svizzera a 2000 watt

La Svizzera a 2000 Watt

di Jacopo Simonetta

Il 4 ottobre scorso il Movimento Decrescita Felice e l’Associazione Italiana Economisti dell’Energia hanno organizzato a Roma, in Campidoglio, un’interessante convegno dal titolo: “ Modelli per la valutazione dell’impatto ambientale e macroeconomico delle strategie energetiche” (qui il link al sito per consultare tutte le relazioni).
In una serie di articoli cercherò di riassumere le presentazioni, tutte molto interessanti sia per le cose che sono state dette, sia per le cose che sono state taciute. Per prima vorrei qui trattare quella che il 4 ottobre è stata esposta per ultima, dal dr. Marco Morosini, perché, pur non avendo un contenuto tecnico rilevante, ha un contenuto politico potenzialmente rivoluzionario.

Di che si tratta?

Società a 2000 Watt” è un’idea elaborata nel 1998 da due politecnici federali: quello di Zurigo (ETH) e quello di Losanna (EPFL). Adottata nel 2002 come linea-guida dal governo federale e diventata legge locale nel 2008 a Zurigo, sempre tramite referendum (78% di si). Nel 2016 è stata approvata dal parlamento federale e nel 2017 resa attuativa con referendum nazionale (58% di si). In sintesi si tratta di porsi un obbiettivo vincolante: entro il 2050, ridurre i consumi pro-capite di energia di circa 2/3 rispetto ad oggi, portando le emissioni di CO2 a una tonnellata a cranio all’anno.

Perché è importante?

“Ridurre i consumi e le emissioni” è un mantra che oramai abbiamo sentito tante volte da dare la nausea, perché questa volta potrebbe essere diverso? Per svariate ragioni che si possono così riassumere:
1 – Non si tratta di una generica indicazione o di una dichiarazione di buoni propositi, bensì di una legge dello stato che stabilisce un obbiettivo preciso entro un tempo dato.
2 – Non si usano concetti vaghi ed elastici come “sostenibilità”, mentre si usano termini precisi: “Società” – significa che coinvolge tutti i cittadini in cambiamenti sostanziali – e “2000 Watt” – una quantità precisa espressa mediante un’unità di misura conosciuta.
3 – Si specifica che gli interventi dovranno svilupparsi secondo un ordine preciso di priorità: Primo ridurre i consumi di energia, secondo aumentare l’efficienza, terzo incrementare il ricorso alle rinnovabili, quarto uscire dal nucleare.

apocalottimismo J. WattIl punto qualificante ed innovativo dell’intera faccenda è proprio che, per la prima volta in un documento governativo, si ha il coraggio di dire chiaro e tondo che gli obbiettivi non saranno centrati senza, per prima cosa, una diffusa adozione di stili di vita nettamente più sobri dell’attuale. Un fatto condensato con lo slogan “Fare meno con meno”, in contrasto con il “Fare di più con meno” di cui solitamente si parla. Insomma, dare finalmente la priorità alla Sufficienza sull’efficienza.
Naturalmente,  ben venga l’efficienza, ma solo in un quadro di riduzione programmata dei consumi finali; altrimenti non si farebbe che reiterare il perverso meccanismo che ha moltiplicato per 20 (circa) i consumi pro-capite dai tempi in cui Mr. Watt progettava le sue caldaie a vapore. E che ha finora vanificato qualunque tentativo di ridurre davvero le emissioni climalteranti.

Cambiare rotta

Finora, i tentativi di pianificare una reale riduzione dei consumi si sono puntualmente arenati su tre secche ideologiche principali:

Secca 1 – “La riduzione della prosperità materiale non necessaria perché l’aumento di efficienza ridurrà il consumo energetico”. Solo in teoria, perché durante tutta la storia dello sviluppo industriale lo smisurato aumento nell’efficienza delle tecnologie ha comportato un aumento e non una diminuzione dei consumi finali. Può sembrare strano, ma è così.

Secca 2 – “La riduzione del consumo energetico non è necessaria se si userà il 100% di energie rinnovabili.” Falso per due ordini di motivi: il primo è che anche le energie rinnovabili hanno impatti ambientali spesso considerevoli, mentre richiedono materiali rari e processi industriali energivori. Il secondo è che ad oggi le energie rinnovabili coprono poco più del 10% del consumo globale (principalmente con l’idroelettrico che è la tecnologia più efficiente, ma anche più impattante). Non è realistico pensare di poter rendere maggioritaria questa percentuale senza ridurre di almeno 2/3 i consumi finali.

Secca 3 –“La riduzione del consumo energetico e della prosperità materiale non sono possibili perché sono inaccettabili per la popolazione e per l’economia”. E’ stato vero finora, ma se gli svizzeri riusciranno a portare avanti il loro progetto, avremo l’esempio di un’intera nazione che accetta una contrazione economica pur di ridurre il proprio impatto sul pianeta!

Se gli svizzeri riusciranno a centrare gli obbiettivi è presto per saperlo, ma questa volta sono partiti col piede giusto e davvero è già tanto.

 

7 commenti su “La Svizzera a 2000 Watt”

  1. Poiche’ l’argomento, come sempre quelli proposti da Simonetta, e’ interessante e ho cercato di capire cio’ che sta dietro l’apparente superficialita’ (2000 watt non vuol dire nulla, non e’ una misura di energia ma di potenza), puntualizzo per i lettori che dalle dispense di morosini linkate (le quali sono MOLTO approssimative devo dire, e non fanno una buona impressione) si evince per induzione che il consumo di 2000 watt cui ci si riferisce va inteso come potenza media applicata pro capite suppongo per l’intero consumo energetico istantaneo sotto qualsiasi forma. Deve essere cosi’, perche’ altrimenti il consumo attuale pro capite svizzero di sola elettricita’ e’ gia’ di 7 kWh al giorno, che farebbero circa 300 watt medi sulle 24 ore, non 2000, e quindi gia’ enormemente sotto il target prefissato.

    Ma ridurre i consumi probabilmente sarebbe del tutto banale senza bisogno di alcun provvedimento: basterebbe semplicemente un minimo cambio di mode e rinunciare alle attivita’ inutili quando non assurde, che non migliorano minimamente il nostro standard di vita, ma consumano moltissimo. Ad esempio, praticamente TUTTI gli spostamenti per diporto e ubbia che richiedono mezzi ad elevato consumo energetico cioe’ diversi dai piedi e dalla bicicletta e che potrebbero essere completamente eliminati, non e’ che visitare fisicamente un luogo a 10.000 km di distanza da’ emozioni di per se’ diverse da visitarne uno dietro casa a 5 km, raggiungibile in bicicletta, e che oggi come oggi ci e’ altrettanto esotico se non piu’ sconosciuto.

    Ma il problema N.1 e’ un altro, ed e’ quello che alla fine stravolge nel suo contrario ogni tentativo ecologico/liberale per quanto in buona fede nel suo contrario consumistico/fascista: le nostre organizzazioni economico statuali sono del tutto impossibilitate a resistere allo shock del precipitare dei gettiti fiscali che seguirebbero ad una contrazione dei consumi, e all’eliminazione di probabilmente piu’ della meta’ degli inutili e parassitari posti di lavoro gia’ in essere oggi per l’adempimento diretto e indiretto di tali oneri.

    E inutile che ci giriamo attorno, socioeconomicamente funziona solo cio’ che incrementa i consumi E I CONSUMATORI, ogni inversione di tendenza e’ impossibile, produrrebbe immediato collasso socioeconomico, perche’ la maggior parte della gente e’ impegnata in attivita’ che sono collegate a tali generi di consumi inutili e altrettanto inutili attivita’ di mediazione e di prelievo (compresi i professori universitari che si occupano di ecologia). In una societa’ semplice a basso consumo dovrebbero andare a casa tutti senza piu’ una ragione per meritare una provvidenza, non servirebbero piu’, e sarebbero i primi ad organizzare una controrivoluzione.

    L’uomo non puo’ umanamente e civilmente vivere senza l’illusione (attuale) di essere utile a qualcosa e a qualcuno. E l’illusione sarebbe la prima a crollare.

    Utopia percio’ non solo impossibile, ma intrinsecamente in autocontraddizione. Non e’ per un destino cinico e baro che le istanze ecologiche immancabilmente si convertono sempre nella loro nemesi: e’ per ragioni intrinseche. Siamo in trappola, nella nostra trappola dorata autocostruita.

    Scusate l’approssimazione del mio discorso, ma penso che sia sufficiente a trasmettere il concetto per chi e’ gia’ incline a comprenderlo. Per gli altri e’ inutile comunque.

    1. Grazie per l’interessante commento. In effetti, i 2000 W sono sostanzialmente uno slogan, la misura di riferimento è 1 tonnellata di CO2 a cranio all’anno. Per me l’aspetto interessante è che per la prima volta si dice chiaro e tondo che l’efficienza è utile solo se subordinata alla sufficienza (fare meno, comprare meno, consumare meno, essere meno, ecc.). Le difficoltà che vedo sono però ancora più formidabili di quelle che citi: a cominciare dal fatto che in un’economia interamente monetarizzata il cui denaro è formato da debito non vedo come si possa gestire una decrescita sostanziale senza traumi notevoli. Tuttavia penso che il problema se lo siano posto (gli svizzeri di denaro se ne intendono molto più di me) e sono perciò molto curioso di vedere cosa succederà.

  2. È un grande passo avanti per un intero stato, e grande il fatto che sia in primo piano nel discorso politico-economico nazionale. Anni luce rispetto a noi.
    Una critica, non banale se si considera il tipo di economia svizzera, ma sarebbe la stessa cosa per l’Italia, è che non si computano i beni importati (economia grigia https://it.m.wikipedia.org/wiki/Energia_grigia ) quindi i valori reali sarebbero comunque sensibilmente più elevati. Avessimo noi questo problema… Chissà se e quando se ne parlerà a livello di programmi politici. Siamo già in campagna elettorale ma si parla solo di nomi e non contenuti. Scusa lo sfogo.

  3. è tutto inutile. qualsiasi miglioramento di efficienza, risparmio energetico, o nuova fonte di energia, viene rapidamente vanificato dall’immediato aumento di popolazione che ne segue. E’ sempre stato così, per millenni, e non cambierà. Perfino la Cina ha rinunciato a controllare la crescita demografica. Lo stesso discorso vale per il miglioramento delle tecniche agricole, l’aumento di suolo coltivabile, eccetera. Solo la fame e le carestie mettono freno alla crescita demografica. Oltre 100 anni di pacchia assicurata dall’incredibile potenza e facilità d’uso del petrolio ci hanno fatto credere che non ci fossero limiti alla crescita, ma non è così. Tutto ciò che non consumiamo noi lo consumerà qualcun altro.

    1. Proprio per i motivi che dici il progetto è interessante. E’ infatti la prima volta che si pone al primo punto la riduzione dei consumi, finora si è sempre baloccato con l’aumento dell’efficienza che, sappiamo, da sola provoca un aumento e non una riduzione dei consumi e, a seguire, della popolazione.
      Un’osservazione a proposito della Cina: la natalità è in diminuzione, malgrado abbiano raddoppiato il numero dei figli ammessi.

    2. Ma in fondo, vivere con meno energia senza morire di fame e conservando un discreto benessere, cos’altro è se non aumentare l’efficienza nell’uso di (meno) energia? Non cambia niente se non si impongono limiti alla crescita della popolazione. Anche perchè vedo molto difficile convincere tutto il mondo a seguire questa strada. In ogni caso le risorse non rinnovabili a livello mondiale diminuiranno sempre, non si scappa, e nessuno (io per primo) accetterà di autoridursi il benessere sapendo che altri si accaparreranno le risorse risparmiate. E poi che si fa, si stabilisce la quota di energia procapite in base ad esempio al clima della zona in cui si abita? Dal freddo, dal caldo? Ci sarà sempre qualcuno a dire che non è giusto e che dipende da altri fattori. Per non parlare del censo… chi è più ricco deve adattarsi alla stessa quantità di energia di chi è povero? questo si chiama comunismo se non sbaglio, se si arriva a questo allora forse si potrà anche limitare la crescita della popolazione, ma la vedo molto difficile. Non è più un problema tecnico (quanti watt) ma politico, sociale e chissà che altro. Se una popolazione ignora il problema e consuma tutte le risorse del proprio territorio, vorrà emigrare dai vicini, che magari nel frattempo sono stati parsimoniosi e si sono autoridotti i consumi. Che si fa, li si respinge? Alziamo muri? Per certi versi lo troverei anche giusto, ma sappiamo che non è possibile.

    3. Giusto, infatti a mio avviso è un esperimento interessante soprattutto sul piano politico, quali ne saranno i risultati non lo possiamo prevedere. Soprattutto sarà interessante vedere cosa succederà quando in molti si renderanno conto del fatto che ridurre sul serio i propri consumi vuol dire ridurre anche il proprio standard di vita. Sul piano individuale la decrescita può funzionare ed essere anche ragionevolmente felice (se non si esagera). Ne ho fatto personalmente l’esperimento e non dico che sia uno sballo, ma ci sto bene. A livello collettivo non è mai stato fatto e perciò, pur condividendo quello che dici, trovo che sia molto utile che qualcuno cominci a provarci.

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