essere ridotto. Ecco quindi la salvifica bad bank.

Come funzionano DI SOLITO queste cose? Beh, in sintesi DOVREBBE funzionare come i famigerati istituti di recupero crediti: a mo’ di avvoltoi, calano sulle carogne in putrefazione dei crediti inesigibili e vedono di tirarci fuori un pco di ciccia. Fuor di metafora, comprano a prezzi stracciati i suddetti crediti dai precedenti creditori e diventano il peggiori incubo dei tapinissimi debitori.

SE la bad bank, quindi, fosse qualcosa del genere farebbe uno sporco ma necessario lavoro, un lavoro socialmente ingrato ma economicamente spietatamente necessario. Il problema è che ormai il sistema finanziario sta prendendo il sopravvento, in termini di forza politica su TUTTI gli altri attori della vita nazionale, sociale, economica, mediatica etc etc etc. QUINDI la bad bank che si sta configurando sarà diversa, MOLTO diversa da questo. In buona sostanza se va MOLTO bene, la erigenda bad bank comprerà con un MODESTO sconto prestabilito i suddetti crediti deteriorati, qualcosa che già nell Aprile 2015 il ns ministro al benessere bancario valutava intorno al 50%. Possibilmente meno.

E’ uno sconto modesto, molto modesto.

TROPPO modesto.

Ma TROPPO TROPPO TROPPO.

Gli stessi istituti di credito nazionali prevedono , di quei 200 miliardi, di poter recuperare circa il 40%. Ovvero le garanzie immobiliari, fideiussioni, garanzie di terzi etc etc che normalmente sono la precondizione di un prestito/mutuo etc etc etc. Che la cosa sia ottimista lo dimostra il fatto che, normalmente, i suddetti avvoltoi spuntano prezzi MOLTO più bassi per le carogne di cui si nutrono. intorno al 20%, come riporta questo articolo.

QUINDI il governo per non incorrere nelle ire e nelle accuse CEE di aiuti di Stato al sistema creditizio ( accuse che in una Europa dominata dalla Germania fanno per lo meno sorridere, tra una lacrima e l’altra) deve dimostrare che un prezzo di circa il50-55% è congruo.

Ci riusciranno? ne dubito. Immaginiamoci, per un attimo, di si. Che succederà poi? Succederà quel che deve succedere. Con un costo di circa 100 miliardi di euro Cassa depositi e prestiti, unico istituto importante ancora in mani pubbliche, comprerà il marciume in giro alleggerendo la zavorra degli istituti/banche italiche che dovranno comunque erodere il patrimonio e mettere a bilancio tutti insieme perdite monumentali ( il che spiega il crollo verticale dei titoli bancari di questi giorni). Poi vedrà cosa può sbloccare, cosa può recuperare liquidando i beni a garanzia etc etc. Siccome la Lavandaia, con tutto che alle volte deve lavare panni veramente lerci, è una inguaribile ottimista, facciamo una ipotesi edificante: la bad bank avrà performance uguali a quelli di una banca normale. Improbabile, no? Se è una bad bank non può essere buona e nemmeno passabile, mi pare ovvio.

In QUESTO caso, in cui il brutto anatroccolo diventi un cigno passabile, dovrà mettere in conto perdite per circa il 20% dei suoi crediti, 20 miliardi. E CON QUALI CAPITALI coprirà questi 20 miliardi di buco, visto che nasce dal nulla? Beh, avete dubbi? con il fondo di garanzia PUBBLICO creato ad hoc.

Ecco. A questo punto la lavandaia, capito cosa comporta questo, una suprema ocra lacrime&sangue, smette di lavare, prende la ramazza e comincia a rotearla sulla testa in cerca di qualche testa di legno da riequilibrare.

Noi che invece abbiamo studiato oltre la skuola dell’obbbbligo potremmo consolarci con “vabbe’ se salta il sistema bancario siamo fubar peggio che la Grecia”.

Vero. Salvare il sistema creditizio è necessario, per salvare i correntisti, prima di tutto, perché come vedremo in un prossimo articolo il famoso fondo di garanzia interbancario che DOVREBBE garantire i correntisti sotto i 100.000 euro non garantisce ( quasi) nulla. QUINDI, secondo logica, visto che si tratta di salvare con i soldi pubblici istituti privati con un regalo di circa 60 miliardi ( differenza tra il valore di mercato del marciume ed il prezzo trattato dal governo) i cittadini dovrebbero diventare soci delle banche stesse, per un equivalente sui capitali sociali degli istituti italici, circa 400 miliardi . Ovvero circa 60/400, il 15%.

Avete qualche dubbio che questo non verrà nemmeno lontanamente proposto o discusso? Io no e la lavandaia nemmeno.

Uriel ha chiuso bottega. Lunga vita ad Uriel

peter principle humour

Wolfstep mi ha dilettato per anni ed ora non c’e’ più!

Ringrazio Uriel per la sua esistenza su questo pianeta, in questa epoca. E copio incollo un post di due anni fa.

Lettera ad un figlio
Istruzioni sull’uso del mondo.
Parte 1: istruzioni sull’uso di una gerarchia sociale.
( ndr: dedicato anche ai nostri rappresentanti in parlamento.)

Ciao, figliolo. Si, dico a te. So che mi leggi. Questo e’ un messaggio personale. Potresti prenderlo come un favore: ti spiego per quale ragione non riuscirai mai a fare la carriera che speri, e ti spiego perche’ non sei capace di fare le cose che ti chiedono di fare. Per fortuna non sei il mio capo. Ma ti sento mentre fai il caporale con gli altri. E ti spiego perche’ sei un caporale dentro. Non riuscirai mai ad avere nulla di diverso dai gradi da caporale, sappilo. E adesso ti spiego il perche’.
Le regole principali del comando.
Quando sei il capo di qualcosa, o sei “al comando” di qualcosa, ti viene chiesto di prendere decisioni. Ma il comando non finisce nello sputare ordini a destra ed a sinistra. Ci sono delle regole di base. Vediamo quali.
• Non ti puoi togliere i gradi quando vuoi. Il comando e’ prima di tutto servizio. Sia perche’ (a meno che tu non sia a capo dell’universo) non sei ai vertici dell’organigramma, sia perche’ i tuoi superiori possono gia’ prendere le stesse decisioni che puoi prendere tu, ed oltre. Quindi, la tua capacita’ decisionale non serve a loro, se non in termini di volume. Non di qualita’. In termini di qualita’, puoi essere utile solo a quelli che stanno sotto di te. Quindi, regola numero uno: tu DEVI prendere una decisione OGNI VOLTA che DAL BASSO arriva una richiesta. Non fosse altro che “continuate cosi’”, DEVI dare un ordine OGNI VOLTA che ti chiedono di farlo. Punto. Non puoi decidere se farlo o meno, non puoi decidere quando farlo. Sei al servizio di quelli che stanno SOTTO di te, che ti piaccia o meno.
• Il comando e’ presente e continuo. Questo significa che quando non ci sei, un’altra persona deve sostituirti. E no, non per telefonarti : per fare il tuo stesso lavoro. Il che significa che il tuo secondo non e’ un “secondo”, e’ un vice. Sa tutto quello che puoi sapere tu e puo’ fare le stesse cose. Se non ne e’ capace, ogni volta che ti allontani il comando e’ interrotto in misura della sua inferiore capacita’. E tu hai fallito perche’ la tua catena di comando e’ incompleta. Il secondo puo’ e deve sostituirti. Il che ti espone al rischio che ti faccia le scarpe, certo. Succede. Del resto prima o poi andrai in pensione, e il mondo non finira’ per questo.
• I problemi scalano SOLO verso l’alto. NON, e ripeto NON, e ripeto NON deve e non puo’ succedere che ad una richiesta di direttiva la tua risposta rimandi la decisione a chi ti ha posto il problema. L’unica direzione in cui un problema scala e’ verso l’alto. Dall’alto verso il basso vengono direttive e soluzioni. Domande e problemi vanno solo dal basso verso l’alto. Altrimenti, chi sta sotto di te ma risolve i problemi diventera’ il capo ufficioso e avra’, de facto , il comando. Sino al punto in cui qualcuno non se ne accorgera’, promuovera’ lui e licenziera’ te.
• La gerarchia NON ha come compito principale quello disciplinare. Il che significa che non puoi vivere con il terrore di venire rimproverato dai tuoi capi se i problemi trapelano a loro. Il che significa che non devi nascondere i problemi ai tuoi capi. Il tuo capo che chiama i tuoi tecnici per sapere come vanno le cose anziche’ chiedere a te significa che da un lato lui si sente cieco e pensa di non dominare la situazione per colpa tua, dall’altra significa che non puoi difenderti se gli viene riferito qualcosa di brutto su di te. Sei esposto sia alla sfiducia del superiore che hai accecato negando informazione, sia alla maldicenza dei tuoi sottoposti. E questo solo perche’, come tutti i bambini stupidi, vivi nella paura che la gerarchia abbia come unico scopo quello di punirti, come i bambini che nascondono le malefatte alla mamma.
• La gerarchia NON ha come compito principale quello disciplinare, II. Ovviamente, se diventi inutilmente vessatorio otterrai che quelli sotto di te ti nasconderanno i problemi. Imparerai dei problemi solo quando scaleranno, ti arriveranno telefonate di rimprovero per cose di cui non sei a conoscenza e rimarrai balbettando ad ascoltare cazziatoni. E questo perche’ hai prodotto un inutile timore delle tue reazioni vessatorie: adesso i tuoi tecnici si riuniscono altrove per decidere come gestire i problemi senza che tu lo sappia. Sei cieco . Ti accorgerai degli iceberg solo quando ti arrivano nei denti. Essere inutilmente vessatori non serve ad una cazzarola di niente, se non a rimanere ciechi. Non ti da’ autorevolezza e ti espone a figure di merda catastrofiche.
• Il comando serve solo quando richiesto dal basso, o quando propaga ordini dall’alto. Non hai alcun valore aggiunto personale se non in questi due casi. Quindi, evita di propinare di continuo ai tuoi sottoposti senior la tua visione personale: non devi manovrarli, devi delegare. Altrimenti ti scoprirai stracolmo di lavoro perche’ per seguire tutti dovrai ripetere mentalmente il loro lavoro , e non riuscirai mai a seguire tutti. Inoltre, il tuo gruppo soffrira’ di un terribile paradosso di Abilene, perche’ tutti si affanneranno a fare cio’ che pensano sia tua volonta ergo volonta’ del gruppo. Il tuo compito e’ delegare nel modo giusto alle persone giuste, non manovrarle come se fossero delle ruspe.
• La politica non giustifica le tue scelte del cazzo. So benissimo che non sei all’altezza della situazione, e sai benissimo che la cosa sia evidente. Non puoi rispondere “politica” ogni volta che ti si fa presente che hai preso una posizione del cazzo. O rifiuti di rispondere perche’ l’ordine viene dall’alto, oppure hai la risposta alle critiche. Se rispondi “politica” dai alla gente l’impressione che tu non sappia fare politica abbastanza da evitare gli errori si propaghino sul tuo gruppo. E quindi ti dai dell’incompetente da solo.
• La lingua. Se vuoi essere un capo, devi saper parlare. Lo stravagante idioma paradialettale che parli ti squalifica agli occhi di tutti coloro che hanno svolto con profitto le scuole superiori. Ti fa sembrare ignorante. Il lavoro che svolgi non puo’ essere descritto in dialetto perche’ i dialetti sono destinati a popolazioni arretrate e non scolarizzate, cosa che fa mancare la capacita’ espressiva quando si tenta di descrivere qualcosa di moderno , di complesso o di astratto. Nessun dialetto puo’ darti le categorie del linguaggio che servono ad analizzare il lavoro che fai. Non esiste nulla del genere nella cultura tradizionale che ha creato quel dialetto, capisci? Quindi, impara la lingua del tuo paese.
• La lingua, II: se non parli bene la lingua del tuo stesso paese, non riuscirai mai a parlare una lingua straniera. E’ inutile iscriversi allo Shenker, ed e’ inutile fare altri corsi. Non parlerai MAI una lingua straniera in maniera decente sinche’ non parlerai la tua lingua madre. E il livello di conoscenza delle lingue straniere che potrai raggiungere rispecchia, con esattezza matematica, il livello che hai raggiunto nel conoscere la tua. Non solo non padroneggiando la tua lingua sembri un terrone ai tuoi compatrioti , ma quando sei all’estero sembrerai il corrispondente italiano del “buana negro” che disprezzi tanto perche’ sei fascista.
• Politica. Ah, si’: ci sono paesi nei quali vantarsi di essere “fascista ma moderato” non ti fa fare una bella figura. Evita di parlare di politica sul luogo di lavoro in generale, ma SPECIALMENTE se sei all’estero: una categoria che ti sembra innocua come “cattolico” in alcuni paesi puo’ essere imbarazzante se viene ribadita con troppa veemenza. E’ vero che l’azienda e’ ipso facto una gerarchia e che non sia pertanto una democrazia: ripeterlo qualche volta e’ simpatico, farne un motivo ricorrente puo’ sembrare una filosofia di comando di cui sei molto convinto, ripeterla di continuo ti fa classificare come un idiota frustrato. E non e’ un modo per ottenere rispetto dal tuo team.

Ecco, seguire queste regole non fa di te un capo, ci vogliono un sacco di altre qualita’. Ma ti evita di sembrare un caporale.

La bolla del fracking? E’ il meno.

Derrick in controluce

Mezza pagina.

Solo mezza pagina su le Scienze ( per me è un poco una Novella 3000 scientifica ma mi rilassa).

Un articolo a firma, mi pare, Alex Saragosa e tre numeri, possono dare un Satori non indifferente, in una mattina qualunque.

Si tratta di questo: Secondo stime ragionevoli abbiamo 2800 miliardi di CO2 da emettere, circa 1000 miliardi di tonnellate equivalenti petrolio come riserve complessive di gas, petrolio e carbone, allo stato attuale di conoscenze e tecnologie.

Potrebbero essere di più, ma fermiamoci qui.

Sempre secondo una stima come un’altra ( postdam 2009, ma qui chiedo cifre di conferma ai climatologi) per stare al di SOTTO di due gradi centigradi di aumento di temperatura mondiale dovremmo bruciare AL MASSIMO poco più di 100 miliardi e spiccioli di tonnellate equivalenti petrolio.

Più o meno ( spannometro, vado per ordini di grandezzaed a memoria, soggetto a verifica nda ) circa 15 anni ai ritmi attuali.

Poniamo che una specie di governo mondiale di tipo assolutamente dispotico imponga di cessare di emettere alcunché entro 15 anni da oggi ( qualunque altro scenario difetta di capacità di comando ). Questo significa che 900 miliardi di tonnelate equivalenti petrolio resterebbero sottoterra, non bruciati.

Ora: provate DA SOLI a fare i conti su quanto valgono 900 miliardi di tonnelate equivalenti petrolio e rimarrete abbastanza a bocca aperta.

Se ci basassimo sul petrolio 900 miliardi di tonnellate diventano circa 7000 miliardi di barili. Se poniamo, prezzo medio, 100 dollari al barile sono.. 700.000 MILIARDI di dollari.

!!!!!???

Facciamo pure la tara: buona parte di questi barili equivalenti NON sono barili, giustappunto ma carbone e gas. Dividiamo per tre.

Si tratta sempre di 230 MILA miliardi di dollari.

Il PIL MONDIALE è di circa 75.000 miliardi di dollari, se non vado errato.

Ora: Le aziende investono MIGLIAIA di miliardi di dollari in ricerca, sfruttamento distribuzione etc etc etc.

E come fanno? Dove trovano i capitali?

Con i prestiti.

E COME garantiscono i prestiti?

Ma con il valore delle loro riserve, in PRIMISSIMO luogo.

Poniamo che abbiate un giacimento da un miliardo di barili, accertati.

Capite bene, che, ad un valore lordo e no irragionevole, di 100 miliardi di dollari, NESSUNA banca avrà grossi problemi a erogarvi 10 miliardi di prestito e probabilmente si sentirà a suo agio fino a 20 0 30 miliardi di prestito.

Moltiplicate la cosa per TUTTI i giacimenti noti e probabilmente avete una idea di quanto sia grande come ordine di grandezza, la bolla petrolifera. Poniamo si tratti di solo un 10 % del valore delle riserve conosciute. Si tratta di 2300 MILIARDI di dollari.

Capite bene che questo bubbone è li in attesa di essere inciso ed esplodere, in caso di contingentamento e forte rallentamento della domanda o dei prezzi o tutti e due.

Capite quindi quel è l’ordine di grandezza del problema economico da affrontare quando si parla di ridurre di due terzi nei prossimi decenni il consumo di energia primaria da fonti no rinnovabili e quali investimenti compensativi si dovrebbero mettere in ballo per evitare

Il giorno DOPO la firma di un eventuale STORICO ED IMPORBABILE trattato mondiale che sia davvero cogente e miri a rimanere confinati nei due gradi centigradi ci sarebbe un crollo economico ENORME e subitaneo.

un collasso epico e, soprattutto, violento.

Violento perché i conti necessari per arrivare a simulare cosa succede in caso di scenario firmato e vidimato dai maggiori paesi sono facili e verrebbero fatti rapidamente ed in automatico.

I numeri, come ordine di grandezza ve li ho mostrati io.

Ci sono mille complessità e precisazioni e distinguo ma l’ordine di grandezza è quello.

Il giorno dopo le borse.. KABUM.

Ecco forse, dopotutto usciremo dal petrolio non con un sospiro ma con un botto. Di quelli grossi…

Oppure, PROPRIO perché questo problemino è evidente, Non ne usciremo mai.

Chi ha il potere di decidere non deciderà e finiremo bolliti sperando che i climatologi stiano esagerando.

E poi saremo troppo indaffarati a sbudellarci reciprocamente per stare attenti ai climatologi

 

 

 

Pietro

 

 

 

Come era verde la mia Crisis

Quattro anni e nove mesi fa.

Tratto dal vecchio sito di Crisis What Crisis 1.0

Backlash Economy alla prova: tocca all’Irlanda. Tra un mese il default?

Di

Eravamo stati facili profeti.

Non c’e’ due senza tre.

( non ci sono più le mezze stagioni, tantovalagattalalardochecilascialozampino, unarondinenonfaprimavera, potete aggiungere voi quante frasi fatte volete, per la gioia di Debora)
Dopo l’Islanda, tocca all’Irlanda.
Le voci di una probabile insolvenza di un suo importante istituto bancario PRIVATO stanno portando ad una stima del rischio default dell’Irlanda elevatissima, con l’inevitabile contorno di differenziale stellari dei tassi di interesse dei bonds e debiti/deficit pubblici “skyrocketing” ovvero che schizzano alle stelle come razzi.
Tra un mese ci potrebbe addirittura essere una dichiarazione di insolvenza da parte del loro ministro delle finanze.
A questo punto ci sono pochi dubbi che ci troviamo di nuovo di fronte ad un test della shock economy, ovvero, per farla breve: come procacciarsi del cibo in momenti di carestia? Tritare un paese, spezzandogli le osse a mazzate finanziarie, per succhiarsi il tenero, se pur sanguinolento, midollo.
Quel che succederà, a questo punto siamo bravi tutti a fare previsioni, è già scritto.
1) uno o più prestigiosi istituti finanziari lanciano un grido di allarme che suona come un ultimatum al governo: o ci aiutate o andiamo alla malora trascinando nel gorgo i risparmi privati del paese. Non sto facendo previsioni: è quel che è appena successo.
2) i politici si spaventano per la prematura fine della loro luminosa e democratica carriera e cercano di metterci, disperatamente, una pezza.
3) le dissestate finanze del paese, anche a causa del ben pilotato crollo verticale della fiducia degli investitori internazionali, non sono in grado di garantire fondi sufficienti senza chiedere finanziamenti al neonato fondo di solidarietà europeo e/o al Fondo Monetario internazionale. Sarà quello che constateremo tra un mese o prima.
4) Le due succitate “dame di carità” per garantire il loro aiuto richiedono draconiane misure allo Stato (non all’istituto finanziario che ha provocato il dissesto, notate bene) che in praticano implicano la fine dello stato sociale ( o di quello che ne resta) con il dirottamento dei denari dei contribuenti nel buco senza fondo cosi generato. Il flusso di capitali REALI, cosi ottenuto, fornisce nuova linfa e capacità finanziarie per continuare il giochino ai danni di un altro paese ( possibilmente porcino, ‘che è piu’ saporito). Anche qui sto descrivendo qualcosa che è già successo, solo quest’anno ed in Europa almeno altre due volte, in Grecia ed Islanda ( ci sarebbe anche il caso dell’Ungheria, veramente).
5) il risultato netto: impoverire una popolazione per decenni a venire senza contropartita, dato che i risparmi momentaneamente salvati dalla scomparsa causa default bancario finiscono o per essere spesi per sussidiare i servizi che ora non sono piu’ garantiti dallo stato o per sopravvivere, semplicemente, nella situazione di depressione economica e sociale risultante. Chiedete ad un amico greco per i dettagli o guardate la nostra situazione in Italia per una versione demo di questo approccio.
6) Il tutto crea un insostenibile stress sociale che può finire in due o tre modi:
a)tafferugli e serrate varie, repressione poliziesca tutto sommato blanda e ritorno ad una depressa “normalità”. E’ quello che è successo, per ora, in Grecia e che succederebbe, con ottime probabilità, anche nel nostro paese. Il paese entra in depressione permanente con la prospettiva di una riesplosione del problema in grande stile, una volta esaurite le risorse e dispiegato nella sua interezza l’impatto della situazione.
b) come sopra ma con accenti di vera guerriglia urbana, militarizzazione della società ( coprifuoco etc etc) e seria possibilità di collasso del sistema politico ( aka: rivoluzione)
c) come sopra ma con la classe politica che, di fronte alla propria non puramente politica fine, lucidamente affronta il problema, calcola costi e benefici e decide, con lucidità e freddezza, di lasciare che gli istituti di credito vadano alla malora, cosi salvando l’economia reale, sia pur a prezzo di uno stallo degli investimenti ( non ci sono piu’ capitali e risparmi su cui far leva e dall’esterno ne arriveranno con difficoltà).
Nel processo mutui ed altri oneri finanziari vengono ricartolarizzati ad un costo molto basso e per percentuali frazionarie dell’importo originario.
Gli imprenditori e le famiglie con il mutuo sul groppone possono mantere un minimo di capacità di spesa e contare ancora sull’apparato sociale statale, bello o brutto che sia.
7) Comunque vada la mazzata riporta, dopo decenni di illusioni, i cittadini di fronte alla realtà, ovvero che non si può costruire il futuro senza pensare alla sostenibilità degli investimenti e delle risorse coinvolte. Contemporaneamente si riportano gli investitori e gli economisti “cartacei” a fare i conti con la realtà.
Il tutto si configura, come ormai sapete, come un vero e proprio colpo di coda, backlash, dato dalla società reale di un paese in risposta al sistema economico internazionale che avrebbe grandemente preferito poter cartolizzare sul groppone della gente della Grecia/Islanda/irlanda/…. il collasso delle loro economie cartacee con contorno di fallimentari esercizi di finanza virtuale.
Ci vuole un popolo tosto, abituato a guardare la vita negli occhi e governanti onesti, coraggiosi ed altrettanto tosti.
Vedremo se gli irlandesi sono fatti davvero come ce li immaginiamo nei nostri stereotipi. Grandi, grossi, coraggiosi, onesti e sinceri, fino alla brutalità.
Vada come vada:
Backlash economy. Backlash economy e backlash economy.
Altra strada, per evitare il collasso sociale, con il minimo possibile di distruzione del futuro di una nazione, ormai ne sono persuaso, non c’e’.